L’Empoli si riprende casa sua. Sudore, cuore e coraggio: così la classe operaia va in paradiso
Gli azzurri più forti delle assenze contro il Como: Pietro Pellegri segna il gol decisivo
EMPOLI. Avevano ragione Elio Pieri e il suo capolavoro del 1971. Sì, la classe operaia va in paradiso. È quella dell’Empoli che nella sfida tra mondi contro il Como dei multimiliardari (beati loro) fratelli indonesiani Robert Budi e Michael Bambang Hartono s’impone con il gol, il primo in azzurro e il primo degli azzurri in casa in questo campionato dopo 497 minuti (recuperi esclusi) di astinenza, di Pietro Pellegri. Ma lo fa, soprattutto con le armi del proletariato del pallone: sudore, cuore, coraggio. Già perché il compito mica era facile con i giocatori di maggior estro e tecnica, Esposito e Fazzini, ai box con Grassi, un centrocampo da inventare e Goglichidze squalificato. Di assenze, a onor del vero, ne lamentano assai anche i lariani, ma la batteria di attaccanti che Fabregas sgancia tra inizio e corso d’opera è tanta roba, così come la differenza di potenziale economico tra chi interpreta il calcio come affare di famiglia (famiglia Corsi) e chi come showbiz.
Quei 162 giorni
Ma d’altra parte, si sa, i soldi aiutano a vivere meglio ma non fanno le felicità. Quella è tornare a vincere al Castellani dopo 162 giorni. Da quel 2-1 alla Roma che regalò la salvezza. Questo successo no, non basta ma certo mette peso e sostanza a una classifica che dopo le ultime 4 (1 solo punto) era un po’ meno rassicurante e, soprattutto, conferma che l’Empoli è squadra, maledettamente squadra, e all’interno di un gruppo solido riesce a pescare risorse impensate.
La partita
Col Como ci riescono, D’Aversa e i suoi, iniziando con un 3-4-2-1 con De Sciglio (dietro), Haas (in mezzo) e Pellegri (in avanti) alla prima da titolari. Diventa presto un 3-5-2, l’abito degli azzurri, perché gli ospiti (che pure hanno una mediana tutta nuova e ridotta ai minimi termini dalle assenze) partono meglio con Belotti che punge al 1’ e al 5’. E l’Empoli? Poca roba. O meglio, studia e prende le misure di avversari e campo ma là davanti combina bene poco. Tiene botta sempre meglio, però, così all’intervallo si va con più noia che emozioni. La ripresa inizia con gli stessi interpreti, ma è il copione a cambiare. Eccome. Al 2’, infatti, è Pellegri a far saltare il banco bruciando Barba su una errata respinta centrale di Moreno e fulminando l’eterno Pepe Reina con un destro terrificante (per potenza e precisione) che quasi rompe la rete della porta del Como e manda in estasi il popolo del Castellani. È un gol, finalmente, un gran bel gol sul quale gli azzurri costruiscono un successo che, alla fine, non fa un piega. Il Como, infatti, sgancia punte su punte chiudendo con una sorta di 2-4-4, l’Empoli si aggrappa alla sua solita retroguardia di ferro e lascia la briciole. Ma non solo.
La reazione
Con la ripartenze, infatti, costruisce tante occasioni per chiudere il discorso in largo anticipo. Ma tra gli interventi del portiere spagnolo (che “mura” Gyasi al 9’e dice no in tuffo a Maleh al 22’) e Colombo che entra e litiga coi centimetri (fuori di pochissimo al 26’ e di poco al 30’) il raddoppio non arriva e la partita resta aperta. Come detto Fabregas col valzer dei cambi getta nella mischia tutti gli attaccanti e i giocatori offensivi (inclusi gli ex Cutrone, Verdi e infine anche Cerri) che ha a disposizione, D’Aversa risponde dosando le forze e regalando il debutto in Serie A al giovane difensore Marianucci (classe 2004). Piovono palloni dentro l’area di rigore di casa, ma Ismajli le prende quasi tutte (come al solito), Viti e De Sciglio sono degni scudieri e Vasquez dirige il traffico in alta quota come e meglio di un controllo di volo del Jfk di New York. Così quel che resta del tempo, compresi i 4 minuti di recupero, corre via col fiato sospeso ma senza spiacevoli sorprese.
La Locomotiva azzurra
L’Empoli vince, batte una situazione contingente complicata e un avversario decisamente più temibile della sua attuale classifica rimettendo in marcia la locomotiva azzurra. Trionfa la giustizia proletaria direbbe, pardon canterebbe Francesco Guccini...