Il Tirreno

Grosseto

L’omicidio dell’orto

Scarlino, uccise l’ex socio a fucilate: imprenditore portato in carcere. Il movente, la dinamica e l’ultima telefonata

di Pierluigi Sposato

	Antonio Esposito su un campo di tiro a volo, sua grande passione, e a destra uno scorcio dell’orto nel quale il 12 novembre 2017 era avvenuto l’omicidio 
Antonio Esposito su un campo di tiro a volo, sua grande passione, e a destra uno scorcio dell’orto nel quale il 12 novembre 2017 era avvenuto l’omicidio 

Interrotto il differimento della pena deciso due mesi fa: l’uomo è stato portato a Livorno

05 ottobre 2024
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SCARLINO. È stato portato in carcere, a 77 anni, Antonio Esposito, l’impresario edile accusato di aver ucciso a colpi di fucile l’ex socio in affari Alessandro Toffoli, 56 anni, follonichese, il 12 novembre 2017. Condannato a 14 anni per omicidio premeditato, come stabilito dalla seconda sezione della Corte di appello che nel 2020 aveva ridotto di un anno la pena stabilita in primo grado, con il rito abbreviato davanti al gup. Il cosiddetto “omicidio dell’orto”, perché avvenuto in un appezzamento di terra nei pressi di Scarlino.

Dallo scorso luglio, Esposito aveva beneficiato del differimento della pena e in questi due mesi era stato ospitato da familiari, nella zona di Venturina. La disponibilità è però venuta meno e così alla fine di settembre il differimento è stato revocato, spiega il suo difensore, l’avvocata Barbara Guazzini: nessuna volontà di sottrarsi ai suoi obblighi, sottolinea, non si è mai allontanato. I carabinieri di Venturina Terme hanno rintracciato Esposito, hanno eseguito l’ordine di carcerazione datato 25 settembre e lo hanno portato a Livorno. Deve ancora scontare 6 anni e 24 giorni. In precedenza, era stato ai domiciliari ma anche in carcere a Massa Marittima. L’avvocata Guazzini a breve andrà a trovarlo in carcere.

La ricostruzione

Secondo quanto stabilito in primo grado, Esposito aveva imbracciato un fucile Benelli e sparato tre colpi. Uno aveva colpito la mano destra, il secondo il torace da 5-9 metri, l’ultimo a brevissima distanza, il volto di Toffoli. Esposito poteva tornare indietro, a parere del giudice Sergio Compagnucci, poteva non sparare: ma non lo fece. Chiaro l’autore, chiaro il movente (la restituzione a Toffoli di tre assegni invece già incassati da Esposito), meno chiara la dinamica. Perché l’arrestato aveva reso versioni differenti: ai carabinieri di Scarlino cui si era consegnato; al pm; al gip. Il gup aveva ritenuto più veritiera la prima, resa nell’immediatezza, quando Esposito aveva dichiarato di aver perso la testa dopo aver ricevuto, mentre era a casa, la telefonata di Toffoli (ai magistrati aveva invece dichiarato di averci parlato mentre era già all’orto); due colpi subito e uno mentre l’altro era già a terra (circostanza, quest’ultima, poi non confermata negli interrogatori).

Il movente

Ancora sul movente, il giudice riteneva possibile che i rapporti si fossero deteriorati anche perché l’omicida avrebbe maturato la convinzione di essere preso in giro da Toffoli che avrebbe avuto la capacità di estinguere il debito. Tutto sarebbe partito dalla telefonata ricevuta a casa e il giudice era stato del parere che sia stata questa a fargli perdere la testa e a determinarlo nell’omicidio, facendogli prendere non soltanto il fucile (sufficiente per spaventare) ma anche le cartucce. Esposito era stato condannato anche al risarcimento dei familiari di Toffoli (moglie e due figli): 1 milione e 200mila euro.

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