«Pesucci non c’entra» Barone parla in aula e scagiona ex sindaco
Amici Miei, il geometra interrogato per due ore in Tribunale Si è come liberato di un peso a tre anni dall’arresto
GROSSETO. «Elismo Pesucci non c’entra niente. Ho fatto tutto di testa mia. E quando ho falsificato le aste, l’ho fatto solo per guadagnare tempo e limitare i costi». Una “confessione” che è come una liberazione. Per la prima volta, Emanuele Barone si libera di un peso che portava dietro da anni. Uno dei principali imputati dell’inchiesta “Amici Miei” parla per quasi due ore davanti ai giudici del processo nei confronti dell’ex sindaco del Comune di Campagnatico, di cui era stato dipendente in qualità di responsabile dell’ufficio lavori pubblici.
Aveva già parlato in interrogatorio, ai tempi della detenzione, nel 2009. Ma mai in modo così ampio. Lui era già stato giudicato nell’ambito di questa inchiesta, nel 2010 (3 anni e 3 mesi, più una confisca dal valore contestato in varie sedi giudiziarie), ma aveva patteggiato: non aveva quindi parlato. Geometra, 58 anni, dopo la sentenza è in affidamento ai servizi sociali. Il suo percorso di riabilitazione è alla Fondazione Il Sole. È lì che si svolge la sua attività di volontariato. È con i ragazzi de Il Sole che è possibile vederlo alla Messa della domenica.
Ma è in Tribunale, dove in questi mesi il suo nome è circolato più volte sulla bocca di tanti testimoni, che Barone (assistito dall’avvocato Oneto) parla dei suoi anni a Campagnatico. «Mai ricevuto pressioni dal sindaco per far vincere quella ditta o quell’altra - dice sicuro rispondendo a una domanda del difensore di Pesucci, Leporatti - Al massimo mi raccomandava di far lavorare ditte locali per quanto possibile». Barone parla del figlio, dei lavori da questi eseguiti e della sua assunzione alla Campagnatico Servizi. Parla della presunta bustarella dell’appalto Edilux, ricevuta «in bagno» dal coindagato Melani, 11mila euro che sarebbero però stati destinati esclusivamente a ripianare i debiti di una squadra di calcio, tra l’altro ricevuti a distanza di molti mesi dall’aggiudicazione dell’appalto. «Mai preso somme di denaro per me». Il sostituto procuratore Pizza lo incalza: ma perché falsificare l’asta? «Perché i soldi non sarebbero bastati, perché avremmo perso i finanziamenti, perché avremmo dovuto aspettare due anni. E non potevamo aspettare per mettere in sicurezza quelle opere», dice riferendosi al parcheggio multipiano. Un modo per fare prima. Affidarsi a ditte di fiducia in cambio della certezza del risultato. «Ho fatto tutto da solo, però. Il sindaco, gli assessori non sapevano nulla».
Poi l’udienza - che ha visto parlare anche l’ingegner Massimo Goretti che fece in subappalto i lavori di messa in sicurezza del muro di via Roma e il luogotenente della guardia di finanza Paolo Napolitani che seguì le indagini - si chiude. Nuovo appuntamento il 5 dicembre e poi un programma serrato già stilato: 19 dicembre e 16 gennaio. Si chiude con un saluto molto cordiale - come l’interrogatorio, del resto - tra Barone e il pm che per lui aveva chiesto il carcere: il geometra aveva trascorso tre mesi in galera per poi passare ai domiciliari.
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