Firenze, dove i ristoranti muoiono: cosa sta succedendo? Le cause della raffica di chiusure
Perdita del 5,3%. Il presidente di Ristoratori Italia, Raffaele Madeo: «Dobbiamo porre un limite alle catene»
FIRENZE. Turismo con numeri da capogiro ma i ristoranti fiorentini sono in perdita. Questo il quadro riportato dall'analisi dell'Osservatorio Ristorazione (di Ristoratoretop società che si occupa di marketing e consulenza per attività del settore). La spesa alimentare fuori casa raggiunge gli 89,6 miliardi di euro, ma 28.012 imprese del settore hanno cessato l'attività.
I dati
E Firenze si attesta con una perdita pari a -5,3% sul 2022, confermandosi la città con più ristoranti falliti in Italia, seguita da Roma (-3,4%) e Milano (-1,69%). Una doccia fredda per la nostra città, ma che non sorprende Raffaele Madeo, presidente di Tni Ristoratori Italia (Tutela nazionale imprese), che sostiene che la chiusura delle “botteghe del gusto” sia una diretta conseguenza di alcune scelte «da rivedere»: «Firenze deve fare i conti con un turismo di bassa qualità, diverso rispetto a quello di Venezia. Chi visita la nostra città, tra pochi anni non avrà modo di assaggiare piatti cucinati da ristoranti gestiti da famiglie. Al contrario, se lasciamo che le grandi catene prendano possesso del centro storico, Firenze si trasformerà in un grande centro commerciale, l'ennesima copia di una città americana».
Le cause
Madeo infatti si riferisce ai colossi dell'industria alimentare statunitense, come Starbucks, la nota catena di caffè e frappè, e Kentucky Fried Chicken, un fast food specializzato nel pollo fritto speziato. Secondo il presidente, entrambi i marchi sono alla ricerca di fondi nel centro storico, dopo le loro recenti aperture avvenute nei centri commerciali e in altre zone limitrofe della città. «Dobbiamo porre un deciso limite, anche se queste catene garantiscono importanti investimenti. Dopo l'apertura dello Starbucks in via Canova – spiega – si prospetta un periodo di chiusure di bar e pasticcerie. Catene come queste ci mettono poco a conquistare il mercato e le giovani generazioni rischiano di perdere il senso del gusto», continua Madeo. La causa della perdita della qualità, secondo il presidente, è da ritrovare anche nell'assenza di personale qualificato, dei cosiddetti “artigiani del gusto”. Da qui una serie di proposte, presentate nei mesi scorsi da Tni Ristoratori Italia: normative sulle distanze, regolamentazione dell’accesso alla professione, creazione di un organismo di tutela e ispezioni, sanzioni. In poche parole, c'è la necessità di diffondere le giuste competenze attraverso l'istituzione di scuole e di controllare i requisiti delle attività commerciali con stime esposte all’esterno dei locali, valutati dalla A alla F, dove la prima lettera indica qualità e igiene mentre la seconda obbliga una chiusura immediata. Tni Ristoratori Italia chiede in sostanza l'introduzione della patente a punti per il commercio e la ristorazione. E aggiunge Madeo: «Si tratta di una proposta già presentata alla sindaca , Sara Funaro, e al presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.
In disaccordo
Non è d'accordo Lapo Cantini, responsabile di Confesercenti Firenze, che sostiene che il problema delle chiusure sia più di carattere generale: «Il vero problema è fare impresa. La chiusura delle attività è una piaga che riguarda sì il centro storico, ma anche e soprattutto le zone periferiche: oggi è tutto un costo, dalle diverse utenze, alle spese per il personale fino all'affitto, e questo rende davvero complessa la gestione di una qualsiasi attività commercial».