Il Tirreno

Livorno

Il caso

Denny Magina, due anni dopo la morte a processo il “pugile” e l’amico

di Claudia Guarino
Denny Magina
Denny Magina

Prima udienza il 18 novembre. La famiglia sarà parte civile

26 luglio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. Tra un mese saranno passati due anni esatti dal quel 22 agosto del 2022. Dalla notte in cui Denny Magina fu trovato agonizzante sul selciato del condominio di via Giordano Bruno, civico 8, dopo essere precipitato dalla finestra del quarto piano. E due anni e tre mesi dopo – la prima udienza ci sarà il 18 novembre – comincerà il processo che vede imputati il 34enne tunisino Hamed Hamza e il connazionale 31enne Amine Ben Nossra. Entrambi accusati, in concorso, di omicidio preterintenzionale per la morte del 29enne livornese. Questo perché il giudice Antonio del Forno ha ritenuto che ci fossero elementi sufficienti per accettare la richiesta del sostituto procuratore Giuseppe Rizzo – titolare dell’inchiesta – e, dunque, per disporre il rinvio a giudizio di entrambi. Niente riti alternativi, ma dibattimento in Corte d’Assise. Entrambi gli accusati, peraltro, sono già imputati in un altro processo per fatti anche quelli riconducibili alla notte in cui morì Denny Magina.

Il processo per spaccio

I due, nello specifico, erano stati arrestati nel novembre del 2022 dai carabinieri in esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’accusa, anche in questo caso, è la stessa per entrambi: spaccio di droga (prevalentemente cocaina) con scambi che sarebbero avvenuti nell’appartamento al civico 8 di via Giordano Bruno anche nella notte tra il 21 e il 22 agosto 2022. Ma nel marzo scorso il giudice ha ritenuto fossero venute meno le esigenze cautelari e ha disposto – per entrambi – l’obbligo di dimora (a Livorno per Hamza e a Udine per Ben Nossra) e l’obbligo di firma. Il processo a loro carico per spaccio di droga, comunque, va avanti e la prossima udienza è in calendario per la fine dell’estate, quando saranno ascoltati i primi testimoni dell’accusa. Per quanto riguarda l’altro filone di indagini portato avanti dai carabinieri e dalla procura, ricordiamo che Hamed Hamza (quando era ancora in carcere per spaccio) è stato arrestato anche per omicidio, salvo poi essere rimesso in libertà poco dopo in quanto la custodia è stata dichiarata inefficace dal giudice per decorrenza dei termini.

Il rinvio a giudizio

Ed è da uomo libero (seppur condizionato dal dover andare tutti i giorni in caserma a firmare e dal non potersi allontanare da Livorno) che a novembre Hamza affronterà – difeso dall’avvocata Barbara Luceri – la prima udienza del processo per omicidio, in cui è imputato insieme al connazionale, che è difeso dall’avvocata Alessandra Natale. «Secondo noi l’impianto probatorio indiziario è piuttosto completo, per cui non c’erano gli spazi per un proscioglimento immediato», ha detto ieri, dopo l’udienza preliminare che si è svolta in camera di consiglio, l’avvocato Andrea Ghezzani, legale della famiglia Magina. Alle indagini sul campo svolte dai carabinieri col coordinamento della procura, lo ricordiamo, si sono affiancate le varie perizie tecniche: l’autopsia, prima di tutto, ma anche le consulenze degli esperti su ferite e dna. Nella ferita trovata sotto il labbro di Denny, per esempio, sono state riscontrate tracce di metallo considerato compatibile con quello dell’anello che indossava Hamed Hamza. E ciò ha fatto propendere la procura per l’ipotesi di pugno come causa (non voluta) del volo di Denny dalla finestra del quarto piano. Circostanza, questa, negata dal diretto interessato, che si è sempre detto innocente sostenendo di non aver colpito Denny Magina in quell’appartamento.

Le parti civili

Estraneo all’udienza preliminare di ieri (e dunque al rinvio a giudizio disposto dal giudice) è Niko Casoli, la quarta persona presente nella casa di via Giordano Bruno la notte della tragedia. Era lì insieme a Denny, al pugile (così è chiamato Hamza) e a Ben Nossra. Per Casoli, infatti, il sostituto procuratore aveva chiesto l’archiviazione in quanto non ci sarebbero state prove sufficienti per sostenerne un processo. Processo che, invece, ci sarà per gli altri due. «Deciderà la Corte d’Assise – ha detto l’avvocato Ghezzani –. Noi, per quanto ci concerne, ci siamo costituiti parte civile sia per i genitori di Denny Magina sia per la sorella di Denny sia per i nonni materni. Sono tutte persone che hanno sofferto in un modo indicibile e abbiamo fatto quello che potevamo fare, per quel poco che può servire».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Primo piano
Meteo

Maltempo in Toscana, il Lamma: «Perché questa ondata è diversa dall’ultima e le fasce orarie più a rischio di domenica»

di Tommaso Silvi