Il Tirreno

Toscana

Carlo Azeglio e Franca: un amore più forte della guerra e del potere

di Ilaria Bonuccelli
Carlo Azeglio e Franca: un amore più forte della guerra e del potere

Studenti alla Normale, s’incontrarono a un tè danzante e non si lasciarono più. La vita normale di una coppia speciale. «Mai addormentati in discordia»

17 settembre 2016
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La mano si allunga verso Ciampi. Franca lo chiama così, da quando si conoscono. Un vezzo d’amore. Il papillon fa un verso strano. Non sta bene a un presidente della Repubblica, alla Scala. Il “suo” Carlo Azeglio deve essere impeccabile nelle prime uscite da Capo dello Stato. È il 1999 e lei lo ama come il giorno in cui lo ha visto, per la prima volta, a Pisa, a casa di un amico. A un tè danzante, gli incontri per studenti borghesi, un secolo o forse un giorno prima, sotto gli occhi guardinghi delle madri. Una al pianoforte, una che gorgheggia. I giovani universitari che azzardano qualche passo di danza. Ciampi è morto, ma questi ricordi a Franca non glieli porta via nessuno.

Nel 1938 ci si sfiora così. Danzando. Gli occhi incatenati. Respiri e immaginazione. Il livornese Carlo Azeglio ha 18 anni. Franca Pilla, nata a Reggio Emilia da famiglia molisana, 10 giorni in meno. Entrambi sono studenti alla Normale. Lui è al terzo anno. Lei una matricola. Lui è «bello e timido, molto corteggiato dalle donne», lo ricorda Franca Pilla in un’intervista del 2000 a Repubblica. Lei è una ragazzina minuta, magrolina. «Ma ci innamorammo subito. Da quel giorno, da quell’incontro pisano non ci siamo più lasciati».

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Nel bene e nel male, al di là delle promesse. Non li divide la guerra. La Resistenza, il fronte. Si fidanzano e alla fine del conflitto mondiale, Franca e Ciampi si sposano: è il 1946, sono a Bologna. Una tappa, una delle tante. Carlo Azeglio, lo ricorderà tanti anni dopo, in un’intervista a Serena Dandini. Lo sguardo di nuovo timido. Fanciullesco, per un momento tornato all’epoca dei tè danzanti, in quell’atmosfera che neppure le leggi razziali di Mussolini riuscivano a sfregiare: «Ho avuto una moglie straordinaria». Non più presidente emerito della Repubblica. Non più Governatore della Banca d’Italia o capo del governo nell’Italia flagellata da Tangentopoli. Solo uomo di fronte alla sua compagna: «Non ci siamo mai addormentati in discordia. Mai un giorno, una volta».

Parole appena sussurate, con il pudore di una confidenza. Il segreto del successo più importante di una vita. Più della politica, più delle alte cariche, dell’incontro con la Regina Elisabetta. In quello sguardo abbassato e timido, Ciampi ammette che la sua grande conquista è stata lei, Franca. Donna Franca, da quando insieme salgono al Quirinale. Emozionata, certo. Ma pronta: «Cocca - dirà a una giornalista - Franca Ciampi non piange mai». Così si presenta la prima vera “first lady” italiana. Non ama cucinare e forse non sa preparare un cacciucco, ma dimostra grande personalità. Non teme di perdere identità indossando il cognome del marito. E è la prima moglie di un presidente a essere sempre a fianco al marito e mai un passo indietro. Ma chi, se non lei, del resto? È Franca che suggerisce a Ciampi di tentare il concorso in Banca d’Italia.

Carlo Azeglio Ciampi, al Quirinale con Livorno nel cuore

Siamo nel 1946. Il normalista brillante, laureato in filologia classica e letteratura greca, insegna a Livorno, al liceo Nicolini e Guerrazzi. I due si sono trasferiti nella città natale di Carlo Azeglio e si sono sistemati. A donna Franca viene l’idea: «Tenta il concorso. Lo stipendio è buono e non si lavora poi così tanto». Un errore di valutazione, ammetterà da first lady. Il suo Ciampi gira l’Italia, mentre si laurea anche in legge. Nel 1979 diventa governatore della Banca d’Italia. Sempre insieme, creando una famiglia: due figli, Gabriella e Claudio. Poi arriveranno i nipoti «e anche i bisnipoti», si vanterà Ciampi anni dopo. Orgoglio patriarcale di chi sa che il merito della grande famiglia è per buona parte della sua Franca.

Sarà per questo che, nelle foto ufficiali come in quelle ufficiose, non teme di prenderla per mano. Spesso di baciarla. Le afferra il braccio, saldo. «Non mi scappare», sembra sussurrarle, nel linguaggio non verbale che contraddistingue le loro conversazioni d’amore, dal primo incontro. Lei contraccambia. Gli sistema la cravatta, lo guarda, gli dà indicazioni con gli occhi. Sempre al fianco. Nel brindisi di fine anno al Quirinale, nelle vacanze romane a Santa Severa, nel mare della Maddalena in Sardegna, nel 2005. Uno accanto all’altro, come vuole il destino che li fa nascere a dieci giorni di distanza. Franca non può chiedere di più.

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Il settennato non ha intaccato la loro routine familiare. Non ha spezzato il loro filo privato. Quello che, prima della presidenza, li portava il sabato sera alla messa nella chiesa di San Saturnino a Roma. Abitudini da famiglia “normale”. Non noiosa. «Mio marito non lo è», risponde donna Franca a uno studente pisano che le chiede se un normalista lo sia. Se lo fosse stato non ci avrebbe passato 75 anni. Non avrebbe sperato «di arrivarci insieme fino in fondo». Un augurio al quale il suo Ciampi, con animo toscano, le ha sempre risposto: «Hai fretta? Se proprio hai fretta, vai pure avanti, io poi ti raggiungo». Invece, questa volta, Carlo l’ha preceduta. L’ultima galanteria.

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