Maltempo
Dopo 30 anni Dioguardi lascia le Dogane di Livorno: «Insegnerò la non violenza ai bimbi di Corea»
Il racconto della carriera: «Nel 1985 mi trasferirono a Livorno e mi innamorai. Aspetto ancora la nomina a dirigente»
LIVORNO. E pensare che quando in famiglia gli suggerirono (appena brillantemente diplomato), di partecipare al concorso per funzionario doganale Pasquale Dioguardi ebbe qualche perplessità: «L‘idea di una funzione semipoliziesca – racconta – non mi affascinava più di tanto, associando allora io, alla dogana, la seriosa immagine di un burocratico controllore. Da giovane mi sentivo effettivamente portato per altro».
Figuriamoci poi, convintosi quel concorso a farlo, per poi vincerlo, l’umore del protagonista della nostra storia, oggi 63enne, abituato alla natia e solatia costiera salernitana, quando seppe che la sede a lui assegnata era quella di Vercelli. La mente andò subito al suo gozzo con la prua “svasata”, adattissimo per ospitare le turiste americane che d’estate popolavano la zona e al fatto che difficilmente si sarebbe potuto adattare alla risaie piemontesi. Ma i tre anni necessari per chiedere il trasferimento, pur lentamente, passano «e come nuova sede non chiesi né Salerno né Napoli ma Livorno, un po’ perché qui lavorava alle stesse Dogane mio zio Antonio Dioguardi, un po’ perché questa città mi ricorda un po’ Salerno: è un città di mare, è una città “libera”».
E fu così che nel 1985 («Al Parterre c’era sempre Gigi Balla», ricorda) si “naturalizzò” livornese, trovando poi moglie in città con un lieto seguito di figli e nipoti.
Doganiere sui generis nella carriera più che appassionarsi ai varchi e ai controlli, con l’aiuto di altri colleghi delle amministrazioni che orbitano sul porto, lavorò per la semplificazione delle pratiche e sviluppò per primo un sistema informatico ad hoc per l’amministrazione che ben si intersecava con quello delle altre (Autorità Portuale, spedizionieri vari, etc.) guadagnando il plauso dell’amministrazione centrale che adottò ed estese a livello nazionale il lavoro di Dioguardi. «I riconoscimenti non sono mancati: per alcuni anni ho lavorato a Bologna, dal 2010 al 2015, con la funzione di dirigente per poi tornare a Livorno, successivamente ho ricoperto il ruolo di direttore degli uffici doganali dell’aeroporto di Pisa e poi della direzione delle Agenzie delle Dogane di quella città (che ha competenza pure su Lucca, Viareggio e Carrara)».
Una vita dedita solo al lavoro ma non solo: nel tempo libero Dioguardi studia e si laurea con 110 e lode sia in Scienze della Cooperazione Internazionale sia in Scienza della Mediazione e dei Conflitti. «Ma a Livorno ho trovato pure altro. Dal 1985 ho scoperto la religione buddista e precisamente quella che fa riferimento a Soka Gakkai. Scoperta che ha costituito un tassello importante della mia vita». Dopo la pensione? «Gite in barca e in canoa, lo studio della storia e darò ripetizioni a bambini presso il Movimento non Violento ospitato al Villaggio di Corea e alla Comunità Senegalese in Piazza della Repubblica». Qualche rimpianto? «Uno: aver vinto un concorso di dirigente e non esser mai stato chiamato in servizio... un giorno mi piacerebbe sapere il perché. Intanto vado in barca».