Il Tirreno

Empoli

Downburst 2014-2024: l’intervista

Cerreto Guidi, la sindaca a dieci anni dalla tempesta: «I nostri paesi “bombardati”, ma siamo rinati più uniti di prima»

di Marco Sabia
Un “tappeto” di detriti nel cuore di Lazzeretto e una veduta di Stabbia devastata dal downburst
Un “tappeto” di detriti nel cuore di Lazzeretto e una veduta di Stabbia devastata dal downburst

Distrusse Stabbia e Lazzeretto: 50 feriti e danni per decine di milioni: «Ce l’abbiamo fatta, però ora non basta pulire i tombini»

19 settembre 2024
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CERRETO GUIDI. Si era insediata da poche settimane: l’entusiasmo scorreva ancora forte nelle vene quando si è trovata nel bel mezzo di un disastro climatico con due frazioni in ginocchio (con almeno 50 feriti). Per Simona Rossetti – sindaca oggi al terzo mandato – quel downburst fu un battesimo del fuoco a dir poco estremo, da cui però non poteva esimersi essendo la principale carica cittadina. Dieci anni dopo il paese si è messo alle spalle un capitolo doloroso e guarda con fiducia al futuro ma quegli anni sono difficili da dimenticare.

Sindaca Rossetti, torniamo a quel 19 settembre 2014: quali sono i suoi primi ricordi?

«Era circa mezzogiorno: pioveva forte in centro storico ma dal Comune dove mi trovavo niente faceva presagire quello che stava per succedere a Stabbia e a Lazzeretto. Noi intervenimmo da subito nel capoluogo, poi iniziarono ad arrivare le chiamate dai luoghi più colpiti: a Stabbia era tutto bloccato ma grazie a un consigliere comunale riuscii ad arrivare in moto a Lazzeretto alle 15. Ero avvilita, avevo davanti una scena surreale: sembrava un paese bombardato. In tutto questo c’era anche la paura personale, perché i miei figli erano a scuola e perché quando son tornata a casa non c’era più il tetto. È stato un miracolo non avere vittime».

Passato il downburst, si mise in moto la macchina dei soccorsi: quanto fu difficile?

«Fu individuata l’area davanti all’Antonio Lupi come campo base per i soccorsi. Quando salii sull’elicottero e dall’alto vidi due paesi bombardati: a Stabbia c’erano intere strade piene di pini sdraiati sull’asfalto. All’ex manifattura sempre a Stabbia era volato il tetto in amianto ed è stato fatto un grande lavoro per mettere tutto in sicurezza. Le dico soltanto che sono serviti 2 anni e mezzo soltanto per raccogliere le domande di richiesta danni».

In quei giorni ha però conosciuto persone importanti che l’hanno aiutata: chi sono?

«Penso a Paolo Masetti, delegato per la protezione civile per l’Empolese Valdelsa e sindaco di Montelupo. E penso a tutti gli altri volontari che non si sono mai fermati, come ad esempio Andrea Lavecchia, che ha guadagnato sul campo il ruolo di assessore che ricopre oggi nella mia giunta».

Che reazione ha visto negli occhi delle persone?

«C’è stata una capacità di reagire che ha unito comunità e associazioni. Quell’evento ha rappresentato uno spartiacque tra un prima e un dopo per la nostra gente. Oggi Cerreto Guidi è tornata com’era prima, i segni di quella giornata sono quasi tutti scomparsi.

Era stata appena eletta: come si affronta una vicenda del genere a due mesi dall’insediamento?

«Per noi fu una doccia gelata, perché eravamo carichi di progetti da portare avanti. Su di me sentivo il peso della ricostruzione senza sapere cosa fare, perché la parola downburst nessuno l’aveva mai sentita».

Il downburst causò la chiusura della scuola elementare Santi Saccenti, una decisione molto dibattuta: oggi lo rifarebbe?

«Sì, perché dismettere quella scuola non fu certo un capriccio. Sentivo dire che il prefabbricato dove trovarono spazio i bambini per alcuni anni era brutto ma io li vedevo felici di tornare in classe e questo mi faceva stare bene. Adesso abbiamo una nuova scuola elementare e stiamo andando a gara per la dirimpettaia scuola dell’infanzia; contemporaneamente stiamo lavorando sul progetto della nuova scuola elementare di Lazzeretto. Vedere la scuola che rinasce per me è stata una liberazione, ogni volta che ci entro respiro a pieni polmoni.

Quella fu la prima volta che si parlò di downburst, mentre oggi è una parola quasi di uso comune: è un segnale che qualcosa sta cambiando?

«Questi fenomeni non sono più isolati e quello che ci ha colpito era uno dei segnai del cambiamento climatico in corso. Inoltre la vicinanza del Padule crea una sorta di surriscaldamento tale che finisce per schiantarsi su Stabbia, con tutte le conseguenze del caso. Per questo dobbiamo impegnarci di più su rii e sulle manutenzioni, insistendo con gli enti preposti».

A cosa si riferisce?

«Purtroppo non basta pulire i tombini per scongiurare eventi del genere, perché il sistema fognario per com’è strutturato non può reggerne l’impatto; in questo senso servono investimenti per adeguare l'infrastruttura alla situazione climatica attuale. Allo stesso modo sui grandi interventi come casse d’espansione e ponti lo Stato deve mettere più risorse, che poi vengono gestite dalle Regioni. E anche piccole migliorie puntuali per mitigare il rischio idrogeologico sono fondamentali per la sicurezza dei cittadini. Da parte nostra con la Società della Salute e insieme alla protezione civile lavoriamo per avere un database sulle situazioni di fragilità, così da intervenire subito per mettere in salvo le persone più in difficoltà».

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