Lucarelli e Apolloni condannati a tre anni e sette mesi per violenza sessuale
La decisione del tribunale di Milano: gli altri tre amici ritenuti colpevoli con pene fra i due anni e cinque mesi e i due anni e otto mesi. Lo sfogo del figlio dell’ex bomber amaranto: «Eravamo speranzosi di poter chiudere questa storia subito nonostante le difficoltà»
MILANO. Tre anni e sette mesi di reclusione, un mese in più rispetto alle richieste del pubblico ministero. Il tribunale di Milano, nel primo pomeriggio di mercoledì 12 giugno, ha condannato gli ex calciatori ventiquattrenni del Livorno Mattia Lucarelli e Federico Apolloni – il primo terzino della Pro Livorno Sorgenti e il secondo centrocampista nel Real Forte Querceta, in Versilia, squadre che militano in Serie D – per la presunta violenza sessuale di gruppo avvenuta nel capoluogo lombardo, nell’appartamento all’epoca in uso al figlio dell’ex bomber amaranto Cristiano, in piazzale Libia (quartiere di Porta Romana) nei confronti di una studentessa americana. Con loro sono stati ritenuti responsabili gli amici ventiquattrenni Gabriele Meini (due anni e otto mesi la pena) e Matteo Baldi, oltre al ventitreenne Giacomo Bernardeschi: per gli ultimi due la sentenza è di due anni e cinque mesi. La vittima, che si è costituita parte civile ed è assistita dalle legale Gaia Inverardi, è un’universitaria statunitense che oggi ha 23 anni, che il gruppo di giovani livornesi aveva conosciuto fuori dalla discoteca “Gattopardo”, in via Piero della Francesca. Per lei, il giudice per le indagini preliminari Roberto Crepaldi, ha disposto un risarcimento (solo provvisorio) di 50.000 euro e il pagamento delle spese processuali da parte degli imputati, che comunque faranno ricorso alla corte d’appello lombarda.
La ricostruzione
I cinque amici erano tutti imputati per violenza sessuale di gruppo, accusati del presunto stupro della ragazza conosciuta nella notte fra il 26 e il 27 marzo del 2022 fuori dal locale meneghino, dove loro erano insieme e lei aveva trascorso una serata in compagnia di un’amica, poi persa di vista. La comitiva labronica l’ha accompagnata in auto nell’appartamento nella disponibilità di Lucarelli, alle porte del centro, lo stesso dove sarebbe avvenuta la violenza sessuale denunciata dalla donna alla polizia di Stato qualche giorno dopo. Agli atti dell’inchiesta numerosi video, una buona parte estrapolati dai cellulari degli imputati e altri messi a disposizione dai ragazzi. La sentenza è avvenuta in camera di consiglio, con il rito abbreviato, come chiesto dagli avvocati dei giovani: un iter alternativo al processo tradizionale che prevede in cambio di un procedimento penale più veloce lo sconto automatico di un terzo della pena. Il quantum, pur essendo sotto i quattro anni, non per forza scongiura il rischio carcere: il reato è infatti di tipo ostativo, senza la sospensione della pena al di sotto di questa soglia, ma essendo la condanna solo di primo grado, al momento questa è un’eventualità non contemplata. Dopo il deposito delle motivazioni, infatti, non passerà in giudicato: ci sarà quantomeno il ricorso in appello e, a seconda dell’esito, è probabile che si possa arrivare fino in Cassazione, quindi passerà tempo prima che la pronuncia diventi definitiva.
Cambio di imputazione
Nel dispositivo del tribunale si parla di «induzione e non di costrizione al rapporto sessuale», spiega l’avvocato Leonardo Cammarata, che difende Lucarelli e Apolloni, il quale ha sempre puntato sull’innocenza dei suoi assistiti, sostenendo che la studentessa fosse consenziente al rapporto. Una tesi forte anche di una consulenza specialistica secondo la quale, la donna, sarebbe stata sobria al momento dei fatti contestati. Di parere opposto, invece, la procuratrice aggiunta Maria Letizia Mannella e la pm Alessia Rosanna Menegazzo, i cui consulenti sostengono come invece fosse ubriaca. Con il giudice, evidentemente, che ha creduto a questa seconda ipotesi. «Questa sentenza voglio capirla meglio – prosegue il legale milanese – perché è cambiato il capo di imputazione, sempre violenza sessuale di gruppo, ma da ciò che si evince dal dispositivo del tribunale vi è un’induzione e non una costrizione. Il consenso, secondo il giudice, sarebbe stato acquisito illegittimamente con l’inganno. Secondo il giudice non c’era un’ubriachezza tale da impedire la capacità di intendere e di volere della ragazza».
Ricorso in appello
Cammarata, anche se dovrà prima attendere il deposito delle motivazioni da parte del giudice per le indagini preliminari, annuncia già ricorso alla corte d’appello di Milano, il secondo grado di giudizio. L’obiettivo, come dichiarato fin dall’apertura del procedimento penale, per la difesa è l’assoluzione di tutti gli imputati. «Secondo noi – conclude l’avvocato – sono totalmente innocenti e la ragazza era consenziente al rapporto sessuale. Dovrò capire, attraverso le motivazioni, come si è arrivati a questo cambio di imputazione».
Lo sfogo di Lucarelli
«Che le cose spesso non vanno come dovrebbero andare lo sappiamo un po’ tutti. È la vita. Lo scoglio più grande da affrontare sapevamo che sarebbe stato il primo visto il clamore mediatico di tutta la questione, sapevamo di non combattere con i fatti, ma con un momento storico e la pressione dei media che vuole la nostra testa senza realmente indagare a fondo, fermandosi a titoli sensazionali per attirare l'attenzione. Rispetto a ieri non è cambiato niente, ai commenti, alle minacce e alle offese siamo abituati ormai. Non bisogna però dimenticarsi che ci sono altri due gradi di giudizio. Che sia una batosta è molto chiaro, soprattutto perché eravamo speranzosi di poter chiudere questa storia subito nonostante le difficoltà», le parole di Lucarelli attraverso Instagram.
Polemico Apolloni
Più polemico il messaggio di Apolloni, che sempre sui social scrive: «La giustizia non è uguale per tutti, oggi me ne sono reso conto veramente. Sto zitto che è meglio».