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Grosseto

Il caso choc

Grosseto, a 19 anni beve fino a svenire davanti agli occhi dei coetanei

di Matteo Scardigli
Grosseto, a 19 anni beve fino a svenire davanti agli occhi dei coetanei

Il ragazzo è stato soccorso dagli operatori della Croce rossa e portato in ospedale. L’esperto: «Questi episodi sono la punta dell’iceberg: cambiare approccio»

16 ottobre 2023
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GROSSETO. «Venite, fate presto! È qui!». Un gruppetto di quattro o cinque ragazzi guida i soccorritori della Croce Rossa alla panchina della Cavallerizza (appena riqualificata dal Comune) dove un amico, coetaneo, si è accasciato poco prima. Intorno a loro tanti giovani e giovanissimi in cerca di divertimento e socialità in questa lunga coda d’estate.

Sono circa le 21,30 di sabato quando la centrale operativa inoltra la segnalazione di allerta. L’ambulanza fa il suo ingresso in piazza del Sale qualche minuto più tardi facendosi largo tra gli avventori dei locali giù dabbasso. Sulle prime si teme che sulle Mura possa essere avvenuta una rissa.

Gli operatori raggiungono il ragazzo, che – si scoprirà – ha appena 19 anni: non è cosciente. Ogni tanto apre gli occhi e cerca di parlare ma ciò che esce dalla sua bocca è poco più di un insieme sconnesso di parole. Sotto gli sguardi attoniti dei coetanei, lo voltano sul fianco per assicurarsi che, nello stato in cui è, possa soffocare senza rendersene conto.

Ci vuol poco per farsi un’idea delle cause del malore: ha bevuto troppo, fino letteralmente a svenire. Crisi etilica.

L’intervento prosegue, in direzione inversa, giù per la scalinata. Dietro alla Croce Rossa il codazzo di amici e conoscenti preoccupati per la salute del compagno. Nessuno ride, i telefonini rimangono nelle tasche. Il ragazzo viene lasciato alle cure del personale sanitario del pronto soccorso del Misericordia, dove si riprenderà anche grazie a una buona dose di soluzione fisiologica.

L’indomani mattina, alla Cavallerizza è tutto ripulito: non una bottiglia o una lattina a terra, neanche una cicca di sigaretta. Ma l’eco di quanto avvenuto la sera prima non si è ancora spenta. «Più che di allarme sociale dobbiamo ormai parlare di una consuetudine: si allarga l’abitudine all’abuso di alcol e di altre sostanze (a cominciare dal fumo di sigaretta) e dei telefonini. Siamo di fronte a una mutazione antropologica», premette Giuseppe Corlito, responsabile scientifico del Centro di documentazione sugli stili di vita sani.

Il laboratorio organizzato (per il terzo anno) dalla sua associazione si è concluso proprio sabato. Manteneva l’obiettivo di formare giovani peer educator, ragazzi in grado di fare divulgazione orizzontale (tra pari) proprio contro quel tipo di abusi.

«Episodi come questo sono purtroppo la punta dell’iceberg, e gli strumenti tradizionali per la prevenzione non bastano più. Serve una progettazione condivisa e prolungata nel tempo», spiega Corlito, portando a sostegno della propria tesi «una prima prova di evidenza validata statisticamente, una delle poche esistenti nella letteratura scientifica per il settore degli stili di vita in particolare quello correlato all’alcol: lo scorso anno i nostri 15 formatori hanno educato a loro volta 50 coetanei, con il risultato che consumo di alcol è crollato del 50 per cento fra di loro ma anche e soprattutto nelle loro famiglie».

Opposta, invece, la valutazione sull’iniziativa organizzata dal Comune, che a fine settembre aveva invitato al polo universitario grossetano Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’istituto superiore della sanità: «Spesso questi interventi hanno quasi un effetto di reazione. La scienza certifica che la peer education funziona meglio».

L’appello di Corlito è quindi a superare le azioni una tantum in favore di una continuità «alla quale devono contribuire gli adulti: i genitori (manca una loro attivazione a tutto campo) e una scuola che si mobiliti ad ampio raggio. Il mio è un appello – precisa – alla mobilitazione generale che parta dal rilancio della mappatura dei cittadini attivi. Se questa è la punta, dobbiamo lavorare sul resto dell’iceberg».

Obiettivo – ovviamente – è che fatti come quello di sabato sera non si debbano ripetere ancora.

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