Elezioni a Firenze, Funaro avanti di 10 punti: si va al ballottaggio. Schmidt: «Si può recuperare»
Si conferma lo scontro tra i due poli atteso alla vigilia ma non c’è vittoria di nessuno al primo turno. Sotto il 10% Del Re e Saccardi
FIRENZE. Lei avanti, molto più di quanto pronosticassero i sondaggi. E senza più l’assillo di Renzi a doppia cifra, dice: «Mi appellerò ai fiorentini, da domani la sfida è tra noi e la destra». Lui inchiodato dieci punti sotto, con pochi margini per trattare con nuovi alleati, convinto però che «si possono recuperare». Nessuno parlerà con nessuno. No, non nel senso che Sara Funaro e Eike Schmidt siano decisi a trascorrere le prossime due settimane su un eremo fiorentino. Ma nessuno dei due deciderà il ballottaggio proponendo un apparentamento a chi è rimasto fuori.
A Firenze non si andava al secondo turno dal 2009, dal match Matteo Renzi-Giovanni Galli. Non lo farà l’assessora del Pd voluta come candidata nel capoluogo in primis dal sindaco uscente Dario Nardella. Funaro ieri è rimasta per tutto il giorno nel “fortino” del suo comitato elettorale a Porta al Prato, ma è intorno alle 18 che arrivano le proiezioni liberatorie. La nipote del sindaco dell’alluvione Piero Bargellini va oltre il 43% con una coalizione che orbita di fatto intorno al Pd, a cui contribuiscono Alleanza Verdi e Sinistra, Azione e + Europa e altre liste civiche fra cui la sua personale.
L’ex direttore degli Uffizi, sceso in campo come civico appoggiato dal centrodestra a trazione meloniana, si ferma al 33%. L’italo-tedesco gettato in politica dal ministro Gennaro Sangiuliano e dal plenipotenziario di FdI Giovanni Donzelli ora dice di credere nel ribaltone, di poter recuperare i 10 punti di distacco puntando su sicurezza e viabilità, i talloni d’Achille della gestione Nardella. Ma sa che non sarà facile, soprattutto perché se c’è un’evidenza sancita dalle urne è la sopravvalutazione del sentimento “anti-Dario” su cui gli strateghi della destra erano sicuri di poter costruire le fortune del museologo di Friburgo. Il voto certifica il contrario: se Funaro tiene bene lo deve anche all’eredità del sindaco, che alle Europee totalizza in Toscana oltre 60mila preferenze, di cui 12mila nel capoluogo.
Ed è proprio il risultato dei dem a trainare Funaro oltre la soglia più che psicologica del 40. Fosse stata sotto, con tutta probabilità si sarebbe dovuta acconciare a negoziare con la renziana Stefania Saccardi o con Cecilia Del Re, l’ex assessora silurata da Nardella, due con cui da settimane in sostanza son botte da orbi, veleni, frecciatine, accuse e controaccuse come se non fossero l’una vicepresidente della giunta Giani e l’altra ex collega. Sono i numeri a blindare la strategia della candidata dem che corre per diventare la prima sindaca donna di Firenze. Non solo l’effetto Elly sui dem consente al Pd fiorentino di tenere al 30% - di fatto un exploit se si considera la frammentazione delle anime dem, in parte assorbite dalla stessa lista di Funaro e da quella dell’eretica Del Re arrivata oltre il 6% - ma potrebbe essere il risultato deludente di Saccardi, ferma al 7,3%, a consentire al centrosinistra un ballottaggio meno thriller. Sceso in campo in prima persona, non senza attacchi duri a Nardella e alla stessa Funaro, Matteo Renzi vede evaporare il sogno di poter fare da ago della bilancia.
E la renziana del resto ne è consapevole: «Noi siamo aperti al dialogo con tutti – dice –. Ma nessuno mi pare abbia fretta di dialogare con noi». Funaro in fondo punterà tutto sul voto utile e una narrazione manichea: da una parte la sinistra antifascista, dall’altra la destra destra, altro che moderatismo aristotelico con cui Schmidt ha provato a stemperare la tradizionale ritrosia della città per qualsiasi cosa olezzi di fascio-friendly.
L’ex direttore degli Uffizi, poco aiutato da FdI (che qui totalizza il 13%), poco da FI e e Lega (entrambe relegate al 5%), si farà forte del quasi 10% raccolto con la sua lista civica e anche lui è convinto di poter «parlare direttamente ai fiorentini». Certo, se vuole una chance dovrebbe convincere gli elettori di Saccardi e Del Re del suo aristotelico moderatismo. E magari quelli della sinistra radicale di Dmitrij Palagi a una improbabile svolta a destra. Insomma, dovrebbe sperare in un ribaltone anti-sistema. Intanto il Pd potrebbe aprire il dialogo col M5s, al quale - certificano le analisi dei flusso elaborate dall’Istituto Cattaneo - in fondo ha già soffiato il 25% dei consensi incassati alle Politiche.