Maltempo
Mostro di Firenze, analisi sulla tenda agli Scopeti: un dettaglio può riaprire il caso
Le nuove indagini chieste dai legali di Vanni per la revisione della pena
FIRENZE. Un nuovo spiraglio per cercare la verità sul Mostro di Firenze potrebbe arrivare da un piccolo squarcio nella tenda di due delle vittime. È iniziata il 4 novembre in procura a Firenze, su richiesta dagli avvocati Antonio Mazzeo e Valter Biscotti, difensori dei familiari di Mario Vanni, l'ex postino di San Casciano morto nel 2009, l'analisi della tenda in cui il serial killer, nel settembre 1985, sorprese Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili agli Scopeti. La richiesta della difesa è contenuta nell’istanza di revisione della condanna all’ergastolo per Vanni. Gli accertamenti vengono svolti per verificare le condizioni dell'esistenza di eventuali tagli sulla tenda, reperto che la procura fiorentina ha messo a disposizione.
I consulenti e i legali
I legali dei familiari di Vanni hanno incaricato due consulenti, Francesco Cappelletti, e l’esperto in materia tessile Primo Brachi: quest’ultimo redigerà la consulenza per giustificare l’istanza di revisione della condanna che i due legali stanno predisponendo per conto dei familiari di Vanni. «Ringraziamo la fattiva collaborazione della procura della Repubblica che ci ha messo a disposizione tutto quello che abbiamo chiesto per le nostre attività legale alla richiesta di revisione», ha detto l’avvocato Valter Biscotti. «Chiederemo copia di tutti gli atti relativi al duplice omicidio attribuito al Mostro di Firenze avvenuto a Baccaiano di Montespertoli nel 1982, in cui persero la vita Paolo Mainardi e Antonella Migliorini», ha spiegato ancora l'avvocato Valter Biscotti. «Chiederemo soprattutto copia delle carte non depositate al dibattimento – ha aggiunto –, perché siamo convinti che il serial killer, nel luglio 1982, temendo di essere scoperto, abbia "pinzato" una busta contenente un proiettile della pistola calibro 22 al fascicolo del duplice omicidio del 1968». Secondo il legale «non vi è alcuna prova della corretta catena di custodia di quei reperti: quel fascicolo è stato manomesso dal serial killer proprio per depistare le indagini verso la pista sarda, che poi si è rivela un bluff».