Il Tirreno

Il risarcimento

Cecina, cade sull’ambulanza e muore: eredi risarciti per 450mila euro

di Stefano Taglione
L'ospedale di Cecina (foto d'archivio)
L'ospedale di Cecina (foto d'archivio)

La donna, 94 anni, ha perso la vita dopo sei giorni di agonia all'ospedale: «Il mezzo ha frenato bruscamente e violentemente, determinando la forte caduta della signora all’interno dell’abitacolo posteriore, riservato ai trasportati, con lo sbattimento violento della testa contro il ferro del seggiolino»

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CECINA. È morta a 94 anni in ospedale dopo sei giorni di agonia a causa di una caduta sull’ambulanza. Per questo, gli eredi della bibbonese Antonia Martiniello, sono stati risarciti dall’assicurazione della Pubblica assistenza locale, la bolognese UnipolSai, per 139.699,20 euro. Una somma alla quale si devono aggiungere altri 320.000 euro già corrisposti nel corso del processo civile. È quanto ha deciso la giudice del tribunale di Livorno, Simona Capurso, dopo la causa intentata dai figli e dai nipoti della signora, assistiti dall’avvocato Simone Rossi. L’incidente si era verificato il 13 novembre del 2019, con il decesso avvenuto sei giorni dopo, il 19 e all’ospedale di Cecina, dove l’anziana era stata ricoverata.

L’incidente

Secondo quanto ricostruito dall’istruttoria la vittima stava tornando a casa, sul mezzo di emergenza, da un centro odontoiatrico del centro di Cecina. Un trasporto non di urgenza, ma concordato con la Pubblica assistenza di Bibbona nell’ambito dei servizi sociali svolti dall’associazione. «Nel corso del tragitto, in conseguenza di una manovra di guida repentina e violenta del conducente – si legge nella sentenza – l’ambulanza ha frenato bruscamente e violentemente, determinando la forte caduta della signora all’interno dell’abitacolo posteriore, riservato ai trasportati, con lo sbattimento violento della testa contro il ferro del seggiolino, anche in considerazione del fatto che il conducente dell’ambulanza non aveva provveduto all’allacciamento della cintura di sicurezza rispetto alla sedia a rotelle su cui era stata ricoverata. A causa del violento urto – riepiloga la giudice – le condizioni della donna apparivano subito molto gravi, tanto che la medesima si trovava in stato di seminconscienza, con varie ecchimosi e un’evidente ferita alla testa e veniva trasportata al pronto soccorso dell’ospedale di Cecina, dove è morta il 19 novembre del 2019 a causa delle gravissime lesioni fisiche subite».

La sentenza

La giudice, sulla base dei successivi accertamenti, ha stabilito come la donna abbia subito «gravi lesioni fisiche che ne hanno causato, dopo qualche giorno, il decesso in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto per esclusiva responsabilità e colpa del conducente del veicolo». Una tragedia che «si è verificata dopo un breve lasso di tempo dal fatto, come emerso dalla documentazione medica depositata negli atti, la vittima non era lucida e cosciente». Nel procedimento penale parallelo, concluso con un patteggiamento, il medico legale che aveva eseguito l’autopsia per conto della procura labronica aveva stabilito «il nesso causale fra l’incidente e il decesso». Per questo la compagnia di assicurazione, assistita dall’avvocato Marco Talini, è stata condannata a risarcire i familiari per 139.699,20 euro e a pagare anche le spese di giudizio (1.713 euro per esborsi e 11.300 euro per compensi). Non ritenuto risarcibile, invece, «il danno iure hereditatis da perdita della vita in considerazione dello stato di non lucida agonia in cui si è trovata la vittima nel breve lasso di tempo che è trascorso tra l’evento traumatico e la morte», si legge ancora nella pronuncia. La Pubblica assistenza di Bibbona, che non si è costituita in giudizio, non è stata condannata ad alcun risarcimento, dal momento che aveva regolarmente stipulato una polizza con la compagnia. «La morte di una persona fa presumere da sola una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima – scrive la giudice nella pronuncia civile – a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur). La liquidazione finalisticamente unitaria del danno alla persona ha pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito tanto sotto l'aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello dell’alterazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto. Il risarcimento del danno – si legge ancora – spetta ai prossimi congiunti, intendendosi quei soggetti uniti tra loro non solo da un vincolo affettivo, ma maffettivo-giuridico che riposa su rapporti che costituiscono fonti di reciproci diritti e doveri».

 

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