Il Tirreno

Grosseto

Altra Città, don Enzo passa la mano

Guido Fiorini
<strong>ALTRA CITTÀ.</strong> Don Enzo Capitani (a sinistra) con Simone Giusti
ALTRA CITTÀ. Don Enzo Capitani (a sinistra) con Simone Giusti

Resterà "custode dei valori" nella Fondazione, Simone Giusti nuovo presidente

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GROSSETO. Don Enzo Capitani passa la mano. E lo fa dopo oltre vent'anni di battaglie nel sociale, senza un euro di contributi pubblici, ma solo attivando le risorse delle persone e della comunità.
Ma con Simone Giusti alla presidenza, eletto qualche giorno fa, l'associazione l'Altra Città è pronta a fare un altro salto di qualità. È una piccola rivoluzione quella che è andata in scena in questi giorni all'Altra Città, l'associazione che riunisce altre tredici realtà operanti nel campo del sociale, dalla tossicodipendenza al disagio familiare, dall'indigenza alla tutela legale gratuita, passando per la formazione e l'avviamento al lavoro. Il nuovo consiglio dell'associazione è giovane e dinamico. E don Enzo Capitani, storico fondatore del Ceis di Grosseto prima e poi dell'Altra Città, resta a presiedere la fondazione, custode dei valori e delle risorse del mondo del volontariato.

Realtà radicata.
L'Altra Città è una realtà radicata a Grosseto, con 360 soci, 137 volontari, 114 dipendenti, oltre 4,5 milioni di fatturato. Una realtà che al momento segue 13 progetti a livello provinciale e regionale per circa 850mila euro, 8 persone impegnate a tempo pieno, 41 corsi di formazione attivi per oltre 400 persone, oltre 3000 ore di docenza. Inoltre realizza numerose collane di libri per la formazione.

Dagli anni '80.
Una storia, quella dell'Altra città, che ha le proprie radici all'inizio degli anni '80, quando la droga a Grosseto era un flagello: la città era al vertice del consumo in Italia insieme a Verona. Il dramma di tante famiglie fu la molla che spinse don Enzo Capitani, parroco dal 1978, a impegnarsi nel sociale. «Volevo contribuire a costruire una società nuova. E a combattere una piaga che stava mettendo in ginocchio la città, sia per la droga, sia perché si iniziava a scoprire il mondo dell'Aids. Il 95% dei giovani che assistevamo era Hiv positivo. E molti di loro, purtroppo, ora non ci sono più. Così nacque il Ceis».
Nacque il Ceis, nacque l'associazione La Strada, che si occupava di Aids, nacquero Aise e Coop Solidarietà è crescita, per prevenzione e reinserimento. «Alla base c'era il volontariato - dice ancora don Enzo - e la convinzione che l'assistenzialismo non era sufficiente. Oltre a fare prevenzione, ai giovani dovevamo fare un'opportunità di lavoro. Nel 1987 Grosseto aveva il 15% di disoccupati, come ad Avellino. Fu allora che ci convincemmo che la strada della cooperativa sociale era la migliore e ne nacquero subito due, una di tipo A e una di tipo B. Mancava, però, un coordinamento di tutti questi soggetti».

La seconda fase.
Ecco, nel 1997, l'Altra Città. Iniziava la seconda fase, che usciva dalla logica della risoluzione dei problemi per lavorare sul potenziamento delle persone e sulla costruzione di reti e legami di fiducia. «Volevamo dare alle persone, valorizzando il ruolo del volontariato, la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità. Prima su Grosseto, poi ci siamo alleargati ad Albinia (con Agape, ndr), l'ultima associazione nata è Avvocati per niente, che dà tutela legale a chi non può permettersela».

La fondazione.
Un ruolo decisivo, dal 2006, l'ha poi avuto la Fondazione. Perché, e don Enzo e Simone Giusti ci tengono a sottolinearlo, pur partecipando a molti bandi pubblici (nazionali ed europei), l'Altra Città non ha mai avuto sovvenzioni. «Abbiamo voluto dare - dicono insieme - un segnale alla società civile. E cioè che il volontariato non può essere soggiogato a logiche di protezionismo e acquiescenza politica. Il servizio è dettato solo dal bisogno. E se il bisogno non c'è, si chiude. Insomma, le amministrazioni possono cambiare, ma la nostra linea resta autonoma. Una linea difficile da far capire, a molti soggetti».
Decisiva, quindi, è stata la Fondazione l'Altra Città: «Siccome l'autonomia deve essere anche economica - spiega don Enzo -, le risorse ce le cerchiamo da soli. La Fondazione non è una onlus, ma ridistribuisce le risorse nell'associazione. Abbiamo alcuni immobili, donati da un privato, che ci danno una rendita. Abbiamo altre donazioni. Ma sempre nel nome della stessa idea, di cui io, restandone alla presidenza, sono custode. Ma ora, per l'associazione, è il momento di passare la mano».

Nuovo presidente.
Da qualche giorno, quindi, Simone Giusti presiede l'Altra Città. Accanto a lui Fabio Sciarretta di "Querce di Mamre", associazione che mette a disposizione posti letto al Cottolengo 365 giorni all'anno per "senza fissa dimora" e Walter Finocchi, della coop Solidarietà è Crescita. Inizia la terza fase dell'Altra Città, che punta sulla centralità del lavoro, sia per la produzione vera e propria, sia per la formazione. «Per noi il lavoro - dice Simone Giusti - è strumento per l'esercizio dei diritti civili e della partecipazione critica alla vita sociale. E l'orientamento è educazione alla scelta, che è cosa diversa dal collocamento. Pensiamo che il problema non sia l'incrocio domanda-offerta, ma rendere le persone più capaci di gestire le proprie decisioni in base a competenze, limiti, motivazioni».
Eppure a Grosseto il lavoro è ancora un grosso problema: «A mio avviso i centri per l'impiego non hanno saputo fare il salto di qualità. Qui c'è ancora il sogno del posto pubblico fisso, o del negozietto aperto con la liquidazione dei genitori. E, dall'altra parte, c'è difficoltà a far restare qui i laureati più capaci. Si è appena costituito il consorzio Grosseto Lavoro: può essere un'opportunità, in questa staticità. Speriamo che si sfrutti al meglio».

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