Il Tirreno

Grosseto

La tragedia

Grosseto, morto in mare: Mauro era un decano dei sub. Nel 2020 la discesa numero 1.500

di Matteo Scardigli
Mauro Vaccarone, a destra il tender di un diving alle Formiche
Mauro Vaccarone, a destra il tender di un diving alle Formiche

Il lieve dondolio del corpo, quasi fosse stato abbandonato alla delicata corrente, ma più ancora la mancanza delle bolle d’aria hanno fatto scattare l’allarme

01 luglio 2024
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GROSSETO. «Non respirava: non si vedevano le bolle». Mauro Vaccarone, decano dei subacquei italiani, a settembre scorso aveva festeggiato i suoi 50 anni di immersioni da quel giorno del 1973 ad Alassio, quando il padre gli fece provare l’ebbrezza di respirare sott’acqua con un mystral e un bibombola che si caricava a 150 atmosfere. E alle Formiche (alla Formica Grande, per l’esattezza), nelle cui acque è stato estratto sabato ormai – pare – senza vita, nel 2020 aveva festeggiato la discesa numero 1.500 della sua lunga carriera.

Quello che è successo dalla riva al luogo dell’immersione fatale lo hanno spiegato quello stesso pomeriggio ai militari della guardia costiera gli altri diver che erano con lui, fatti rientrare a Castiglione della Pescaia e a Talamone.

Quello che è successo dopo che è sceso in profondità potranno chiarirlo – forse già nelle prossime ore – gli accertamenti sul suo corpo, che si trova all’obitorio del Misericordia a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Quello che è successo dal momento in cui è stato visto sul fondale lo raccontano alcuni tra i sub che hanno contribuito a recuperarlo, chiedendo l’anonimato.

Vaccarone, paladino dell’ambiente (quello marino in primis, ovviamente), era un amante e un habitué delle acque della Maremma. Tutti lo conoscevano; di vista, se non altro, o addirittura di fama. Iscritto alla Fias (la Federazione italiana attività subacquee) quando ancora i brevetti venivano rilasciati in formato libretto (e non in plastica), quando fotografare sott’acqua era metà arte e metà tecnica, si era affermato come un punto di riferimento a cui le nuove generazioni di appassionati dei fondali guardavano con ammirazione.

«Bombole, maschera, muta, pesi, pinne, respiratore... sembrava tutto in ordine», conferma chi lo ha visto sul fondale, a 40 metri di profondità e in perfette condizioni di visibilità (proprio una delle caratteristiche che fa delle Formiche un paradiso dei sub): «Sembrava che stesse scattando delle fotografie».

Il lieve dondolio del corpo, quasi fosse stato abbandonato alla delicata corrente, ma più ancora la mancanza delle bolle d’aria hanno fatto scattare l’allarme. È in quel momento che è cominciata la risalita verso la superficie: difficile stimare il tempo necessario per tornare a pelo d’acqua. All’emersione, Vaccarone «è stato tirato a bordo del tender, dove hanno cercato di farlo riprendere», aggiungono ancora.

Poi l’intervento della guardia costiera coordinato dalla Capitaneria di porto di Livorno, la corsa verso lo scoglio, il volo di Pegaso 2, i tentativi i rianimazione; purtroppo inutili.

Anche nella giornata di ieri, come già per tutta quella di sabato, i titolari del diving – amici di lunga data di Vaccarone e della sua famiglia – erano comprensibilmente sconvolti, trincerati nel dolore. Un dolore che la verità sugli ultimi momenti della vita del sub, la risposta che potrebbe arrivare proprio nelle prossime ore, certamente non potrà lenire.

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