America, non ti riconosco
La metamorfosi della prima democrazia e la risposta che va data: più Europa
Scrivo di getto, quasi allibito di fronte all’imbarazzante Trump che in mondovisione umilia e persino insulta Zelensky dandogli del «poco intelligente». L’ora più buia è forse scoccata.
L’ora che noi europei mai avremmo immaginato fino a pochi mesi fa quando governava Biden. L’America, la nostra America, quella di Happy Days, del Superbowl visto in tv in notturna, quella dei soldati yankees che ci hanno liberato dal nazifascismo, quell’America che ha sempre avuto da insegnarci qualcosa, criticata ma in fondo amata, è diventata irriconoscibile nelle sembianze di The Donald. E un moto di sbigottimento sale spontaneo dalla vecchia Europa, stordita di fronte allo choc quotidiano: oggi la Groenlandia da annettere, domani il canale di Panama da conquistare, poi l’Europa furbastra da punire, infine il popolo ucraino aggredito, massacrato e umiliato in diretta tv: «Senza di noi sareste durati due settimane» dice Trump a uno Zelensky scuro in volto, messo in mezzo dal numero 1 e dal numero 2 della prima democrazia del mondo come succede con i bulli di quartiere, accerchiato sì ma non domo, mentre al Cremlino saltano i tappi delle bottiglie di champagne: «Finalmente il porco insolente Zelensky ha avuto una sberla».
Che ti succede, America? Perché questa metamorfosi, da paladina della democrazia e dei diritti a sentina di istinti padronali e autocratici? C’era proprio bisogno di umiliare un presidente, Volodymyr Zelesnky, che – pur tra mille imperfezioni ed errori – ha messo con coraggio il petto davanti ai cannoni delle armate russe, il presidente di un Paese martire, aggredito, invaso, tuttora attaccato con milioni di morti? A un certo punto Donald Trump ha cacciato così l’ospite dallo Studio Ovale: «Torni quando sarà pronto per la pace».
Cinque minuti di lite che cambiano non solo il corso dei rapporti tra Stati Uniti e Ucraina, ma tra Stati Uniti ed Europa. E che, forse, cambiano l’Occidente. Che si è spaccato in mezzo all’Atlantico, con una faglia che rischia di approfondirsi e diventare incolmabile. Cosa potranno dire, ancora, i leader europei per non reagire in maniera adeguata alla delegittimazione di cui sono bersaglio da settimane, costruendo definitivamente gli Stati Uniti d’Europa?
Michele Serra ha lanciato l’idea di scendere in piazza per l’Europa raccogliendo un sentimento spontaneo, montante. È una buona idea alla quale Il Tirreno aderisce. In fondo ci ritroviamo nei nostri valori proprio quando vengono messi in discussione: la convivenza civile, il rispetto dei diritti individuali, la tutela delle minoranze, l’osservanza delle regole internazionali e della sovranità, il dialogo come mezzo per la risoluzione dei conflitti. E ritroviamo con i valori il senso di un destino comune.
Oggi il banco sembra essere saltato. E fa pensare che mentre un Presidente cowboy è all’alba di una stagione minacciosa, un Papa gaucho – suo esatto contrario, strenuo difensore del dialogo – è avviato al tramonto. Un segno dei tempi.
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