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In Palazzo Vecchio oro, lapislazzuli e animali acquatici: la sala delle Carte torna a splendere. E il Mappamondo è una sorpresa

di Sabrina Carollo
Una vista della Sala delle Carte geografiche di Palazzo Vecchio restaurata
Una vista della Sala delle Carte geografiche di Palazzo Vecchio restaurata

Presentato il restauro nella famosa stanza nel palazzo del Comune di Firenze. E si scopre che l’autore del Mappamondo non è quello che si credeva finora

28 novembre 2024
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FIRENZE. Il mappamondo di Palazzo Vecchio cambia nome. Durante il lungo e articolato restauro della sala delle carte geografiche e del titanico globo che troneggia al centro, le analisi tecniche fatte dalla restauratrice Marica Milanesi e i documenti inediti relativi ritrovati dalla studiosa Serena Pini hanno rivelato che il grande globo, realizzato da Egnazio Danti nel 1564-69 e finora a lui attribuito, è stato completamente demolito dal lavoro di Matteo Neroni tra il 1605 e il 1613, che ha ricostruito poi il mappamondo secondo lo stile e le conoscenze del suo tempo.

Un piccolo colpo di scena che ha cambiato letteralmente l’attribuzione del lavoro: se anche si sapeva che Neroni aveva modificato il lavoro originario di Danti, non era chiaro quanto drasticamente fosse intervenuto, di fatto arrivando fino negli strati più interni e lasciando dell’originale solo la parte principale dell’armatura in ferro. La scoperta è stata annunciata con la conclusione dei lavori di recupero delle 53 grandi carte geografiche della sala omonima, dei 13 armadi monumentali che la arredano su cui le carte sono collocate, e naturalmente del globo, le cui dimensioni – e le delicate condizioni di conservazione – non hanno consentito che fosse spostato da Palazzo Vecchio.

Il restauro è durato tre anni, senza mai interrompere il flusso di visitatori, tranne che nel periodo in cui è stata rifatta la pavimentazione. Il risultato è splendido ed evidente, fatto del blu lapislazzuli dei mari tornato acceso, interrotto da onde e velieri che li solcano, e da animali acquatici in bianco; e ancora le scritte in oro che sono tornate a splendere, le terre ocra e malachite, le isole e le città rosse e le linee del reticolo geografico. La pulitura del globo in particolare è stata complessa: collocato inizialmente a Palazzo Pitti, spostato poi nel terrazzo degli Uffizi venne quindi sistemato nel 1776 nel Museo della Specola, dove nel secolo successivo venne esposto agli agenti atmosferici perché ricollocato nel cortile. Riportato nella sala di Palazzo Vecchio per cui era stato ideato, pur restaurato non aveva mai ricevuto un trattamento così profondo e appariva molto scuro, quasi illeggibile.

Ora, nonostante le lacune e le consunzioni, è di nuovo possibile osservare quale fosse l’immagine della terra nel XVII secolo. Dall’imponente diametro di oltre due metri, il globo è il più antico tra quelli di grandi dimensioni arrivato fino a noi. Era stato voluto da Cosimo I de’ Medici come parte di un grandioso progetto di cosmografia - e di autocelebrazione, visto che Cosimo e cosmo sono parole molto simili – in cui riunire 57 tavole geografiche e un secondo globo rappresentante la volta celeste.

Il progetto non venne portato a conclusione, ma resta una sala sorprendente, una delle più amate e affascinanti del percorso museale, con le diciture e le curiosità delle sue carte apposte sugli armadi, che un tempo contenevano arazzi e manufatti tessili, poi oggetti in argento e oro e infine armi. I lavori, finanziati dalla Fondazione Friends of Florence, hanno permesso di strutturare un laboratorio di restauro in loco, di aggiornare gli impianti di illuminazione e di creare, in collaborazione con il museo Galileo, un sito web dove esplorare la sala in 3D in modo interattivo: uno strumento utile per i ricercatori e interessante per il pubblico, che può approfondire contenuti e leggere agevolmente i testi.

 

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