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Grosseto, il dramma di Brahim sfrattato con moglie e figlio: «In Italia da 24 anni ma mi vedono come straniero e nessuno mi affitta una casa»

di Nicole Terribile
A sinistra Brahim Korkot e accanto Il Poggio, struttura per l’emergenza abitativa a Roselle
A sinistra Brahim Korkot e accanto Il Poggio, struttura per l’emergenza abitativa a Roselle

La testimonianza: «Tantissimi proprietari concedono le case in affitto solo a dipendenti statali o a persone con un contratto a tempo indeterminato, non si fidano dei piccoli imprenditori»

10 gennaio 2024
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GROSSETO. Brahim sorride nervoso. Non riesce a credere a quello che sta succedendo. La parola “sfratto” pesa come un macigno sul suo petto. Il giorno tanto temuto è arrivato: lui e la sua famiglia devono lasciare l’appartamento che per dieci anni hanno chiamato “casa”. L’appartamento dove il loro bambino ha mosso i primi passi, dove ha detto le prime parole, il loro tetto sopra la testa.
«Non sono stato sfrattato per morosità, ma per finita locazione», sottolinea in più di un’occasione Brahim Korkot che, a discapito del nome, è un cittadino italiano.
Da più di un anno cerca un’altra casa in affitto a Grosseto, ma niente. Ha contattato decine e decine di proprietari e di agenzie, con l’intercessione anche del Coeso-Società della salute e del Sunia, ma senza risultati. Per loro è stata trovata in extremis una sistemazione provvisoria con l’emergenza abitativa, ma potranno entrarci solo a partire dal mese prossimo.
Brahim è originario del Marocco, così come la moglie, ma entrambi hanno la cittadinanza italiana. Vive a Grosseto da ben 24 anni. Grosseto è la sua casa, la terra che lo ha accolto così calorosamente, ma è anche quella che nell’ultimo anno gli ha voltato la faccia più volte e gli ha chiuso diverse porte in faccia. Lui e sua moglie stanno cercando un’altra casa in affitto da più di un anno, da quando la proprietaria della casa dove sono in affitto dal 2014 ha detto loro di volerne rientrare in possesso. «I problemi sono tanti: in primis, il fatto di essere una partita Iva. Tantissimi proprietari concedono le case in affitto solo a dipendenti statali o a persone con un contratto a tempo indeterminato, non si fidano dei piccoli imprenditori. Inoltre, gli affitti sono altissimi: abbiamo visto case a 950 euro al mese. Cifre esorbitanti che non possiamo permetterci, visto che pago anche l’affitto del negozio. Poi ci sono le bollette, la spesa da fare», racconta.
E se questi problemi vengono riscontrati da tante altre persone in cerca di una casa in affitto, per lui la situazione è ancora più complicata: «Inoltre, tantissimi proprietari che abbiamo contattato si sono rifiutati di affittarci casa perché abbiamo un bambino piccolo. Ma purtroppo ci è capitato anche di incontrare persone disposte ad affittare casa a una partita Iva, a un prezzo giusto e a una famiglia. Ma si sono tirate indietro non appena mi hanno sentito parlare o mi hanno visto».
Dopo oltre due decenni in Italia, Brahim parla perfettamente italiano. Anzi, ha acquisito anche la calata tipicamente toscana, tanto da pronunciare «la casa» con la “c aspirata” (la Gorgia toscana), ma il suo accento – tipico di chi è di madrelingua araba – lo tradisce. «Ogni volta che mi vedono o mi sentono parlare si fermano e mi chiedono di dove sono. Io gli dico che sono italiano, originario del Marocco. A quel punto, come per magia, succede quasi sempre qualcosa per cui quella casa non è più disponibile». Un trattamento che – racconta – lo ha fatto soffrire. Mai, in 24 anni, si era sentito trattato diversamente per le sue origini. «Alla fine, ho dovuto chiedere aiuto ai servizio sociali. Chiedere aiuto mi pesa. Ho sempre fatto tutto da solo, non ho mai chiesto neanche un bonus durante la pandemia, ma non avevo alternative».
Martedì 9 gennaio, poi, è il fatidico giorno: il giorno dello sfratto. E non può arrivare in un momento peggiore. «Non solo non abbiamo trovato casa e non sappiamo dove andare, ma il bambino è anche malato, per questo avevamo chiesto un rinvio».
Per fortuna, nel corso della mattinata la situazione si risolve, almeno in parte. Ma non mancano i momenti di tensione. L’assistente sociale comunica loro che è stata trovata una casa per l’emergenza abitativa al Poggio di Roselle ma che ha bisogno di manutenzione, visto lo stato in cui è stata lasciata dal precedente inquilino. Sarà disponibile all’inizio del mese prossimo. «E fino a quel momento stiamo in mezzo a una strada?». Per fortuna, assistente sociale e autorità giudiziaria riescono a trovare una soluzione con la proprietaria: Brahim e la sua famiglia resteranno nell’appartamento fino a quando non sarà disponibile l’alloggio. Il Coeso pagherà il mese di affitto al posto suo. «Intanto continueremo a cercare un’altra casa in affitto», assicura.
«Il nostro obiettivo – dice Tania Barbi, direttrice del Coeso – è quello di dare risposta alle esigenze dei cittadini che si rivolgono al servizio sociale, andando a individuare un progetto condiviso, che prevede anche la collaborazione dell’interessato, che porti alla fuoriuscita dallo stato di bisogno. La permanenza della famiglia – continua – è stata possibile grazie all’intervento del servizio sociale, che ha supportato la famiglia in occasione delle due scadenze legate allo sfratto e dato un sostegno anche economico per garantire il soggiorno nell’alloggio fino al 9 febbraio».
Barbi aggiunge che alla famiglia è stato assegnato un alloggio di emergenza abitativa al Poggio di Roselle che sarà disponibile, dopo alcuni lavori di manutenzione, proprio da febbraio e che potrà essere una risposta alle loro necessità finché il nucleo familiare non individuerà un altro alloggio. «Anche in questo caso – conclude – il servizio sociale supporterà i cittadini in questo percorso». 
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