Il Tirreno

Toscana

I grandi amori

Sandra Milo e Federico Fellini: il loro amore iniziato in Toscana e il perché di “Sandrocchia”

di Adolfo Lippi

	Il regista Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina e l'attrice Sandra Milo 
Il regista Federico Fellini con la moglie Giulietta Masina e l'attrice Sandra Milo 

La relazione iniziò a Chianciano Terme sul set di Otto e mezzo. Ma tra gli amori dell’attrice anche uno squattrinato marchese della Versilia

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Sandra Milo, morta a 90 anni, è stata profondamente legata alla Toscana: dal nostro archivio ecco un articolo di Adolfo Lippi che racconta l’amore con Fellini e quello con il marchese squattrinato.


Un giorno a "Cinecittà" Federico Fellini misurò Sandra Milo. Non gli piacque subito. Stava preparando "8 e mezzo" e gli serviva una donna ben cilindrata, soprattutto nel dietro. Però lo conquistò l’aria giocosa, sbarazzina, della giovane attrice. E da allora le propose d’ingrassare e parecchio. Così Sandra divenne "Sandrocchia", nel cinema e nella vita privata del genio riminese. Che la diresse anche per "Giulietta degli spiriti". Due capolavori.

Centinaia di telefonate

Non fu un grande classico amore il loro. Non lo rammentarono decine di lettere. Ma si scambiarono decine, centinaia di telefonate. Dati i tempi. E fu semmai uno scoppio di vitalità. Una meteora pulsante, ricchissima di spunti piccanti che Sandra Milo avrebbe poi raccontata in un libro, "Amanti", scritto, uscito e subito fatto scomparire, perché oltre a Fellini compariva anche Bettino Craxi, in camera, e c’è chi provvide (si dice il potente Tassan Din, piduista, e patron de "il Corriere della sera", epoca Gelli) a comprarne tutte le copie. Una la lessi a caso io a Roma e la Sandra in quanto ad avventure picare, salaci, ha davvero da dirne. È arguta, pittoresca, libertina. Poteva star zitta? La Milo nacque a Tunisi nel ’32 (o ’33 o ’35). Si chiamavano Elena Salvatrice Greco, la sua famiglia, borghese e inquieta, nel dopoguerra approdo a Viareggio.

Federico e Giulietta

Negli stessi anni Federico Fellini, già vignettista di successo per il settimanale "Marco Aurelio", bazzicava Livorno, al seguito di Lattuada, per un film, che poi si fece sulle "segnorine" ausiliarie dell’esercito americano. Che poi finivano all’ospedale, sfinite dalle malattie veneree. Al seguito di Fellini c’era già Giulietta Masina che, infatti, ha un ruolo importante. È una delle "segnorine", romantica e vittima.

Fellini e la Masina s’erano conosciuti in Radio. Lei recitava le scenette che Federico scriveva. E s’innamorarono nelle pause delle audizioni. Lui però ammetterà: «Giulietta è un enigma, non si è mai lasciata spiegare fino in fondo». Eppure la loro unione resistette fino alla fine, abitarono assieme la gustosa casetta di via Margutta. Ma quante scappatelle si permetteva Fellini!

Ho conosciuto piuttosto bene Bernardino Zapponi che fu lo sceneggiatore preferito degli ultimi film del maestro. E lui testimonia (anche in un libro,"Il mio Fellini") quanto Fellini s’intrigasse alle donne. Furono amoretti ma tanti tanti. Federico aveva uno studio a Cinecittà con due porte. Da uno poteva entrare la Masina e dall’altra faceva uscire la fiamma del momento.

Le amanti giunoniche

A Fellini le donne piacevano alte, grosse, anche muscolose. Perché aveva avuto una tata, l’Anselma, giunonica, che lo scapicciava massaggiandolo come la pasta sfoglia. Allora aveva avuto otto anni ma già s’industriava con quel sesso del quale avrebbe poi ricavato(spesso creandole) figure stupende: la "Saraghina", la "gradisca". Diverranno l’immaginario degli anni sessanta.

A Viareggio con Fusco

Sandra Milo, ancora Elena Greco, a Viareggio dopo il ’46, bimbetta, già brillava al "Kursaal" di passeggiata dove la mamma aveva messo le tende per sistemare due figlie, Elena e l’altra più grande. Il "Kursaal" era il ritrovo degli ufficiali americani bianchi. A fare da guardiaporta c’era, nientemeno Giancarlo Fusco (sarebbe divenuto una star del giornalismo), che proveniva da La Spezia (lui però racconta dai casini di Marsiglia e dalla Legione Straniera). Fusco non aveva un quattrino. Si presentava ai combattimenti di Boxe nella pineta di Tombolo. La sera, facendo il buttafuori, gli si pretendeva lo smoking che riuscii non si sa come a recuperare. Non avendo però soldi per i calzini si dipingeva le caviglie con l’inchiostro nero. Questo era Fusco, imbonitore, narratore di balle ma talento grandissimo (i suoi tanti libri sono ghiottissimi, anche adesso). Ebbene una sera un gruppo di ufficiali "neri" della Buffalo pretendevano di entrare nel "Kursaal". Scoppiò una rissa gigantesca. Poi l’incendio. E mamma e figli Greco scapparono via.

Il marchese squattrinato

A soli sedici anni la ragazzina, avvenente, espertissima, andò così sposa al marchese Cesare Rodighiero di Massarosa, vecchio lignaggio e mestiere alcuno. La Greco, soprattutto la mamma, s’incantarono ai modi di questo "flaneurs" versiliese elegante, colto, trascinatore. Presto tuttavia saltò fuori che lui non aveva un quattrino. Né arte né parte. I Greco approdarono, allora, a Roma. L’intero clan. Il matrimonio venne annullato dalla Sacra Rota, poiché lei era andata all’altare minorenne. E la bimbetta fu presto presa dal cinema, divenne Sandra Milo, questa volta sposò, da maggiorenne, Morris Ergas che era un produttore coi fiocchi. Girò così diversi film, anche importanti, da "Lo scapolo" con Sordi regia di Pietrangeli, a "La giumenta verde" di Autant Larà.

L’incontro a Chianciano

Poi, dopo, che nel ’60 era apparsa il "Adua e le compagne", prostituta sensuale, giocosa e drammatica, eccole presentarsi Federico Fellini, reduce dal successo mondiale della "Dolce Vita". Ormai maestro venerato, irresistibile! Furono Chianciano, le incantevoli Terme, a fare da malizioso galeotto. Potevano anche essere Montecatini o Venturina. Fatto è che ciò che si vede nel film "8 ½" avvenne anche nella realtà. Nel film il regista, Guido, ha un amante che è la Sandrocchia. E a letto con lei può sentirsi tornare ai giochi d’infanzia. Si compiace di divertimento, la passione quasi mai c’entra.

I giochi di Sandra

Ecco i giochi! Ciò che Sandra Milo rievoca per pagine e pagine del suo libro "Amanti", è questa atmosfera. A Chianciano, alle Terme, i buoni borghesi, andavano come nei lussuosi bordelli della Bella Epoque parigina. Fellini, dopo la "Dolce Vita", era in crisi. S’era messo anche a provare LSD, si sentiva vuoto d’ispirazione e povero d’inventiva. Certo aveva fama, quattrini e moglie fedele e comprensiva. Ma tutto ciò lo aveva perfino portato alla psicanalisi ed a consultare analisti e maghi.

Gli serviva la distrazione. Quella fulminante. E Sandra, burrosa, spiritosa, ridente, leggerissima, lo stimolò. A Chianciano e dopo Chianciano; tant’è che la Sandra, ribattezzata "Sandrocchia", la trescò a modo suo, quando fu invitata a camminare di tergo in stanza. Federico non era innamorato, era cotto delle forme di lei, era ghiotto del suo incedere tentatore. E lei fu all’altezza, fu magnifica, fu animalesca, poiché già a Venezia (quando interpretò "Vanina Vanini") la chiamarono "canina canini". Ingiustamente. Perché Sandra Milo, grazie a Fellini, resta e resterà per maschi stanchi di relazioni abitudinarie, il simbolo del sesso come vitalità, come piacere fatuo e frizzante. Che inebria e sparisce senza complicazioni.

La fine della crisi

Mi disse Bernardino Zapponi: Fellini rifuggiva, con le amanti, i ruoli consolidati, i rapporti duraturi. Per questo aveva ed ebbe, eterna, Giulietta. Alle Terme però, via, è un’altra cosa! Così Fellini-Guido uscì dalla crisi, guarì ci dette altri straordinari capolavori. "Amarcord" tra tutti, dove la "Grandisca", che non è Sandra Milo bensì la radiosa Magali Noel, proseguì a giocare tra gli specchi e i lettoni del "Grand Hotel" di Rimini.

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