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Maltempo in Toscana, i sindaci sbottano con la Regione: «Scuole chiuse e allerte, vogliamo previsioni precise»


	Uno degli ultimi eventi alluvionali in Toscana 
Uno degli ultimi eventi alluvionali in Toscana 

Dalla Maremma arriva la richiesta di un incontro in Regione: «Servono strumenti di analisi migliori e puntuali»

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Sulla sua scrivania – quella della Provincia – Francesco Limatola s’è visto arrivare diverse richieste da parte dei sindaci. Ogni volta che viene diramata un’allerta arancione lo stesso copione si ripresenta, seguendo la traccia del famigerato «“scaricabarile”, con la palla che passa ai Comuni», sintetizza Giacomo Termine, sindaco Monterotondo Marittimo, uno dei primi a sollevare il problema – perché di problema, per loro, si parla.

Le scuole e non solo

La Regione dirama l’allerta. E alla fine sono i primi cittadini a dover prendere la decisione più discussa, e spesso al centro delle polemiche che seguono: chiudere o meno le scuole e, se sì, quali. A questo punto uno potrebbe anche obiettare che mica li si costringe, a diventare sindaci, e che rientra nel perimetro delle loro responsabilità. Ovvio, rispondono loro. Ma questo non è tanto il nodo della questione: «Manca un modello in cui i tecnici diano elementi di valutazione chiari e sulla base di un’omogeneità territoriale più ristretta: servono ulteriori parametri di ragionamento scelti non solo sul piano locale, se ormai non è possibile avere previsioni certe, sulla base dei quali il sindaco si prende la responsabilità. Ora i parametri si riducono su un’allerta arancione per un territorio vasto, lasciando i sindaci con il cerino in mano», dice Termine.

L’incontro

Così Limatola, che è sì presidente della Provincia, ma è sindaco anche lui, annuncia: «Mi farò promotore di un incontro con sindaci e tecnici per provare a formulare una proposta in tal senso da portare in un incontro con la Regione». I sindaci puntano il dito soprattutto sui modelli meteorologici a cui attualmente devono fare riferimento. «Sono in grado di offrirci una tendenza generale, ma – sottolinea Limatola – non riescono a individuare e circoscrivere i cosiddetti fenomeni che nelle definizioni comuni vengono definite “bombe d'acqua”. È così che può succedere che a fronte di situazioni generalmente buone o tranquille pur in allerta arancione, a pochi chilometri si verifichino precipitazioni anomale pericolosissime. E quindi i sindaci si trovano davanti alla decisione di chiudere la scuola oppure no. La scelta di interrompere il ciclo formativo è molto importante e non viene adottata a cuor leggero. Il mio comune – Roccastrada – è in una zona che comprende tantissimi Comuni, con caratteristiche diverse, facenti parte di quattro province. Probabilmente una riduzione delle zone di allerta a territori più omogenei potrebbe aiutare ad avere previsioni più puntuali e mettere i sindaci di decidere meglio». Concorda Termine: «Se non c’è possibilità di fare e avere previsioni certe, viene meno il senso attuale delle allerte su aree di previsioni così grande. Serve definire un modello differente, forse più di prossimità, ma soprattutto con criteri più chiari e uniformi per permettere ai comuni di avere parametri oggettivi e tecnici, anche legati all’omogeneità territoriale».

Questione di strumenti

Serve mettere mano al sistema delle allerte – sulla base di una maggiore omogeneità territoriale – per la sindaca di Massa Marittima, Irene Marconi. «Se abbiamo gli strumenti per analizzare, le responsabilità ce le prendiamo. Chiediamo però – spiega – un’analisi un po’ più puntuale, non per macroaree ma per zone con le stesse caratteristiche, ad esempio per reticolo idraulico. Se io prendo in esame una fetta di territorio che va dalla costa a Montieri, includendo quel bacino idrografico e metto allerta arancione motivandola per l’eccessiva piovosità, allora do lo strumento. Ma così è superficiale l’analisi che ci arriva: comprende una zona troppo vasta e non ci aiuta a fare una valutazione puntuale. Lo stesso livello di allerta in due territori eterogenei può voler dire provvedimenti differenti. Ci serve uno strumento che vada più nel dettaglio».

Anche Gabriele Fusini, sindaco di Magliano in Toscana, si ritrova sempre stretto tra scelte che – in un modo o nell’altro – rischiano di avere ricadute negative. Ecco perché secondo lui invece «potrebbe servire – suggerisce Fusini – un piano di protezione civile unificato, uguale e codificato per tutti, sulla base del quale il sindaco sa che deve chiudere o meno. Non tutti i territori sono uguali, ma quale si può sentire al sicuro da questo tipo di eventi?». Certo è, sottolinea Fusini, che servono «allerte meteo più puntuali e soprattutto aggiornate ufficialmente minute per minuto, in modo tale da aggiustare subito il tiro se necessario. Partiamo da questo. Sennò continueremo a chiudere sempre». Un’altra soluzione, per il sindaco, potrebbe essere quella di «considerare un’assenza giustificata da scuola nel caso di allerta arancione, con i genitori che decidono se mandare a scuola i figli o meno», propone ancora Fusini. «Abbiamo dato mandato al presidente della Provincia – conferma Gianfranco Chelini, sindaco di Capalbio – di verificare se ci sono condizioni oggettive per farci capire se possiamo comportarsi in maniera omogenea, soprattutto avendo una propensione alla certezza del livello di rischio. Anche rispetto a un’area più ristretta. Così per noi è difficile capire, quindi i sindaci, impauriti dalle circostanze, sono costretti a chiudere, anche perché gli eventi estremi sono sempre più frequenti e quindi un’ assunzione di responsabilità diventa difficile da eludere». 

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