Giustizia interrotta a Follonica, il processo Capuano torna al punto di partenza
Per un vizio di forma, la Corte d'appello di Firenze cancella le sette condanne del 2020: si riapre il processo sul presunto sistema criminale legato al commercialista
FOLLONICA. È nulla la sentenza del processo Capuano più altri, quello che nel settembre 2020 si concluse con sette condanne per il sistema criminale (ma non di stampo mafioso) che sarebbe stato imperniato sul commercialista follonichese. Lo ha deciso la prima sezione penale della Corte di appello di Firenze, che ha accolto le eccezioni di tutti i difensori degli imputati che avevano ricorso contro la sentenza e che avevano fatto notare che la lettura del dispositivo non era stata preceduta dalla rituale camera di consiglio: in altre parole, i giudici del collegio che avevano aggiornato (al 24 settembre 2020) la conclusione del procedimento per le repliche (che non ci furono) quel giorno avrebbero dovuto comunque ritirarsi per poi tornare in aula e leggere il dispositivo, e invece tutto ciò non era avvenuto. I difensori avevano lamentato la mancanza di un presidio di tutela fondamentale e di ciò si era dibattuto nelle udienze precedenti a Firenze. Ieri mattina la decisione. Serviranno novanta giorni per conoscere le motivazioni dei giudici Angelo Grieco (presidente), Roberto Tredici e Matteo Zanobini. Intanto, il dispositivo è stato pronunciato ai sensi degli articoli 179 (nullità assoluta) e 525 (immediatezza della deliberazione) del codice di procedura.
L’effetto è che il fascicolo torna a Grosseto e che il processo deve iniziare da capo: quello di primo grado si era snodato in un anno e una trentina di udienze. Al termine, erano stati condannati Evans Capuano, originario dell’isola d’Elba, con dodici anni di reclusione e 16mila euro di multa (riconosciuto colpevole di estorsione, lesioni personali, furto, ricettazione e corruzione: reati che avrebbe consumato direttamente o come mandante – era stato assolto da altri capi d’imputazione). Per un’aggressione ai danni dell’imprenditore Arietto Giovannelli nello studio del commercialista, erano stati condannati i presunti autori: Angelo Murè (con estorsione) a nove anni di reclusione e 9.100 euro di multa e Giuseppe Imparato a due anni. Dieci anni e nove mesi, oltre a 2.500 euro di multa, erano stati inflitti ad Ausilio Cataldo, accusato di aver preso parte a vere intimidazioni a scopo estorsivo, oltre che di porto abusivo di arma da fuoco. Fu condannato anche Cesare Ferreri, ex cancelliere del tribunale di Grosseto accusato di aver fornito informazioni a Capuano sui procedimenti giudiziari che lo interessavano: per lui la pena era stata di tre anni per corruzione. Le altre condanne erano state poi per Dante Martignetti, quattro anni e quattro mesi per ricettazione d’arma da fuoco, e per Manuel Bernardini, due anni per furto. L’accusa era stata rappresentata dalle pm Giuseppina Mione della Direzione distrettuale antimafia di Firenze e Anna Pensabene della Procura di Grosseto: avevano depositato una memoria di cinquecento pagine nelle quali spiegavano i motivi delle richieste di condanna. Il collegio aveva condannato Capuano, Murè, Bernardini e Imparato, oltre al pagamento delle spese di costituzione per 4mila euro, anche a quello di una provvisionale di 40mila euro in favore di Giovannelli. Muré inoltre a risarcire anche Marchionni e Tahiti Camping srl, pagando anche 4mila euro per le spese di costituzione. Escluso dai risarcimenti invece il Comune di Follonica, che si era costituito parte civile in seguito all’aggravante del metodo mafioso.
L’effetto è che sarà anche un problema non da poco, una volta che il fascicolo giungerà da Firenze, formare un collegio che non sia incompatibile, perché molti dei giudici ancora oggi in servizio vennero citati come testimoni in primo grado e dunque non potranno trattare il fascicolo. Molte delle imputazioni, secondo le prime valutazioni difensive, potrebbero finire con una dichiarazione di non doversi procedere per estinzione per prescrizione, fatta eccezione per l’estorsione. All’epoca il collegio era presieduto da Laura Di Girolamo (che nei prossimi mesi non sarà più in servizio al Tribunale di Grosseto), con Adolfo Di Zenzo e Alberto Lippini. Erano state 392 le pagine nelle quali i giudici avevano riassunto le loro motivazioni.
Ad appellare la sentenza erano stati gli avvocati difensori (Guiscardo Allescia, Francesca Carnicelli, Barbara Fiorini, Giovanni Maria Flora, Felice Iafelice, Nicola Muncibi, Alessandro Oneto, Salvatore Volpe) ma anche la Procura di Firenze-Dda (che aveva sollecitato il riconoscimento dello stampo mafioso oltre che condanne per i reati ritenuti da assoluzione) nonché le parti civili Antonio Marchionni, Tahiti Camping, curatela del fallimento Società costruzioni e vendite Scev. Ieri in aula ha preso la parola per primo l’avvocato Flora, poi sono seguiti gli interventi degli altri difensori, ha chiuso gli interventi l’avvocato Volpe. Anche il sostituto procuratore generale Luigi Bocciolini aveva chiesto la dichiarazione di nullità della sentenza. Un’ora e mezzo di camera di consiglio, poi i giudici fiorentini sono tornati in aula per leggere il dispositivo.