Il Tirreno

Grosseto

La tragedia

Madre e figlio a terra morti da giorni, il prete: «Mario e Gina vivevano l’uno per l’altra»

di Ivana Agostini e Matteo Scardigli
Madre e figlio a terra morti da giorni, il prete: «Mario e Gina vivevano l’uno per l’altra»

Orbetello, comunità sotto choc in attesa della probabile autopsia

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ORBETELLO. «Siamo passati di lì più volte in questi giorni ma non ci siamo accorti di nulla». È un coro unanime quello di chi abita vicino al podere che si trova lungo la strada vicinale delle Cantine, al numero 4. Lì, ieri pomeriggio, sono stati scoperti due corpi senza vita: Gina Favaretto di 96 anni e Mario Tinto, 71: madre e figlio, distesi nel giardino della loro casa; lei lungo il vialetto e lui poco distante, in una buca.

Con una mano sulla fettuccia bianca e rossa fissa i lampeggianti un uomo: è il nipote di Favaretto e cugino di Tinto: «Abito poco distante. È stata mia figlia ad avvisarmi, a dirmi che qualcosa non andava: passava con l’auto ma ha trovato la strada chiusa dai carabinieri». Gli occhi si spostano sul cronista, ma lo sguardo lo attraversa: «Ci eravamo sentiti un po’ di tempo addietro. Non so altro».

La tragedia, con molta probabilità, si è consumato alcuni giorni fa. Nessuno dei vicini, però, si era accorto di nulla. È proprio aver saputo che forse erano morti da un giorno o due che ha creato scoramento nelle persone che abitano lungo quella via dove passano molte volte al giorno avanti e indietro. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che dietro quel cancello c’erano due persone a loro conosciute morte a poca distanza l’una dall’altra.

Nessuno ha sentito nulla, né una richiesta di aiuto, né delle urla. Niente di niente. Le auto hanno continuato a transitare senza notare quel corpo steso a terra. Nemmeno chi abita vicino aveva avuto l’impressione che qualcosa, a casa di Gina e Mario, non andasse nel verso giusto. Ieri nessuno si capacitava del perché ci fosse quel via vai di mezzi: l’ambulanza, i vigili del fuoco, i carabinieri. Solo l’abbaiare scomposto del cane ieri ha insospettito chi ha poi notato che a terra c’era qualcosa.

Mario era una persona buona e pacata. Un uomo tranquillo che aveva trascorso la sua vita in quel podere che teneva come un gioiello. Coltivava il suo podere dove viveva con la madre. Una vita tranquilla fatta di lavoro, di uscite a comprare ciò che era necessario per la casa o per le necessità personali. «Erano persone per bene – dicono gli abitanti della zona – li conoscevamo tutti. Erano persone di tutto rispetto».

Oggi, per San Donato, è il giorno del lutto. «Aspettiamo disposizioni dalle autorità competenti, poi certamente andremo alla camera mortuaria; ci stiamo organizzando», premette don Arnaldo Combi, amministratore di una parrocchia che ieri era ancora sotto choc; incredula, di fronte alla notizia che correva di bocca in bocca: «Erano brave persone, gente di altri tempi, lui viveva per lei e lei per lui. Ho conosciuto la signora che era già molto anziana, era in grado di camminare ma di certo non era autosufficiente: era lui a provvedere a lei, con affetto e cura, in ogni cosa».

Don Arnaldo era stato in visita al podere dove abitava la coppia, una casa di famiglia che dal dopoguerra ha conosciuto, visto e vissuto le vicissitudini di una famiglia intera; ma non certamente un epilogo come quello di ieri pomeriggio.

È ancora lo stesso sacerdote a raccontare l’idea che si è fatto sulla dinamica del decesso: «Credo che lui sia uscito per lavorare, come faceva sempre, e che abbia avuto un incidente o che si sia sentito male. E che lei, non vedendolo rientrare, sia uscita a cercarlo ma non abbia retto alla vista del figlio esanime».

I lampeggianti delle forze dell’ordine e dei soccorritori illuminano il podere fino a sera. Le fettucce bianche e rosse restano anche oggi, in previsione di ulteriori accertamenti.

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