Il Tirreno

Firenze

L’omicidio

Firenze, commerciante ucciso: spunta una pista, investigatori sulle tracce dei killer

di Matteo Leoni
Il sopralluogo del procuratore capo Filippo Spiezia sul luogo del delitto
Il sopralluogo del procuratore capo Filippo Spiezia sul luogo del delitto

Il settantaduenne era vestito, addosso aveva ancora il giubbotto, le mani legate dietro la schiena con del nastro adesivo

03 dicembre 2023
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FIRENZE. Ancora tanti lati oscuri ma anche degli spunti investigativi, che in queste ore avrebbero permesso di dare una direzione alle indagini sul caso del commerciate iraniano Kiomars Chaikar Safaei, trovato morto giovedì scorso nella sua abitazione di via Francesco De Pinedo a Novoli. Gli agenti della squadra mobile della polizia starebbero seguendo una pista. Nel corso della giornata di ieri sarebbero molte le persone che sono state ascoltate negli uffici della questura, per fare luce sul contesto nel quale è maturata l’aggressione. Insomma si lavora senza sosta, nell’intento di stringere rapidamente il cerchio intorno al responsabile, o più probabilmente ai responsabili.

Ieri è stata eseguita l’autopsia, disposta dal pm Sandro Cutrignelli che dirige le indagini, sul cadavere del settantaduenne. L’esito, su cui gli inquirenti al momento mantengono il massimo riserbo, non avrebbe però fornito elementi decisivi per chiarire le cause della morte. Dunque, se anche sul cadavere del settantaduenne fossero stati trovati dei segni di violenza – non visibili da un primo esame esterno eseguito sul posto dal medico legale –, non sarebbe ancora chiaro se siano state le percosse a causarne il decesso.

Il commerciante iraniano sarebbe deceduto la sera di mercoledì, poco dopo essere rientrato a casa dal lavoro. Il fratello e il nipote lo hanno trovato il giorno successivo, dopo essere andati a casa sua, preoccupati per non averlo visto, come ogni mattina, al suo banco al mercato del Porcellino. Il cadavere si trovava a terra, nell’ingresso. Il settantaduenne era vestito, addosso aveva ancora il giubbotto, le mani legate dietro la schiena con del nastro adesivo. In testa un sacco, di tela. Una maglia abbastanza larga da permettergli di respirare, che avrebbe fatto escludere fin dal primo momento lo scenario di una morte per soffocamento.

Nella casa, parzialmente a soqquadro, non sarebbe stato trovato denaro, neppure l’incasso dell’ultima giornata di lavoro. Per questo, una delle ipotesi al vaglio della procura, diretta da Filippo Spiezia, è che possa essersi trattato di una rapina finita male. Forse il sacco messo sulla testa aveva lo scopo di spaventarlo, o di impedirgli di vedere quello che succedeva intorno a lui. È possibile che conoscesse i suoi aggressori. Sulla porta d’ingresso infatti non sono stati rilevati segni di scasso. Potrebbe aver aperto la porta ai suoi assassini, o addirittura essere entrato in casa insieme a loro. Risposte importanti potrebbero arrivare dall’esame delle telecamere, sia quelle di cui è dotato il palazzo che quelle cittadine.

Era un uomo tranquillo Kiomars Chaikar Safaei. Aveva una vita regolare. La mattina presto si recava al suo banco al mercato del Porcellino. La sera tornava a casa sempre prima delle venti. Chi avesse voluto prenderlo di mira non ci avrebbe messo molto a studiare le sue abitudini e i suoi spostamenti. Il suo appartamento, visibile dalle finestre del Palazzo di Giustizia, si trova al sesto e ultimo piano di un condominio. Per cui, se fosse stato aggredito sul pianerottolo di casa, è possibile che nessuno dei condomini se ne sia accorto.


 

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