Muore a cinque giorni dal malore in mountain bike: lo sport empolese dice addio al “Capitano”
Aveva trasformato la sua grande passione in una sorta di missione: soprattutto a favore dei più giovani
EMPOLI. Lo sport è stata la grande passione che lo ha accompagnato per tutta la vita, la promozione dell’attività sportiva, soprattutto tra i più giovani, il suo obiettivo. Ha lottato fino all’ultimo secondo, ma il suo cuore si è fermato oggi pomeriggio, 6 marzo, a cinque giorni da quel malore che lo ha colpito mentre era in sella della sua amata mountain bike, durante una “classica” uscita in compagnia degli amici lungo quei sentieri in grado di regalare adrenalina e paesaggi mozzafiato.
Renzo Busoni, il “Capitano”, non ce l’ha fatta. Si è spento a 62 anni, all’ospedale San Giuseppe dove era ricoverato in rianimazione e dove è stato operato per cercare di far fronte alle conseguenze di quel malore che ha spezzato sogni e progetti. Classe 1962, empolese, sposato con due figli, promotore finanziario di professione, Busoni avrebbe avvertito un lieve malore al petto durante l’uscita in bicicletta con gli amici. «Non sto bene, torno indietro», avrebbe detto ai compagni, che lo hanno invitato – inutilmente – a rimanere fermo in attesa di una chiamata e dell’arrivo dei soccorsi.
Cosa era successo
È stato ritrovato accasciato a terra nella zona di Vitolini dopo oltre un’ora di ricerche. Rianimato sul posto dai sanitari del 118, le sue condizioni sono apparse subito critiche. Amante dello sport, è stato fondatore della squadra di calcio amatoriale “Bfc”, membro del Cai di Fucecchio, è stato anche fondatore dell’associazione Punta Questa per appassionati di trekking, ma soprattutto è stato cofondatore dell’associazione sportiva Gumasio, che dagli anni Novanta riunisce centinaia di appassionati di mountain bike, successivamente aperta anche agli amanti del trekking e del running.
I ricordi e i messaggi
Un hobby, ma non solo. Perché Busoni, man mano, ha trasformato quella sua passione in una sorta di missione, soprattutto a favore dei più giovani. La sua morte ha lasciato senza parole e senza una “guida” centinaia di sportivi amatoriali.
«Ha iniziato ad andare in bicicletta negli anni Novanta e da lì è stata una delle colonne dell’associazione – il ricordo della Gumasio –. Non a caso era soprannominato il “Capitano” perché era in grado di fare tutto, capace di organizzare nei minimi dettagli qualsiasi cosa, era capace di occuparsi di ogni aspetto, sportivo e non, ma soprattutto era un grande aggregatore, riusciva a far gruppo con tutti. Aveva sempre una parola per tutti, sempre un consiglio per tutti. Una perdita enorme per l’associazione e per l’intera città perché ha fatto tanto per lo sport amatoriale e per la crescita di tante discipline e attività. Siamo increduli e devastati dal dolore. Continueremo le attività con il suo spirito, perché è quello che lui vorrebbe».