Il Tirreno

Livorno

Il reportage

«Barchini affondati e spazzatura»: il viaggio nel degrado dei fossi di Livorno

di Martina Trivigno
Nel fotoservizio di Franco Silvi, in alto a sinistra un barchino affondato e non ancora rimosso e al centro il passaggio sotto piazza della Repubblica
Nel fotoservizio di Franco Silvi, in alto a sinistra un barchino affondato e non ancora rimosso e al centro il passaggio sotto piazza della Repubblica

Troppo trafficati e un po’ trascurati anche se conservano ancora l’antico fascino. E adesso c’è la richiesta di una commissione per risolvere i problemi dei canali

11 agosto 2024
4 MINUTI DI LETTURA





La prua della barca taglia in due l’acqua scura dei fossi che, in cambio, restituisce delle piccole onde. In origine – era il 1577 – quei canali nacquero per isolare (e dunque proteggere) la città e le sue fortezze. Oggi i fossi (un tempo grandi fossati militari) sono una strada d’acqua troppo trafficata e un po’trascurata che conserva ancora, però, l’antico fascino che all’epoca contribuì a far diventare Livorno “la chiave dello stato” della famiglia de’Medici. Mentre li attraversiamo su un’imbarcazione pilotata da Roberto Nivischi, soffia una brezza leggera ma il sole è già alto. Partiamo dal quartier generale del circolo nautico “Porto di Livorno” guidato dal presidente Dino Voliani.

A bordo, con Il Tirreno, ci sono il vicepresidente dell’associazione sportiva dilettantistica Fabio Lecchini e il segretario Luca Balducci. Per loro i fossi non hanno segreti, ne conoscono pregi e difetti. E per riuscire a monitorarne al meglio la gestione – spiegano – serve una commissione paritetica tra Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale, Comune e Consorzio nautico di Livorno.

«Non si può più aspettare perché questa è come se fosse una strada, anche se d’acqua – precisano – e servono delle regole. Di recente è stato autorizzato a navigare lungo i fossi un battello largo circa quattro metri e mezzo e, quando lo si incontra, è difficile scambiarsi: per via delle imbarcazioni ormeggiate da tutti e due i lati dei fossi, infatti, lo spazio per la navigazione si restringe in modo notevole. E se dal senso opposto arriva una barca così larga è davvero molto difficile passare e si rischiano anche degli incidenti. Anche per questo pensiamo che una commissione serva a regolamentare tutti gli aspetti più problematici».

Uno dei più visibili (salta all’occhio facilmente) è il degrado, dentro e fuori dall’acqua. Un tempo – racconta chi oggi ha i capelli bianchi – i fossi erano attraversati da acqua pulitissima. Oggi non è più così (a eccezione di una piccola parentesi durante il lockdown, nel 2020) e così il popolo delle barchette racconta che i canali richiederebbero una pulizia dei fondali e una manutenzione costante visto che la quantità e sopratutto la qualità dei fanghi (e non solo) sui fondali compromette le acque sovrastanti e, di conseguenza, concorre allo stato igienico-sanitario di tutto il sistema. «Non contiamo in un dragaggio perché, da sempre, ci dicono essere troppo costoso, ma più attenzione sì, visto che i canali da sempre attraggono turisti e crocieristi», sottolineano Lecchini e Balducci.

La navigazione continua ed eccoci in prossimità della sede dell’Authority. Svetta, con la sua eleganza, Palazzo Rosciano, peccato che lì sotto un barchino giaccia abbandonato, semicoperto di acqua e fanghiglia. Non è il solo. Poco più avanti, non molto distante da quella che i livornesi chiamano “la laguna”, c’è un piccolo pontile in metallo. «Ecco, vedete, quelli sono perlopiù barchini abbandonati – sottolineano – . Doveva servire per ormeggiare delle imbarcazioni, invece guardate che fine ha fatto. E ancora nessuno li ha rimossi. Anche su questo fronte servirebbero più controlli». Dentro e fuori dall’acqua, dicevamo. Sì, perché mentre la barca pilotata da Navischi avanza, sono gli scalandroni a mostrare la faccia peggiore dei fossi: bottiglie di carta, sacchetti pieni di spazzatura e cartoni a terra, abbandonati da qualche incivile.

«È così più o meno ovunque – sottolinea Balducci – . Anche noi, davanti al nostro circolo nautico, ogni mattina puliamo lo sporco lasciato da altri. A chi sostiene che le imbarcazioni andrebbero rimosse dai fossi vogliamo ricordare la funzione soprattutto sociale che svolgono le associazioni sportive dilettantistiche, impegnate in prima linea per contrastare il degrado e per mantenere intatto un patrimonio dal valore inestimabile». Per rendersene conto di questo valore basta passare sotto piazza della Repubblica che con i suoi 220 metri di larghezza è la piazza-ponte più larga d’Europa per poi trovarci all’ombra del mercato. Ed eccola la Chiesa degli Olandesi, con il muro sottostante che da quasi 34 anni aspetta di tornare all’antico splendore, sostituito da una colata di cemento. «Però anche gli altri muri sono in condizioni pessime con la vegetazione che cresce senza controllo», sottolineano Lecchini e Balducci prima di entrare nel fosso Reale, un anello di mare che suggella da secoli il matrimonio fra il Granducato di Toscana e il mar Mediterraneo. Il porto è lì, davanti a noi: il silos granario e, più in là, la Darsena Toscana e la Torre del Marzocco, attribuita al Brunelleschi. È tempo di rientrare, davanti la Fortezza Vecchia in tutta la sua maestosità. «Per fortuna quel semaforo oggi è verde», dicono Lecchini e Balducci. La domenica, spiegano, può capitare a chi rientra dalla Meloria in barca di trovarlo rosso e allora è “in trappola”. «Quando è rosso significa che è aperta la passerella per consentire l’accesso pedonale alla Fortezza Vecchia – concludono – ma per le imbarcazioni significa restare per mezz’ora qui, fermi, senza la possibilità di rientrare. Ecco un altro aspetto su cui intervenire».


 

Primo piano
La testimonianza

Viareggio: chi è Said, il “parcheggiatore” ucciso dalla donna che aveva rapinato

di Claudio Vecoli
Sportello legale