Il Tirreno

Grosseto

Clima e natura

Altro che i freddi giorni della merla: sbocciano in anticipo le mimose (e non è un bel segnale)

di Sara Venchiarutti

	Una mimosa in fiore
Una mimosa in fiore

Alle porte della città di Grosseto le fioriture con un mese di anticipo: «È un problema»

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GROSSETO. Sul ciglio della strada, in mezzo agli alberi un po’ “abbacchiati” dall’inverno, si mostra il giallo delle mimose. Marco Tamantini ha visto i primi germogli circa una settimana fa, camminando lungo i suoi campi alle porte di Grosseto, e adesso – sì, a fine gennaio – il loro colore inconfondibile adorna già i rami che dovrebbero essere ancora spogli. «Fra una settimana i fiori saranno del tutto aperti», conferma Tamantini, titolare dell’azienda agricola La Quercia, 16 ettari a frutta e verdura.

Tutto a soqquadro, secondo i cicli a cui la natura ci ha abituati per secoli. Di solito per assaporare la bellezza della mimosa bisognava avere un po’ più di pazienza e aspettare fine di febbraio, inizio marzo, dice l’agricoltore. Un mese di anticipo. In realtà Tamantini nemmeno si stupisce più. «Non è la prima volta che accade, è così ormai da sei, sette anni, anche se di regolare non c’è nulla», commenta con la voce un po’ preoccupata. Il profumo dei rami di mimosa mossi dal vento addolciscono infatti l’insidia che promettono per gli alberi da frutto. «Negli ultimi anni – sottolinea Tamantini – il clima invernale è cambiato molto, con frequenti sbalzi di temperatura. Non c’è quasi più quel freddo micidiale, che al massimo si concentra in pochi giorni e poi le temperature si alzano. Abbiamo un clima mite praticamente per tutto l’inverno, poi si arriva a metà aprile ed ecco la gelata, con temperature sotto lo zero, che distrugge i frutti e i fiori». Quest’anno in realtà un po’ di freddo era anche arrivato, «ma lo sbalzo di queste ultime settimane ha fatto di nuovo sbocciare i fiori, che impazziscono». Così pure gli alberi da frutto – Tamantini pensa soprattutto a loro – non fioriscono più ad aprile o a marzo, anticipano come la mimosa anche di 25 giorni, aumentano il rischio di andare incontro a una gelata tardiva, sempre più frequenti, assicura Tamantini.

Ma c’è anche un altro problema. «Con il clima mite il fiore si risveglia prima, ed è come se non riposasse», spiega l’agricoltore. Per mettersi nei panni, è come restare svegli di notte senza andare a letto. E così «cala anche la produzione degli alberi», aggiunge. «Peschi e albicocchi – spiega – sono sempre più a rischio. Se una pianta prima produceva 50 chili di pesche, oggi te ne farà una quarantina. Solo un esempio per dare l’idea della grandezza della perdita a cui andiamo incontro con queste temperature. Basta moltiplicare per il numero di alberi per avere la misura del danno». Altro che i giorni della merla. Cioè il periodo «che per tradizione dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, essere il più freddi dell’anno. Ma poi l’occhio – avverte Coldiretti – cade sulle piante di mimosa fiorite con largo anticipo rispetto all’8 marzo, un’esplosione di giallo che ci disorienta tanto da farci già sentire il profumo di primavera. L’inizio del 2025 conferma la tendenza al surriscaldamento e alla tropicalizzazione che si manifesta, come nelle scorse ore, con l’arrivo di violente perturbazioni e da temperature superiori alle medie stagionali».

In realtà il problema del clima “sfasato” non riguarda solo l’inverno. Poi è il caldo a fare danni. «Trapianto le zucche a giugno – sottolinea Tamantini – e con il grande caldo che arriva in estate anche qui la produzione è diminuita. Le piante a 40 gradi soffrono. Poi si perde il sapore, si perdono tante cose». Discorso simile per i pomodori. «Da un po’ – conferma Tamantini – li ho spostati tutti in serra per proteggerli dal sole, sennò si bruciano. Anche qui si rischiano effetti sulla qualità del prodotto: se prima si poteva coltivare un melone da 1 chilo e tre, ora si parla di nove etti, un chilo massimo». 


 

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