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La sentenza

Grosseto, molestie e tentativi di baci: assolto direttore d’azienda

di Pierluigi Sposato
Grosseto, molestie e tentativi di baci: assolto direttore d’azienda

Era finito sotto processo dopo la denuncia delle dipendenti

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GROSSETO. No, i fatti non sussistono. Non si può arrivare ad attribuire al dirigente di un’azienda grossetana i reati di molestie a sfondo sessuale, lesioni e addirittura di tentata violenza sessuale, in questi ultimi due casi per aver cercato di baciare due collaboratrici. È vero che internamente all’azienda si viveva un clima goliardico, che c’erano festicciole e balletti riscontrati anche dalla visione di un video, che l’imputato teneva un atteggiamento alquanto discutibile, ma nessuno ha mai assistito a quegli episodi. E il giudice ha il dubbio – suffragato da vari elementi – che tutto sia nato solo dopo che si erano incrinati i rapporti di lavoro tra il titolare e il team di collaboratrici: nelle precedenti chat le lamentele fanno solo e soltanto riferimento alle condizioni lavorative, mai a molestie sessuali.

Messaggi on line

Lunghe, articolate e corredate di esiti testimoniali e conversazioni Whatsapp le motivazioni adesso depositate della sentenza di assoluzione di un imprenditore 50enne («insussistenza dei fatti», ha scritto il giudice Marco Mezzaluna a conclusione del ragionamento) finito sotto accusa agli inizi del 2020. Il giudice non ha accolto la richiesta di condanna a due anni formulata dalla pm Valeria Lazzarini e delle parti civili (le quattro collaboratrici erano assistite dall’avvocata Francesca Carnicelli); l’imputato era difeso dall’avvocato Roberto Cerboni.

L’aggressione

Le indagini erano partite dopo un episodio di violenza avvenuto in città, per strada, alla fine del gennaio 2020; a proposito del quale, però, il giudice nota ricostruzioni parzialmente diverse. Ci sarebbe stata un’aggressione, con delle spinte, nel giorno in cui le querelanti avevano depositato la lettera di dimissioni; i protagonisti non sarebbero stati esattamente gli stessi nella sequenza, Ci sarebbero comunque stato il direttore e le dipendenti, una delle quali sposata con un appartenente alle forze dell’ordine. Erano poi state denunciate le molestie e anche gli approcci fisici, denunce risultate convergenti: si parlava di richieste a sfondo sessuale, come quelle di rapporti orali, di carriere che avrebbero dovuto passare sotto la sua scrivania, di riferimenti inopportuni a rapporti tra marito e moglie. Altri dipendenti avevano confermato l’abitudine del direttore a fare battutacce e l’atteggiamento un po’ volgare di quest’ultimo; ma avevano anche negato che vi fossero le condotte oggetto della denuncia. Alcune dipendenti avevano specificato di aver posto precisi dei paletti alle battutine che venivano lanciate dal direttore e al suo «irrefrenabile impulso a fare apprezzamenti».

I rapporti di lavoro

Il giudice prende un punto fermo, a cavallo tra il 2019 e il 2020, e cioè quando uno dei due team al lavoro nell’azienda (quello di tre querelanti) non aveva raggiunto gli obiettivi prefissati per ambire a qualifiche aziendali superiori: una testimone sentita dalla difesa aveva indicato proprio quello come motivo della rottura dei rapporti. Inoltre, un’altra testimone ha parlato di atteggiamenti provocatori tenuti dalle querelanti nei confronti del direttore. E, soprattutto, il giudice ha tenuto in considerazione quei messaggi Whatsapp recuperati dalla difesa che fanno emergere «una realtà che contrasta con la figura del direttore descritta dalle querelanti, le quali in più occasioni mostrano ammirazione e approvazione della sua personalità». Tra l’altro con date da mettere in relazione ai tentativi di abbraccio o comunque di molestie descritti nelle querele. «Viene il dubbio che comportamenti in realtà non sgraditi lo siano diventati ex post dopo la rottura dei rapporti a seguito del mancato conseguimento degli obiettivi di vendita».

Il risentimento

E allora il risentimento, sempre secondo il giudice, potrebbe essere stato originato dalla mancata promozione, dal mancato raggiungimento degli obiettivi: è da quel momento che il team comincia a lamentarsi. E nelle chat ci sono solo riferimenti a questioni di lavoro, mai di molestie sessuali. Il tenore di questi messaggi «lascia trasparire come le querelanti volessero creare con le proprie dimissioni il maggior disagio possibile, prefigurandosi una reazione da parte del direttore, e viene il dubbio circa le reali del trio». Un dubbio che nasce nel giudice a proposito dell’episodio dell’aggressione e che «a maggior ragione si riflette su tutte le altre condotte oggetto di contestazione, sotto il profilo quantomeno della loro natura effettivamente molesta e sgradita alle parti offese».

No alla calunnia

E allora ci saranno conseguenze per le ex dipendenti che lo avevano denunciato, visto che il direttore è stato assolto? No. Perché lo stesso dubbio che conduce all’assoluzione, porta il giudice anche a «non disporre l’invio degli atti al pm per il reato di calunnia a carico delle querelanti, in relazione quantomeno alla diversa consistenza delle condotte addebitate».

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