Il popolo di Francesco: in fila con i fedeli per entrare a San Pietro. Il divieto di fare foto, l’incenso e i volontari
Sono state oltre 60mila le persone che sono andate nella basilica tra le 11 di mercoledì e le 13 di giovedì 24 aprile
ROMA. «Don’t stop, non fermatevi». «No foto». «Da qui in poi niente foto». «Signora, niente video, via il telefono per favore». «Ma è una videochiamata...». «Non si possono fare nemmeno le videochiamate». La fila deve scorrere, nel cuore della basilica di San Pietro. A pochi metri dal transetto, attraversata l’intera, gigantesca navata, gli addetti alla sicurezza hanno il loro daffare a convincere le persone ad abbassare i telefoni. C’è chi vuole fare una foto, chi è in videochiamata con altri tre.
Tutti vogliono vedere “in diretta” il corpo di papa Francesco che giace nella sua bara, piccolissimo, quasi schiacciato dall’altezza vertiginosa della cupola, ma tanto grande da smuovere mezzo mondo per i suoi funerali, che si terranno domani. Mentre sono attesi capi di Stato, reali e capi religiosi dai quattro angoli del Pianeta, dalle 11 di mercoledì 23 alle 13 di ieri, 24 aprile, già più di 61mila persone – secondo quanto comunicato dalla sala stampa vaticana – si sono recate a San Pietro per un personale addio al papa.
Ed eccola, la bara, lì, vicinissima, davanti al baldacchino del Bernini, a un passo dalla transenna in legno che governa ingressi e uscite. Il percorso obbligato all’interno di San Pietro inizia, a ritroso, già dalla piazza e prima ancora dalle strade circostanti. Nastro bianco e rosso circonda i marciapiedi, transenne gialle girano intorno ai palazzi costruendo un nuovo “piano traffico pedonale”.
Le misure di sicurezza intorno a San Pietro sono imponenti. In cielo un elicottero sorvola senza sosta la zona. A terra la presenza delle forze dell’ordine e dei volontari della protezione civile è quasi debordante. Le prime notizie sull’accesso alla basilica, circolate mercoledì, nella prima giornata di esposizione del papa, scoraggiano anche gli uomini e le donne più pii: si parla di cinque, perfino otto ore di fila.
Proviamo comunque ad avvicinarci da piazza Risorgimento. Una parte dell’area è chiusa. A ridosso delle mura vaticane, accanto a una postazione mobile della Croce Rossa, si sta allestendo un palco. «È per il giubileo dei giovani, ma a questo punto servirà anche per trasmettere i funerali del papa», spiegano gli operai. Poco più in là, il passaggio verso piazza San Pietro è presidiato da un gruppo di uomini nella divisa giallo fosforescente della protezione civile e il cappello con la penna degli alpini. Sono i volontari dell’Associazione Alpini di Monza. «È la prima volta che faccio il volontario qua a Roma – spiega Giancarlo Gaiotto –. La mia impressione? Che di volontari ce ne siano anche più del necessario». Sulle casacche dei colleghi si leggono le provenienze più disparate, dalla Campania al Veneto, dal Lazio alla Lombardia.
Le voci
Ci accodiamo e, forse complice l’orario – sono le 15,30 – o forse per il timore di restare imbottigliati che ha tenuto alla larga i più, incredibilmente in pochi minuti raggiungiamo l’area dei metal detector, sotto il colonnato, e da lì la piazza, già vicini alla basilica. Dell’insperata velocità si stupiscono anche Stefania e Moira, due signore romane che cercano riparo dal sole sotto un ombrello da pioggia. «Io sono buddista – dice Stefania – ma ho apprezzato l’uomo, la sua figura. Era quello che serviva: la Chiesa aveva bisogno di un gesuita. E credo che dovrebbero continuare sulla sua scia». «Io sono credente – spiega Moira – e ci tenevo a venire». Una famiglia brasiliana si guarda intorno incuriosita: «Siamo turisti, non siamo qui per lui, ma per vedere San Pietro. Però, già che ci siamo...».
Il serpentone si arrampica sul sagrato. Qualcuno vorrebbe scattare una foto, ma viene invitato a sbrigarsi a entrare. L’ingresso è dalla Porta Santa, quella che Francesco stesso ha aperto la vigilia di Natale per dare l’avvio al Giubileo. Tutti scattano una foto. Non tutti si accorgono che sopra è inciso il suo nome: «Franciscus PP portam sanctam... aperuit et clausit». In realtà non la chiuderà lui, ma per correggere l’iscrizione bisognerà eleggere il suo successore.
All’interno il vociare delle persone, i richiami dei guardiani, una musica d’organo sempre più nitida e un profumo d’incenso sempre più forte. La fila si compatta via via che guadagna la navata. I pochi che non lo avevano ancora fatto tirano fuori il cellulare. È a questo punto che scatta l’ordine: da qui in poi, niente foto. Le braccia si abbassano, ma qualcuna rispunta più avanti.
L’immagine del papa resta un veloce fotogramma: il viso scavato, l’incarnato innaturalmente scuro, il rosso delle vesti confuso con quello della bara. Ai lati, religiosi e laici seduti in preghiera. Intorno, i visitatori che passano, si fanno il segno della croce e sfilano via. Nell’abside, la messa partecipatissima da cui proviene il suono dell’organo.
All’uscita, tanti occhi lucidi. «Non sono cattolica, ma è stato commovente. Mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi», dice Manèle, franco-tuisina. Anche oggi, 25 aprile, la basilica resterà aperta. Stasera alle 20 il rito della chiusura della bara.
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