Il Tirreno

Firenze

Architettura e impianti sportivi

Viaggio nell’Arena Kombetare di Tirana, lo stadio ideato da Casamonti: «Qui le curve abbiamo potuto buttarle giù»

di Danilo Renzullo
Alcune foto dello stadio di Tirana
Alcune foto dello stadio di Tirana

Casamonti aveva aperto le porte al restyling del Franchi ma il suo progetto è stato bocciato perché prevedeva di demolire le curve: «E le scale razionaliste le abbiamo smontate»

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TIRANA. Non solo calcio. Perché sì, quel manto verde è calpestato dai tacchetti dei più importanti calciatori albanesi e d’Europa, ma la struttura che lo ospita rappresenta il simbolo, tutto fiorentino, della rinascita di una città, Tirana, e di un paese, l’Albania. Benvenuti all'Arena Kombetare. Benvenuti all’Arena nazionale, l’Air Albania di Tirana, lo stadio gioiello progettato dall’archistar fiorentina Marco Casamonti che ha aperto le porte (e le idee) al progetto di restyling del Franchi presentato dallo studio di architettura Archea di Firenze, ma “bocciato” dalla Soprintendenza. Che ha posto il suo no soprattutto sull’abbattimento delle curve, ma anche sulla necessità di conservazione degli elementi storici dello stadio fiorentino. Interventi, cioè, che hanno caratterizzato il rifacimento dello stadio albanese. Concezione all’inglese, sull’esempio anche della Dacia Arena di Udine progettata dallo stesso Casamonti, ma “anima” americana. O quasi. Perché l’Arena è diventata anche una macchina di eventi e risorse, conservando allo stesso tempo quei tratti distintivi che un tempo, nella prima metà del Novecento, fecero dello stadio progetto dall’architetto Gherardo Bosio, anche lui fiorentino, un piccolo fiore all’occhiello dell’urbanistica fascista. Quella che, almeno come traccia del passato, resta. Con il suo imponente scalone d’ingresso in marmo, «letteralmente smontato e rimontato in un altro luogo», sottolinea Casamonti.


Come dire, ci può essere innovazione, ma anche conservazione. E allora ecco che il progetto non solo ha trasformato il vecchio stadio in uno dei più moderni d’Europa, ma ha dato impulso al programma di rinnovamento e riqualificazione che il governo albanese ha avviato alcuni decenni fa, trasformando Tirana in un grande laboratorio di architettura moderna. Certo, all’ombra del monte Dajt, a svelarsi sono le contraddizioni architettoniche di una città tradizionalista, ma aperta alla modernità. Tra boutique di lusso e sacche di estrema povertà, tra progetti multimilionari (tra cui l’Alban Tower, il secondo più alto grattacielo dei Balcani progettato da Casamonti e inaugurato sabato scorso) e le brutture di palazzoni di epoca comunista, il progetto di modernizzazione ha colorato, letteralmente, la città di tinte brillanti e vivaci. Opere architettoniche moderne a simboleggiare una rinascita, ad attrarre e trattenere giovani. Dal regime di Enver Hoxha al devastante terremoto del 2019. Che ha rallentato, ma non frenato, un programma di modernizzazione che trova nell’Arena il punto nevralgico di uno sviluppo architettonico, ma non solo. Perché è vero che lo stadio ospita le partite della nazionale e le competizioni internazionali, ma è diventato anche una macchina da soldi. Bar, ristoranti, negozi, boutique, e tanti eventi. Una grande teatro all’aperto che ha trasformato anche il concetto di socialità. Perché lì dove c’erano le curve, adesso ci sono due piazze. E lì, dove c’era solo cemento e marmo, adesso ci sono punti di ritrovo per i tanti giovani che frequentano le aule università. E poi la grande torre dello stadio, ideata e progettata da Casamonti. Che nei suoi 23 piani di altezza ospita uno dei maggiori alberghi di Tirana. E, forse, una delle viste più esclusive. Perché aprendo le tende delle grandi vetrate di una camera dell’albergo, l’affaccio è direttamente sullo stadio. Anzi, nello stadio. Una chicca. Certo, una sorta di ciliegina sulla torta. Quella, cioè, che oggi l’Arena rappresenta per Tirana. Un gioiello, ma anche un vanto. E che, chissà, con la sua firma fiorentina, in parte avrebbe potuto rappresentare anche il primo tassello di rigenerazione del Franchi.
 

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