A Livorno detenuti attori in scena alle Sughere con “Lasciateci in pace”
Lo spettacolo per la regia di Maria Teresa Delogu è liberamente ispirato a Le supplici di Euripide: prenotazioni entro il 2 ottobre
LIVORNO. “Lasciateci in pace”. E’ il titolo dello spettacolo per la regia di Maria Teresa Delogu che andrà in scena giovedì 17 ottobre alle 18 alla casa circondariale delle Sughere di Livorno (ingresso pubblico alle 17). Per assistere allo spettacolo prenotazione obbligatoria inviando i dati anagrafici a pubblicogaleotto@gmail.com entro il 2 ottobre.
In scena gli attori detenuti della sezione alta sicurezza delle Sughere insieme ad attrici e attori del corso di teatro del Teatro del Popolo di Castelfiorentino (FI)
«Il mondo ribolle, la voce della guerra vicino a noi si fa sentire più pressante di quanto questo nostro occidente sia mai stato abituato a fare. Finora noi, qui, in questo centro di mondo avanzato, avevamo la memoria della guerra. Quella raccontata sui libri e dai nonni – la regista, affiancata da Lavinia Meo spiega lo spettacolo liberamente ispirato a Le supplici di Euripide -
Sapevamo di tante guerre più “piccole” sparse nel mondo, ma in fondo non sentivamo potessero riguardarci molto. Poi è arrivato il nuovo millennio ed ecco avvicinarsi gli echi di guerra sempre più udibili, fino a sentirli oggi come chiare voci, appena al di là dei nostri confini». Le supplici di Euripide è una tragedia del mondo antico poco rappresentata nei teatri contemporanei. Ma si sa, la voce dei poeti e dei tragici greci continua a porre domande alla nostra coscienza di cittadini e di esseri umani, allora come ora».
Si srotola la sinossi: «Tutti i greci antichi conoscevano il ciclo tebano: un insieme di miti legati alla città di Tebe. Al centro della storia vi è la faida tra i fratelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo, che si contendono il trono di Tebe dopo la caduta del padre. Il conflitto culmina nella guerra in cui Polinice, esiliato ad Argo, torna alla guida di un esercito di argivi per rivendicare il potere. Tuttavia, la battaglia fratricida si conclude con la morte di entrambi i fratelli, portando rovina sulla città. A Polinice e al suo esercito viene negata l’umana sepoltura, come estrema violenza e umiliazione del nemico. Le Supplici si trasforma in un dramma sociale che riflette sulle guerre, le ingiustizie e il potere. Le madri si uniscono nella sofferenza: si recano nella potente Atene, città simbolo di una democrazia minata dal conflitto politico, e protestano nel luogo più importante della città per chiedere che i corpi dei loro figli, uccisi in una guerra che forse non tutti hanno scelto, vengano restituiti per una degna sepoltura».
E ancora sullo spettacolo: «Tutto il racconto diventa una riflessione sulla follia della guerra e sul dolore che essa infligge a tutti, vincitori e vinti. Il conflitto fratricida è il simbolo della distruzione insensata che nasce dall’odio e dall’ambizione, portando alla perdita di ciò che si cerca di difendere».