Il Tirreno

Livorno

L’inchiesta

Livorno, sequestro nella villa dell’imprenditore Palumbo: «Una dépendance nel seminterrato»

di Stefano Taglione
Livorno, sequestro nella villa dell’imprenditore Palumbo: «Una dépendance nel seminterrato»

L’abitazione nella zona esclusiva di Montenero è intestata a una società di cui il cinquantenne è legale rappresentante. I reati contestati dalla procura sono due: abusi edilizi e abbandono di rifiuti

21 giugno 2024
3 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. Avrebbe «trasformato e cambiato l’uso di una parte consistente del seminterrato» della sua villa, «che risulta privo dei requisiti di abitabilità (altezza e rapporti di aerazione e illuminazione) in due distinte unità abitative in difformità con le disposizioni del regolamento edilizio». Ma non solo. Secondo l’accusa, «in concorso con gli ignoti esecutori dei lavori, ha effettuato all’interno del bene immobiliare di proprietà un’attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti edilizi di vario genere, in assenza di autorizzazione, spianando le macerie derivanti da attività di demolizione edilizia composte da sanitari, mattoni, mattonelle, ferri e tubi in gres e costituendo un piano rialzato di almeno un metro».

La polizia municipale, su ordine del tribunale, ha sequestrato parte della splendida villa di via del Poggio, a Montenero, dell’imprenditore cinquantenne Filippo Palumbo, vicepresidente della Iss Palumbo – leader nel campo delle spedizioni internazionali con specializzazione nel settore oil & gas e nella logistica integrata – e amministratore della “8 Investment”, la società proprietaria dell’immobile di grande pregio e committente dei lavori.

È proprio in qualità di legale rappresentante di quest’ultima azienda (la Iss è invece totalmente estranea alla vicenda ndr) che Palumbo risulta indagato per abusi edilizi e abbandono di rifiuti.

La porzione di casa con i sigilli è quella dove ci sono gli alloggi della servitù. Gli stessi domestici, fra l’altro, in passato sono stati ascoltati dagli inquirenti. «Dall’analisi della documentazione ufficiale – scrive il tribunale – il seminterrato della villa era costituito da due parti non comunicanti, la prima destinata a cantina e la seconda al servizio della piscina. Al momento dell’ispezione i locali erano risultati comunicanti mediante un’apertura ricavata all’esterno di un armadio, con una parte del fondo apribile. La polizia giudiziaria aveva, inoltre, rilevato che il locale – destinato secondo i titoli edilizi a rimessaggio-giardino – risultava essere una dépendance della villa, arredata con tavolo, sedie, divani, termosifoni e quadri mobili per la televisione». Dalle testimonianze della servitù, inoltre, «è emerso che la stessa viveva proprio nei locali del seminterrato e che le opere risalgono al periodo compreso fra il giugno del 2022 e il febbraio del 2023».

I tecnici comunali, nella loro relazione tecnica, hanno verificato «un aumento delle superfici utili del fabbricato con un aggravamento del carico urbanistico dell’immobile, dovuto all’aumento delle persone destinate a viverci, con gli spazi ricavati dalla trasformazione e destinati ad abitazione che non rispettano l’altezza minima dei locali (2 metri e 70 centimetri), né le superfici minimi di illuminazione e aerazione». «Anche il vano destinato a giardino, ma risultato essere trasformato in locale destinato a soggiorno di persone – scrive il giudice per le indagini preliminari Mario Profeta, nel provvedimento in cui dispone il sequestro preventivo chiesto dalla pubblico ministero Sabrina Carmazzi, la titolare dell’indagine – non era risultato compatibile con le normative urbanistiche, con conseguente aumento del carico urbanistico e il mancato rispetto dell’altezza minima dei vani».

In sintesi, secondo il giudice, Palumbo «ha posto gli organi comunali di fronte al fatto compiuto: ha trasformato il seminterrato in luogo abitabile e abitato, in violazione delle regole che lo consentono e con risultati non compatibili con le regole che consentono il rilascio dell’abitabilità. Anche un luogo in cui vivono delle persone deve disporre di condizioni di ricambio d’aria e fruizione di luce e di altezza compatibili con le valutazioni generali che rendono un’area generalmente abitabile. E, d’altra parte, se l’avvenuta costruzione di un manufatto realizzato abusivamente ne impedisse il sequestro una volta ultimata l’opera, il mutamento della destinazione d’uso realizzato troverebbe la sua legittimazione in una condotta illecita non tempestivamente accertata, con l’alterazione del carico e dell’equilibrio urbanistico». L’imprenditore Filippo Palumbo, raggiunto al telefono al Tirreno, non commenta la vicenda: «Non ho niente da dichiarare», le sue uniche parole. Come prevede il codice l’indagine è solo all’inizio e l’imprenditore avrà la possibilità nelle sedi opportune di dimostrare la propria innocenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Primo piano
Il caso

Versilia, lo stabilimento balneare della Bussola riapre: «Siamo pronti»

di Luca Basile