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Grido di allarme per il carcere di Livorno: «Manca il direttore e spazi impossibili»

Alessandro Lazzerini
Il garante dei detenuti, Marco Solimano (foto Daniele Stefanini/Silvi)
Il garante dei detenuti, Marco Solimano (foto Daniele Stefanini/Silvi)

Livorno: intanto è atteso un aumento dei detenuti. Il garante Solimano: «Lo spazio di vita si mescola con lo spazio di servizi e ci sono celle in cui, essendoci tre detenuti, non c’è realmente lo spazio per muoversi»

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LIVORNO. «Un carcere senza un direttore è come un città senza sindaco». Inizia così l’avvocata Aurora Matteucci, presidente della Camera Penale di Livorno, il focus sulle tante criticità relative alla Casa circondariale delle Sughere, il carcere di Livorno. «Vogliamo denunciare un fatto davvero grave», prosegue Matteucci: «Il direttore è una figura cardine all’interno di un carcere, rappresenta il fulcro nel percorso di un detenuto e anche nella conduzione ordinaria dell’istituto e a Livorno manca da un anno. L’assenza prolungata di questa figura ha contribuito a determinare una situazione disastrosa all’interno del penitenziario, nonostante l’ottimo lavoro della direttrice pro tempore, la dottoressa Maria Grazia Giampiccolo, che però deve gestire tanti altri istituti sul territorio».

Uno dei problemi più grandi secondo Marco Solimano, garante per i diritti delle persone private della libertà personale, sono le condizioni in cui vivono i detenuti. «Lo spazio di vita si mescola con lo spazio di servizi e ci sono celle in cui, essendoci tre detenuti, non c’è realmente lo spazio per muoversi. Tanti locali vivono in uno stato di fatiscenza assoluta, il sovraffollamento è evidente e in tanti casi non ci sono i criteri minimi di vivibilità e decenza».

Un concetto, quest’ultimo, sottolineato con forza anche dall’avvocata Guia Tani, referente carceri per la Camera Penale di Livorno. «La situazione è di assoluto degrado e Le Sughere sono state anche oggetto di critiche da parte della magistratura per l’assenza dei parametri minimi che devono esserci in carcere. La mancata nomina di un direttore, in un istituto così complesso, è un’ulteriore aggravante e pericolo che non consente la piena attuazione della finalità rieducativa della pena a cui si ispira la nostra Costituzione».

L’obiettivo di un carcere dovrebbe essere quello di sviluppare percorsi ad hoc per il reinserimento futuro dei detenuti nella società, ma in queste condizioni questo processo si complica di molto. «Mancano gli spazi che consentono di portare avanti le attività finalizzate a una nuova inclusione sociale – riprende Solimano –. Cerchiamo di dare un senso al tempo troppo spesso vuoto moltiplicando le attività, ma tra la mancanza di spazi e quella di personale la situazione sta degenerando ogni giorno di più. La sensazione è che questo carcere sia abbandonato a sé stesso».

La mancanza di personale è un altro aspetto che non può passare inosservato. «Mancano almeno quaranta persone – denuncia ancora Solimano - il settore più in difficoltà è quello amministrativo e questo porta al dilatamento dei tempi per qualsiasi cosa. Un detenuto che lavora in Gorgona per vedersi accreditato un vaglia deve attendere un mese e mezzo mentre si tratta di una cosa che richiede pochissimo tempo. Entro fine anno dovremmo riavere i due padiglioni che furono chiusi nel dicembre del 2011 per problemi strutturali e i detenuti dovrebbero passare dai 280 attuali a 600-700. Il carcere di Livorno potrebbe diventare di primo livello, con un impatto notevole anche sulla città. Per questo motivo serve la figura centrale del direttore per avere una chiara visione dello scenario futuro».

La complessità del carcere di Livorno è uno dei temi centrali della discussione. «Si parla di un carcere con detenuti di media e alta sicurezza – sottolinea Matteucci -. I primi sono persone in custodia cautelare mentre nella seconda ci sono persone con pene molto lunghe. In questo caso l’assenza di un direttore si sente in particolar modo dato che è impossibile prevedere colloqui individuali in modo da salvaguardare la salute mentale di queste persone».

Sulla stessa lunghezza d’onda Solimano. «La socialità all’interno del carcere è cambiata ed è intricata. Ci sono tanti stranieri, disperati, persone che hanno fatto abuso di sostanze, un mix non semplice da gestire in queste condizioni».

Presente all’incontro anche l’assessore al sociale Andrea Raspanti. «Il carcere è un pezzo di città, un presidio che sostiene la sicurezza e deve essere nell’interesse della comunità il reinserimento dei detenuti all’interno della società. La situazione in questo momento è insostenibile in un istituto destinato ad essere sempre più importante. È impossibile però investire sul nuovo senza ristrutturare o pensare alle manutenzione del vecchio. Si tratta di una situazione che riguarda tanti altri carceri in Italia ed è ora che lo Stato se ne faccia carico». l


 

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