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Viareggio, l’arte del restauro applicata alle barche: la storia del cantiere navale Francesco Del Carlo


	Una barca d'epoca restaurata dal cantiere Del Carlo. In alto a sinistra: Guido Del Carlo col fratello Marco e il padre Francesco
Una barca d'epoca restaurata dal cantiere Del Carlo. In alto a sinistra: Guido Del Carlo col fratello Marco e il padre Francesco

Dal fondatore Francesco al nipote Adriano: così è diventato simbolo di che cosa i viareggini sanno e possono fare

05 maggio 2024
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VIAREGGIO. C’è una storia a Viareggio che si tramanda di padre in figlio, di cuore in cuore, di mano in mano. È quella della costruzione e della riparazione delle navi, un mestiere che nei secoli ha coinvolto, e continua a farlo, tante famiglie che nel cuore hanno passione e talento, sulle mani i segni che furono dei maestri d’ascia e dei calafati. Una parte importante e significativa dell’anima di una città così indissolubilmente legata al mare, in tutte le sue forme, anzi onde.

La storia, nella storia, è quella del Cantiere Navale Francesco Del Carlo e inizia esattamente nel 1963 quando Francesco Del Carlo, figlio di Orlando che le barche le realizzava, ma erano quelle pensate per navigare nel lago, decide di lasciare il cantiere Codecasa (altra grandissima storia) dove lavorava da tempo e dove aveva imparato il “mestiere”. Ha 36 anni, un momento della vita in cui ancora ci sono i margini per cambiare le cose e mettersi in gioco, sfidare destino e difficoltà, con coraggio ed un pizzico di follia.

È un piccolo cantiere il suo, che utilizza una concessione disponibile in Darsena Italia. La produzione è composta da un 95 per cento di pescherecci in quercia e pino, fino a 25 metri, ed il restante 5 per cento di barche da diporto. Ha scali di alaggio e varo e costruisce, lavorando duramente per oltre un anno, dall’alba al tramonto, un lungo carrello in legno per tirar fuori dall’acqua le imbarcazioni e rendere più veloci gli interventi.

Francesco ha due figli maschi, Marco e Guido, il più grande già a sette anni dimostra passione e una naturale vocazione per quell’ambiente, in cui passa gran parte del suo tempo dopo la scuola e, spesso, della domenica. Vorrebbe essere di aiuto, ha una grande voglia di fare, ma la “gavetta” ha altre regole. E così, con le lacrime agli occhi e un certo senso di inutilità, ha solo il compito di andare a prendere l’acqua per dissetare gli operai.

È Guido che ricorda con emozione queste esperienze. Lo incontro nel suo piccolo ufficio del cantiere di via Dei Pescatori, circondato da affascinanti fotografie che sono parte di quella storia che state leggendo e che prosegue, a ritroso nel tempo, con un cambiamento di tipologia di lavoro quasi obbligato, nel momento in cui il mondo della pesca va in crisi. Si decide, allora, di puntare e investire nel settore della ristrutturazione e del restauro, partendo dalla qualità dei materiali e dall’esperienza dei maestri d’ascia capaci di effettuare qualsiasi tipo di intervento, sia interno che esterno. Una scelta azzeccata che ben presto apre nuove, importanti prospettive di sviluppo. Una dopo l’altra arrivano a Viareggio alcune delle più belle “Regine del Mare” mai realizzate. Hanno bisogno di “cure” e qua trovano il luogo ideale per tornare a nuova vita. La formula funziona, l’offerta è apprezzata e sempre più richiesta e, così, nel 2000 si decide l’acquisto di altri due capannoni, quelli che, per anni, avevano ospitato la produzione del prestigioso marchio dei Cantieri Uniti Viareggio (Cuv).

Nel 2006 i Del Carlo vengono chiamati ad Antigua, meravigliosa isola delle piccole Antille, dove li aspetta un veliero del 1936 di nome “Eilean”, di proprietà della famiglia Panerai, che nel 1982 fu set per il videoclip “Rio” dei Duran Duran. Si tratta di un restauro difficile, impegnativo che, ben presto, diventa la dimostrazione tangibile di ciò che “i viareggini” sanno e possono fare. Se ne rendono conto, e ne parlano, le riviste specializzate di tutto il mondo, decretandone la definitiva consacrazione internazionale. Oggi il Cantiere Francesco Del Carlo riesce a intervenire contemporaneamente su dieci barche, con dimensioni che possono arrivare fino a 35/40 metri.

Messa in questo modo, sembra semplice, ma, come spiega Guido Del Carlo: «Dietro al nostro lavoro c’è un impegno quotidiano, una grande fatica, tanta passione ed attenzione massima alla cura ed alla qualità di ogni singolo intervento. Ad iniziare dalla scelta del legno, anima delle barche d’epoca. Parliamo di Teak, Mogano, Cedro la cui ricerca, in alcuni casi, può durare anche dieci anni e viaggi e contrattazioni con aziende di tutto il mondo».

Già, il legno, materiale vivo che ha bisogno di rispetto e considerazione. Dalle tavole della chiglia i cui spazi i calafati, con asce e accette, riempivano di stoppa, alle tavole della coperta, per non parlare poi degli arredamenti interni. «Il legno è vivo, quando posizionato diventa opera d’arte con quelle sue venature uniche ed irripetibili», continua a raccontare Guido e mentre parla gli si illuminano gli occhi, mentre parla mi pare di sentire il profumo del legno, delle darsene, del mare che si fonde con l’orizzonte. «Ti racconto un episodio – aggiunge – un giorno mi chiama la proprietaria di una bellissima barca degli anni venti che stavamo restaurando. Mi chiede di misurare uno spazio libero in coperta per posizionarci un quadro prezioso. Lo spazio c’è, le rispondo, ma quello spazio che mette in mostra ed evidenzia il legno è uno spettacolo, è una composizione artistica. Risultato? Nessun quadro ha più coperto quella parte di parete».

E le navi, aggiungo io, hanno e mantengono un’anima, custodiscono ricordi e segreti, testimoniano luoghi mozzafiato, gonfiano le vele sei sogni. E chissà quante cose potrebbero a loro volta raccontare tutte le barche che sono “approdate” ai Cantieri Del Carlo. Una per tutte, tanto per fare un esempio. Il “Portola” Motor yacht in legno, con una lunghezza di 24, 90 metri, costruito nel 1928 presso il cantiere Harbor Boat Works di Long Beach, su progetto dell’architetto americano Daniel Millard Callis. Un panfilo usato come set cinematografico per diversi film degli anni Cinquanta e Sessanta, ma ricordato principalmente per il film “A qualcuno piace caldo” con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon. Vi sembra poco?

La storia, comunque, continua. Il futuro è assicurato con il giovane Adriano, figlio di Guido, e con tanti validi collaboratori, da anni impegnati a proseguire sulla rotta di chi ha scritto pagine così importanti per la nostra città. Uomini che, parafrasando Mario Tobino, (nel 2018 il suo gozzo, restaurato dal Cantiere Francesco Del Carlo, fu donato al Museo della Marineria) ... «costruirono i bastimenti piu’ belli, freschi e superbi in ogni mare, avevano il soffio delle anfore greche».

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