Muore dopo l’infezione presa nell’ospedale toscano: Asl condannata a risarcire le figlie
Il giudice: quello che doveva essere fatto subito venne predisposto due giorni prima del decesso, troppo tardi
FIRENZE. Aveva seri problemi di salute, ma aver contratto un’infezione in ambiente sanitario, poi ignorata dai medici di due presìdi ospedalieri, l’ha prima debilitata e poi portata alla morte. Aveva 77 anni la pensionata di Prato deceduta nel febbraio 2012 dopo un calvario di mancate diagnosi e relative cure iniziato un mese prima. Quello che doveva essere fatto subito o quasi venne predisposto due giorni prima del decesso. Troppo tardi. A distanza di oltre 12 anni dall’episodio, il Tribunale di Firenze ha condannato l’Asl Toscana Centro a risarcire le due figlie della paziente con una somma che supera i 700mila euro. I tentativi stragiudiziali portati avanti dai familiari nel tempo non sono mai andati a buon fine.
Di qui la causa durante la quale le consulenze tecniche d’ufficio hanno chiarito al giudice tempi, diagnosi e inerzie di chi avrebbe dovuto prendersi cura della paziente con approfondimenti che non ci sono stati. A uccidere la paziente fu “Clostridium difficile”, un batterio che colpisce con percentuali significative i ricoverati in ospedale.
La storia
Il primo ingresso al pronto soccorso per difficoltà respiratorie risale al 2 gennaio 2012. La signora entra all’ospedale Serristori di Figline Valdarno dove resta dieci giorni. In questo lasso di tempo viene monitorata a livello cardiaco, visto che soffre di scompensi importanti. Viene dimessa il 12 e, dopo una caduta in casa con frattura di un femore, il 24 gennaio torna in ospedale. Stavolta è quello di Prato. Qui si accorgono che la paziente ha una diarrea cronica e le viene prescritta una terapia antibiotica. Il 2 febbraio la situazione precipita e la 77enne muore.
Sono le consulenze depositate da professionisti di Padova a fare chiarezza e a scrivere la sequenza accolta dal Tribunale: «La mancata diagnosi precoce dell’infezione ha determinato il ritardo nella somministrazione della terapia antibiotica specifica (con prosecuzione di quella empirica) che ha poi determinato il decesso per “una condizione di shock settico da cui è derivata l’insufficienza multiorgano, causa finale della sua morte”», si legge nella sentenza.
Il giudice
Il giudice ricorda che doveva essere diagnosticata l’infezione già nel corso del primo ricovero. Al Serristori, nonostante i chiari sintomi di infezione, «i sanitari non eseguivano idonei accertamenti per diagnosticarla e imprudentemente la dimettevano». Di fatto, l’infezione fu contratta al Serristori di Figline e la diagnosi di “Clostridium difficile” che avrebbe potuto cambiare il corso della storia della paziente poteva e doveva essere anticipata. E avrebbe salvato la vita alla donna. Non aver capito l’insorgere dell’infezione, né disposto esami specifici, ha provocato il ritardo nella somministrazione della terapia specifica con peggioramento del quadro clinico, ma anche «l’inopinata prosecuzione della somministrazione di antibiotici sistemici, come ad esempio il ceftriaxone, aspetto che ha contribuito alla persistenza/peggioramento del quadro clinico».
Il nesso
La donna non è morta per i gravi problemi di cuore di cui pure soffriva. Il nesso causale sollevato dalla Ctu e fatto proprio dal giudice «fu la carente gestione infettivologica della paziente ad essere stata una rilevante concausa della morte. Dunque, è deceduta per le inadempienze relative all’infezione da “Clostridium Difficile”, in assenza di comorbidità tali da poter giustificare di per sé il decesso, ove lo stato infettivo fosse stato più adeguatamente indagato e trattato», conclude il Tribunale di Firenze.
Con una chiosa significativa. Prima delle dimissioni dall’ospedale Serristori di Figline Valdarno gli infermieri nella cartella clinica avevano segnalato «un netto aumento delle scariche diarroiche». Una criticità evidente a cui non seguì alcun accertamento. Nella ricostruzione del ricovero e di quello che è stato fatto per la signora è stato accertato che l’infezione da “Clostridium Difficile” «è correlata alla carente assistenza igienico sanitaria ed è stata contratta, con elevata probabilità, nel primo ricovero presso l’Ospedale Serristori di Figline Valdarno e che la diagnosi è stata tardiva nonostante l’evidente sintomatologia: la terapia è stata iniziata soltanto 48 ore prima del decesso». Insomma, quasi un mese dopo aver contratto l’infezione. Ecco perché l’Asl centro è stata condannata a risarcire la famiglia.
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