Il Tirreno

E dunque, la “prima volta” di Rocco Siffredi sarà a Livorno. C’è anche la data, il 30 luglio, e un luogo, la Fortezza Vecchia. E Rocco, ci potete giurare, si metterà a nudo. Ma nel senso figurato, pronto a raccontare sé stesso senza filtri o costruzioni. L’attore italiano più famoso nel mondo (e anche il più prolifico) ha deciso di passare al recital e raccontare personalmente tutta la verità nient’altro che la verità, nello spettacolo prodotto e diretto da Paolo Ruffini: “Siffredi racconta Rocco”. Un’impellenza che sentiva dentro da tempo, resa possibile ora grazie all’intervento della società di produzione di Ruffini, la Vera Srl, che ha creato le condizioni per il debutto, scegliendo un contesto magico, quella della Fortezza Vecchia di Livorno, nella stagione teatrale curata da Luca Menicagli per “Menicagli Pianoforti” (posto unico 25 euro, www. fortezzavecchia.it). Rocco Antonio Tano, nato a Ortona nel 1964, conosciuto da tutti come Rocco Siffredi, dal 1984 ad oggi, prima come attore, poi come produttore e regista, ha cambiato il concetto di “porno” nel mondo, entrando nella storia del genere, e non solo. Ha interpretato anche film d’autore (“Romance”, “Amorestremo”, “Pornocrazia”) e grazie alla sua ironia e autoironia commedie e spot pubblicitari. Nel 2024 la sua vita ha ispirato una serie Netflix di successo “Supersex” con Alessandro Borghi. Ma adesso visto che «tutti, ma proprio tutti, hanno sempre parlato di Rocco Siffredi tranne lui stesso» vuol essere proprio lui a dire la sua e a mettere la parola fine a tutto quello che viene da terzi, dagli altri, dal chiacchiericcio.

È teso per il debutto?

«Sarebbe molto più facile per me fare quello che faccio di solito».

Come le è venuta l’idea di “Siffredi racconta Rocco”?

«È un'urgenza, un’esigenza. Ho davvero voglia di mettermi a nudo. Sono diversi anni che ce l’avevo in mente, almeno cinque. Poi il Covid ha fatto saltare tutto. Ma forse è meglio così, perché adesso mi sento pronto, molto più pronto di prima».

Come ha lavorato?

«Tutto quello che dirò è scritto di mano mia. Inizialmente, qualcuno aveva pensato di affiancarmi un autore. Ma il teatro è un luogo in prestito, non va inteso come “finzione”. Non mi presenterò alla platea per fare l’attore. Non reciterò me stesso, lo sarò. Voglio arrivare alla gente come Rocco, la mia vita la conosco io e la posso raccontare da solo senza filtri autoriali. Non farò il comico per strappare la risata. Poi se ci scapperanno delle risate sarò contento perché il pubblico si deve anche divertire».

Si è ispirato a qualcosa?

«Sì. Allo show di Mike Tyson (Mike Tyson “The Undisputed Truth” di Spike Lee, ndr). Uno spettacolo intimo, reale. L’ho molto apprezzato. Vorrei andare verso quel pathos lì. Ci sarà anche una grande sorpresa nel finale, per me molto emozionante, se non commovente. Non aggiungo di più».

Le è piaciuta la serie che hanno fatto su di lei?

«Sì, ma non è facile interpretare qualcuno che è ancora vivo, in questo caso me. Borghi è stato molto bravo, ma i lati del mio carattere sono molto più complessi. Ecco perché sento il bisogno di raccontarmi da solo».

Qualcuno l’ha (già) criticata prima di vederla a teatro.

«Lo immagino e non mi dà fastidio. Anzi, spero che i miei detrattori vengano a vedermi. Potrebbero capire come sono davvero. Lo ribadisco, mi racconterò con molta leggerezza e molta verità, perché la sincerità paga sempre».

Riceve spesso attacchi?

«Sì, anche di essere apprezzato, ma anche criticato. L’essere umano ha un problema non facilmente definibile, non è invidia, è qualcosa di più complesso. Ho scoperto che vengo criticato principalmente da chi una vita non ce l’ha, mai da chi ce l’ha. Le persone che hanno una vita sessuale appagante, non mi hanno mai criticato, al limite mi dicono “Beato te, che ne hai fatto un lavoro”. Le persone che non hanno una vita sono le prime che ti puntano il dito addosso. Ma per fortuna che ci sono anche loro, altrimenti stare al mondo sarebbe troppo facile».

E sui social ha mai dovuto combattere con gli haters?

«Certo. Da sempre. Sono molto strani. Uno in particolare era arrabbiatissimo, mi scrisse delle cose terribili. Pensavo di essermi accoppiato con qualcuno di casa sua, “avrò fatto un film con la sorella”, ho pensato. Allora gli risposi. E lui era contento: “No, ma sei davvero tu? Sei un mito! Grazie della risposta!” . No, ma non stai bene – fai pace col cervello! Bisognerebbe chiedersi piuttosto perché sono così e perché sono sempre più frustrati».

Un’osservazione negativa che l’ha particolarmente colpita?

«Sulla mia dipendenza dal sesso. Qualcuno ha detto: “Vedi cosa fa il porno”. Ma che c’entra? C’è chi è dipendente dal sesso e non fa porno. Spesso mi dicono: “Quello che fai non è normale!”. E io vi domando: cos’è la normalità?»

Diversi detti popolari pongono l’organo sessuale femminile come centro del mondo. È d’accordo?

«Sì, ma oggi si è tutto un po’ appiattito. Forse è anche colpa nostra: troppa pornografia in giro».

Come si preparerà al debutto?

«Dovrò capire come trasformare l’ansia in energia positiva per non fare – permettetemi il gioco di parole – ammosciare tutto. L’adrenalina è nemica del porno-attore».

Come vede il suo futuro?

«Mi piacerebbe portare questo spettacolo in giro, anche all’estero dato che parlo inglese e francese. Il mio merito nell’hard non è stato quello di essere bravo, ma aver capito come evolvere. E io sento che adesso devo evolvere. Devo superare la meccanicità. Potrebbe funzionare quasi come una terapia personale».

Quanto contano intelligenza e ironia nel suo lavoro?

«Quando faccio l’Accademia per formare i giovani al mio mestiere, ripeto sempre che ogni cosa va affrontata con passione, umiltà e ironia. Essere “nati imparati” è uno dei problemi più diffusi nella società di oggi. E bisogna prendersi tutti meno sul serio».

I comuni mortali pensano che lei abbia vissuto mille vite e fatto di tutto, provato di tutto, sperimentato di tutto. Cosa le manca?

«Il monologo teatrale. Paolino è un regista/produttore fantastico. Ha percepito la mia esigenza. “Sii te stesso”, mi ha detto. Spero di non deludere».