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Kean, alla Juventus pensaci tu: con i bianconeri è sfida degli ex


	Moise Kean
Moise Kean

Nico Gonzalez nell’undici iniziale, Vlahovic invece parte dalla panchina

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FIRENZE. Stessa storia, stesso posto, stesso… stadio. Gli anni, è inevitabile, passano velocemente e si portano via tutto. Giocatori, allenatori, presidenti. L’evoluzione della tecnica, diventata poi tecnologia, ha trasformato anche il pallone e i suoi protagonisti in campo. Ma ciò che non cambia mai sono le emozioni, le rivalità. Così, quasi cent’anni dopo quel primo cocente incontro, ritorna al Franchi Fiorentina-Juventus. Una partita che rappresenta uno degli ultimi baluardi di questo calcio italiano ormai quasi del tutto scevro di passione e sentimento. Rivalità viscerale anche perché molto più difficile da conservare e alimentare, in mancanza di vicinanza geografica.

Gli anni passano, certo. Fiorentina-Juventus non è più quella sfida tra professionisti e semidilettanti in maglia biancorossa andata in scena in un fumoso pomeriggio piemontese dell’ottobre 1928: i bianconeri segnarono undici reti, manchevoli della minima pietà per l’avversario, inconsapevoli di andare a scolpire così un nemico che non avrebbe mai dimenticato l’affronto. Fiorentina-Juventus non è più neanche il duello a distanza per lo scudetto del campionato 81/82, che si chiuse con la seconda stella juventina, né il doppio confronto della finale di Coppa Uefa del ‘90.

Non è quel clamoroso 4-2 del 20 ottobre 2013: la Juventus che a fine stagione avrebbe firmato il record dei 102 punti arrivò a Firenze così clamorosamente, tipicamente convinta di sé che Tevez e Pogba si permisero di emulare la mitraglia che fu marchio di fabbrica di Batistuta; un affronto talmente ingiurioso che il karma non poté esimersi dal rispondere, nella forma di quel folletto tanto talentuoso quanto sfortunato che risponde al nome di Giuseppe Rossi.

La partita di oggi pomeriggio mette di fronte due squadre innegabilmente deluse, dopo una stagione dove l’equilibrio tra luci e ombre tende irrimediabilmente all’oscuro, che proprio in questa sfida potrebbero ritrovare le energie per lanciare la volata finale. Lo score perfettamente reciproco delle ultime cinque partite di campionato - una vittoria e quattro sconfitte per la Fiorentina, quattro vittorie e una sconfitta per la Juventus - racconta solo in parte la storia. Motta è invischiato nella burrasca più profonda: la debacle contro l’Atalanta ha spezzato la fragile speranza di una rimonta scudetto e potrebbe aver già decretato la fine della sua esperienza sulla panchina bianconera. Un amore mai sbocciato con tutto l’ambiente, tanto che al Franchi non saranno presenti i gruppi del tipo organizzato juventino. Palladino invece può cercare di scrollarsi di dosso un altro periodo negativo veleggiando sugli effetti del successo di coppa contro il coriaceo Panathinaikos, consapevole che cinque punti di distacco sull’Europa sono recuperabili in un campionato dai risultati spesso sorprendenti.

Entrambi gli allenatori cercheranno di fare risultato senza sottrarsi all’utilizzo di coloro che un tempo vestivano la maglia avversa. È il caso di Nico Gonzalez, pronto a calarsi nella trequarti bianconera al fianco di Yildiz e McKennie per sostenere Kolo Muani, relegando in panchina l’altro grande ex Vlahovic; Palladino risponderà con Kean, vice capocannoniere del campionato fuggito da Torino in estate, mentre Fagioli dovrebbe far posto ai rientranti Mandragora e Adli. La Fiorentina dovrebbe riproporre il vestito indossato nella notte di Conference: difesa a tre, con Pablo Marì più che Comuzzo, solido centrocampo e il redivivo Gudmundsson a fare da spalla a Kean. Ma le scelte tecnico-tattiche contano il giusto, alla resa dei conti. Giocatori, allenatori, presidenti: tutto cambia, quel che resta è l’essenza stessa del calcio. E se è vero il detto che ogni partita ha una storia a sé, Fiorentina-Juventus ne ha una che vale sempre qualcosa in più.

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