Cecina, ha violentato l’amica di famiglia: operaio di Livorno condannato a sei anni. Testimonia la nonna della vittima
La nonna della vittima, rientrando in casa, lo ha scoperto e poi è stata ascoltata al processo. L'uomo, in passato, era ritenuto responsabile dell'adescamento su Facebook di una quattordicenne
CECINA. Avrebbe stuprato una donna di 32 anni dopo averla raggiunta nella sua abitazione, consumando con lei un rapporto sessuale a suo dire consenziente. Non, però, a giudizio della vittima, che lo ha immediatamente denunciato ai carabinieri. Per questo, un operaio livornese di 33 anni, è stato condannato a sei anni di reclusione per violenza sessuale. Il Tirreno non identifica l’uomo con nome e cognome – ha alle spalle anche una condanna di un anno e otto mesi per adescamento di minorenni in quanto avrebbe circuito una quattordicenne su Facebook – per non rendere riconoscibile la donna vittima di violenza, amica di famiglia del trentatreenne.
I fatti
L’episodio è avvenuto il 20 maggio del 2019 a Cecina, dove risiede la giovane. Il trentatreenne, che all’epoca dei fatti aveva 29 anni, l’avrebbe raggiunta da Livorno con un pretesto, poi fra le mura domestiche si sarebbero consumate le violenze. In quel momento la donna era sola in casa. Poi, però, nell’appartamento è tornata la nonna, che ha sorpreso entrambi e ha testimoniato nel corso del processo di primo grado dove l’operaio era imputato e – difeso dall’avvocata Barbara Luceri – è stato ritenuto responsabile del reato per il quale era stato a suo tempo indagato. Il processo Nel corso del dibattimento sono stati ascoltati diversi testimoni, fra cui la vittima. L’imputato ha sempre sostenuto come il rapporto sessuale fosse consenziente, a differenza della vittima che ha raccontato di essere stata costretta a subire le violenze e che, per questo, lo ha querelato. Il collegio del tribunale – Ottavio Mosti presidente, a latere i magistrati Andrea Guarini e Tiziana Pasquali – ha accolto in toto la richiesta del pubblico ministero Daniele Rosa, che per il trentatreenne aveva chiesto appunto sei anni di reclusione. Le motivazioni della sentenza, pronunciata nel pomeriggio di mercoledì 16 aprile nell’aula B di via Falcone e Borsellino, saranno depositate fra poco meno di tre mesi e la difesa farà quasi sicuramente appello, in attesa di averle disponibili. Se la pronuncia dovesse essere confermata, naturalmente, per l’operaio livornese si apriranno le porte del carcere delle Sughere.
Il precedente
L’uomo, un anno fa, è stato condannato in primo grado per l’adescamento della minorenne, decisione che attualmente è pendente alla corte d’appello di Firenze, dove l’avvocata Luceri ha presentato ricorso. «Ha adescato la minore – era l’accusa mossa dalla procura – attraverso un comportamento lusinghiero, volto a carpirne la sua fiducia, consistito nel chiederle dove si trovasse, nel farle di capire di essere una delle poche a conoscere l’account con il quale era stata contattata, nel chiederle come stesse e nel dirle che lei era in grado di farlo sempre sorridere, manifestandole successivamente le sue reali intenzioni con frasi del tipo “Mi sarebbe piaciuto poterti abbracciare e leccare tutta”».
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