Il Tirreno

L’intervista

Alluvioni in Toscana, «C’è un piano da 2mila miliardi fermo da trent'anni»: la rivelazione

di Ilenia Reali

	A sinistra il prof. Stefano Pagliara 
A sinistra il prof. Stefano Pagliara 

Il professor Stefano Pagliara lancia l’allarme dopo gli ultimi eventi che hanno messo in ginocchio la regione: «Strutture calibrate non sulle piogge attuali, bisogna fare pace con il cervello»

04 ottobre 2024
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Il cambiamento climatico che già in questi ultimi giorni ci ha fatto ben vedere come stanno cambiano i nubifragi, quantità elevate di pioggia in pochi chilometri quadrati e per un’ora e mezzo-due ore, non fa dormire sonni tranquilli neppure nel territorio di Rosignano dove anche i piccoli corsi d’acqua rischiano di allagare il territorio perché calibrati su tempi di ritorno trentennali. A lanciare l’allarme è uno dei maggiori esperti toscani di rischio idraulico, il professore di protezione idraulica del territorio dell’università di Pisa Stefano Pagliara. Il professore ha studiato l’area di Rosignano e anche recentemente si è occupato delle stime dei danni nelle aziende agricole per l’area di Castagneto.

Professore, quali sono le criticità di Rosignano?
«Fatta eccezione per il Fine, in cui sono stati fatti interventi, gli altri sono piccoli corsi d’acqua che nel tratto finale entrano nelle zone urbanizzate ma soprattutto passano attraverso l’Aurelia e la Ferrovia, le due linee che tagliano la Costa. Il problema quindi sono i ponticelli che non sono in grado di contenere portate superiori a quelle che si verificano ogni 30 anni. Una situazione che coinvolge il territorio da Livorno fino a Cecina, dove invece ci sono bacini più grandi e con difficoltà diverse».

Cosa intende?
«A Rosignano ci sono bacini piccoli che con piogge di due ore entrano in crisi, se queste hanno un tempo di ritorno superiore ai 30 anni. Ed ora è abbastanza facile che accadano. Quindi per intendersi con piogge come quelle che hanno caratterizzato la Valdicecina, il territorio di Rosignano sarebbe a rischio. Da verifiche effettuate quasi tutti i ponti non reggerebbero le portate a cui abbiamo assistito e quindi dobbiamo aspettarci delle inondazioni».

Cosa si può fare?
«Allargare i ponti non è facile. Non è banale né come tipologia di interventi né come costi. Quindi è necessario realizzare dei bacini di laminazione a monte. In alcuni casi ci sono progetti, altre piccole cose sono state realizzate. A Livorno soprattutto».

E più a sud?
«Nella zona a sud di Livorno si è fatto molto poco. E tanti progetti sono fermi per problemi di impatto ambientale. Oggi è difficile togliere un albero da un corso d’acqua: lo voglio dire, dobbiamo far pace con il cervello. Se vogliamo che i corsi d’acqua siano pieni di alberi, dobbiamo accettare che l’acqua vada fuori e ci inondi. Altrimenti vanno tolti, in modo opportuno, senza distruggere l’ambiente. Spesso l’impatto ambientale è un po’ lo scudo per fermare lavori che invece sarebbero fondamentali. Per carità, strumento fondamentale, ma oggi è troppo sbilanciato verso la salvaguardia dell’ambiente a dispetto invece dei disastri che avvengono. Non voglio essere polemico, tengo molto all’ambiente, ma se c’è un alveo che deve far passare una certa portata deve essere libero. Il modo di tenerci gli alberi c’è ma in quel caso l’alveo deve essere tre volte tanto e questo, cozza con le difficoltà di spazio che abbiamo».

Anche giovedì 3 ottobre il torrente Sterza ha fatto paura e creato qualche danno

«Per lo Sterza le piogge devono essere più importanti ma anche in questo caso, oltre il trentennale, alcuni sistemi arginali vanno in crisi perché costruiti 100 anni fa. È facile che un argine per sormonto o sifonamento si possa rompere. Lì serve un controllo degli argini e dei fiumi costante: qualcuno che ogni settimana controlli, sentinelle com’erano le guardie idrauliche per i torrenti classificati. O si investe massicciamente su interventi sugli argini oppure non riusciremo mai a metterci in sicurezza».

Lo diciamo da anni…
«Il piano bacino dell’ Arno era un investimento da 2mila miliardi (in Lire, all’epoca, ndr) da fare in 20 anni. Erano gli anni Novanta quando fu elaborato. Siamo al 2024 e ne è stato fatto il 5%. Se questi sono gli investimenti che facciamo, poi quando piove ci becchiamo l’alluvione».

E il Cecina?

«Anche il sistema del Cecina non è regimato per queste portate. Dobbiamo ammettere che la scienza non è in grado di prevedere gli eventi e dove colpiranno esattamente ma siamo in grado di avere mappe dei possibili allagamenti. Almeno su questo dovremmo lavorare: capire in caso di nubifragio in un punto quali danni causerà da li a breve e in quali tempi».



 

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