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L’omicidio dell’Amiata

Corriere ucciso, la disperazione della moglie: «So che non volevi andartene». Le domande in cerca di risposta

di Matteo Scardigli
Corriere ucciso, la disperazione della moglie: «So che non volevi andartene». Le domande in cerca di risposta

Il padre arrivato da Roma, ai piedi del cancello una rosa per Nicolas Matias. La cognata: «Perché non l’hanno lasciato tornare tranquillo dalla famiglia?»

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ARCIDOSSO. «Se que no querías marcharte»: so che non volevi andartene. Il dolore di Caro Alegre, la vedova del corriere argentino Nicolas Matias Del Rio, è riassunto in questa frase affidata ai social alla quale moltissimi amici della coppia, ma anche semplici conoscenti, hanno reagito stringendosi alla famiglia nel dolore e nel cordoglio.

La fidanzata del fratello del corriere scomparso, Karen Barrea, è invece un fiume in piena. «Perché? Perché lui?», si domanda nel tentativo di trovare una spiegazione: «Se è andato a cercare una vita migliore. Una persona super lavoratrice... sempre alla ricerca del benessere per i suoi figli, per la sua famiglia. Perché non l’hanno lasciato tornare tranquillo con la sua famiglia?».

Potrà essere – auspicabilmente – la giustizia a poter dare una risposta, a questa così come ad altre domande. Ma Barrea sa bene che «nessuno restituirà la felicità alla mia famiglia», e poi aggiunge: «Se avessi saputo che quando se n’è andato non sarebbe più tornato non gli avremmo mai lasciato la mano, lo avremmo abbracciato come se fosse l’ultima volta».

Ieri mattina (mercoledì 26), ai piedi del cancello d’ingresso della villetta in cui è stato trovato il corpo di Del Rio, qualcuno aveva deposto una rosa: simbolo della vita spezzata di un uomo, un padre. E ieri suo padre, Eduardo Del Rio, è arrivato da Roma sull’Amiata, chiamato dai carabinieri di Abbadia San Salvatore.

Ma altre vite, per motivi molto diversi, sono coinvolte in questa storia: quelle di Ozkurt Bozkurt, Klodjan Gjoni ed Emre Kaia, i tre uomini che avrebbero rapinato e ucciso il corriere, e di Zindan Bozkurt e Niko Gjoni, i padri – rispettivamente – di Ozkurt e Klodjan; e quelli delle comunità albanese e turca.

Due comunità in cui le famiglie Bozkurt e Gjoni sono bene inserite. Due realtà, come accade in questi casi, in cui tutti conoscono tutti: in cui ben presto è tornato sulla bocca di tutti il processo nel quale è imputato Klodjan Gjoni, proprio per un furto di borse avvenuto anni fa in un’azienda di Castel del Piano per la quale lavorava; e il fatto che i carabinieri lo abbiano arrestato, pochi giorni fa, all’aeroporto di Ciampino dove stava per imbarcarsi per Tirana.

Ai tavolini dei caffè dei due paesi così come sulle poltrone dei barbieri i volti degli uomini sono tesi. Nessuno parla volentieri dell’accaduto: le domande – comprensibilmente – non sono le benvenute, le risposte brevi e concise.

Le intercettazioni trasmesse in televisione da “Chi l’ha visto?”, quelle registrate dai carabinieri in cui Bozkurt e Gjoni battibeccano su ipotetici anni di reclusione ma anche sul numero delle borse stivate sul furgone di Del Rio, quelle sembra non le abbia sentite nessuno; idem per l’intervista rilasciata ancora da Gjoni e sempre al programma di Rai3, quella in cui raccontava del proprio processo e – per difendersi in via preventiva dall’ipotetica accusa – spiegava che se fosse stato “preso” la giustizia italiana avrebbe buttato via la chiave.

Diversa, invece, l’atmosfera che si respira al centralissimo bar arcidossino in cui si riunisce la comunità curda, che soltanto pochi mesi fa aveva dato il benvenuto a Kaia; che aveva trovato lavoro come bracciante agricolo ma ancora non si era integrato nel borgo amiatino. Anche di fronte alla giudice Cecilia Balsamo – alle cui domande in merito al “caso Del Rio” non aveva risposto – aveva detto di non capire l’Italiano.

Troppo poco il tempo per imparare a conoscere il connazionale, che tuttavia era stato accolto a braccia aperte in una realtà che, proprio sull’Amiata, sembra aver trovato un porto sicuro.

È difficile per tutti immaginare Ozkurt, Klodjan ed Emre intenti a fare ciò per cui sono stati imputati. Facile, invece, assecondare l’istinto di protezione per le famiglie dei tre. Conservazione e protezione sopra ogni cosa, con lo stigma che incombe sulle comunità.

Quello di Nicolas Matias Del Rio, comprensibilmente è invece un nome che non dice molto: altro paese e versante dell’Amiata (Abbadia), altra provenienza (l’Argentina). Ma qualcuno sì, lo ha letto sulla locandina all’edicola oppure lo ha sentito alla televisione; ed esprime cordoglio per la sua morte e il desiderio di conoscere la verità.

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