Il Tirreno

Sport

Il commento

Allegri e il «guardie e ladri», sui social si scatena il Circo Maximo

di Giorgio Billeri

	A sinistra Massimiliano Allegri, a destra Simone Inzaghi
A sinistra Massimiliano Allegri, a destra Simone Inzaghi

Scoppia la polemica dopo la metafora dell’allenatore della Juventus per raccontare la lotta scudetto con l’Inter: nell’epoca del web-tribunale anche il pallone fa i conti col “politicamente corretto”

17 gennaio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Guardie e ladri. Eravamo bambini: quelli che scappano, quelli che rincorrono. Giochi all’aria aperta, quando stare insieme era bello davvero, quando nessuno sognava di isolarsi in un mondo fittizio fatto di smartphone e videogiochi. Il gusto basico e un poco ingenuo di fare gruppo, di interagire , di competere: io corro, tu mi segui e se mi prendi sei bravo. Finché la voce della mamma ci riportava alla realtà: a casa, a fare i compiti, di corsa. Massimiliano Allegri da Coteto, Livorno, a guardie e ladri ha giocato tanto, come quelli nati negli anni Sessanta. E nella sera di martedì 16 gennaio, al termine di Juve-Sassuolo, ha pescato nella memoria di se stesso ragazzino per tratteggiare il braccio di ferro tra la sua Juventus e l’Inter capolista, ancora avanti di un cortomuso, anzi di due punti. L’immagine non fa una grinza: Inzaghi scappa, lui rincorre.

Nell’esaltazione verbale del momento, Max ha utilizzato quell’espressione, ladri. Così si chiamavano i bambini che scappavano, tanti anni fa. Ma nel calcio di oggi, inzuppato di social e di polemiche da tastiera, spesso tristanzuole e di infimo livello, ogni evoluzione verbale, ogni parola diventa ingiuria, calunnia, scherno. Nella lettura da perenne bar sport (magari ce ne fossero ancora, lì si poteva alzare la voce, far tintinnare pericolosamente bicchieri ricolmi di vino, al limite si regolavano i conti sul marciapiede con due scapaccioni, ma il giorno dopo tutti di nuovo fratelli davanti al bancone), quel “ladri” è stato immediatamente sovrapposto all’Inter e all’interismo, scoperchiando in un attimo i sepolcri di Calciopoli, di Moggi e Moratti, delle manette di Mourinho, degli scudetti vinti, revocati e di cartone, della Signora retrocessa, dei processi umilianti.

Una valanga di commenti, insulti, improperi, difese d’ufficio e attacchi alzo zero: i tifosi bianconeri che incoronano il loro mister non più solo mister («dopo Boniperti il più grande dirigente bianconero da 45 anni a questa parte», «Un genio della comunicazione», «Peppino Prisco e il contare le dita quando dai la mano ad uno juventino era simpatico e divertente, per una mezza battuta invece i tifosi Inter ora fanno gli indignati», un Bignami dei commenti di sponda bianconera).

Altro che derby d’Italia, siamo ben oltre, siamo alla guerra dei mondi social. Con gli interisti nel ruolo delle vittime, degli scandalizzati, degli infuriati. Si può anche perdere uno scudetto, ma la vessazione verbale da parte del “nemico” è l’affronto che proprio non si può accettare.

« A proposito di ladri vogliamo ricordare al signor Allegri cosa disse il Signor Osvaldo Bagnoli dopo Hellas Verona-Juventus negli spogliatoi rivolgendosi ai carabinieri che avevano bussato alla porta: “Se cercate i ladri sono nell'altro spogliatoio”». E ancora: «In questo paese dove tutto funziona al contrario l’allenatore di una squadra che ha preso 10 punti di penalizzazione e squalificata dalle coppe europee per false operazioni di mercato si permette di parlare di guardie e ladri», la summa delle reazioni della gens interista.

Bianconeri e nerazzurri, due mondi diversi, distanti. La grandeur un po’ distaccata dei piemontesi contro il viscerale senso di appartenenza tutto meneghino. Club troppo potenti e carichi di gloria per non essere rivali, è vero. Ma se basta una frase tutto sommato banale (anche se fosse studiata, anche se sotto ci fosse una base di malizia tutta livornese) per scatenare l’inferno beh, il calcio italiano non è messo bene. Pensate se fosse esistita la giustizia sommaria del social al tempo dell’avvocato Agnelli, di Boniperti, di Ferlaino. Di Peppino Prisco che prendeva im giro dall’alto della sua superiorità culturale milanisti e juventini, o dell’ingegner Dino Viola che quando vinceva la Signora, riferendosi al gol annullato a Turone parlava sempre di «questione di centimetri». Pensate cose avrebbero fatto sui social Romeo Anconetani o Costantino Rozzi: invece i telefoni erano fissi o a gettone e nessuno distribuiva likes: le cose si dicevano in faccia, a mezzo stampa o da Biscardi. Erano forti, molto più del guardie e ladri di Allegri, eppure al lunedì mattina tutto era finito e si tornava a parlare di gol, di rigori e di arbitri. Una cosa è certa: la prossima volta Massimiliano Allegri, che di tutto questo avrà toscanamente sogghignato, utilizzerà un’altra metafora: magari il rubabandiera, altro gioco della sua infanzia. Ah no, contiene il verbo rubare: meglio astenersi.

Primo piano
Lo studio

Turismo in Toscana, giù le prenotazioni negli agriturismi: male la Maremma, soffre la costa livornese. Le zone che si salvano