Il Tirreno

Prato

Il caso

Prato, si cerca una nuova sede per il Tribunale

di Alessandro Formichella

	L'assemblea al Palazzo di giustizia
L'assemblea al Palazzo di giustizia

La novità è emersa nel corso dell’assemblea sui mali del Palazzo di giustizia

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PRATO. Si sta pensando a una nuova sede per il Palazzo di giustizia di Prato, afflitto da gravi carenze strutturali, ora alle prese coi problemi all’impianto elettrico e con la presenza di amianto nelle giunture dell’impianto di riscaldamento. Lo ha detto ieri, 28 novembre, il procuratore Luca Tescaroli nel corso dell’assemblea che era stata convocata dalla sottosezione dell’Associazione nazionale magistrati per parlare degli acciacchi del Tribunale.

Quella che finora era stata solo un’ipotesi, peraltro avversata dagli avvocati del foro di Prato quando si parlava di trasferire gli uffici giudiziari a Firenze, diventa dunque un fatto concreto, anche se i tempi sarebbero molto lunghi.

«Domandiamoci noi magistrati, funzionari amministrativi, imputati, parti lese, gente comune se di fronte a aule fatiscenti dove ci sono perdite d’acqua, mura rotte e infiltrazioni ovunque, in un edificio dove non ho mai visto funzionare un solo giorno gli ascensori tutti assieme, un cittadino può riporre fiducia nello Stato e nello giustizia» ha esclamato pacatamente il sostituto procuratore Massimo Petrocchi, uno dei primi magistrati a prendere la parola nell’assemblea che si è tenuta nell’aula collegiale del Tribunale. Il giudice Francesco Santarelli ha definito quella in corso «una battaglia comune da farsi con la città, con l’amministrazione comunale perché Prato abbia un palazzo di giustizia che non sia in queste condizioni di rattopamento continuo». Una battaglia difficile, a quanto pare, dove un solo topo, dopo essersi intrufolato in una cabina dell’edificio, venerdì scorso ha mandato in tilt l’intero sistema elettrico della Procura e del Tribunale di una città di 200mila abitanti con centinaia e centinaia di procedimenti all’anno. Una sessantina le persone presenti all’assemblea, per lo più impiegati del ministero della Giustizia assieme a molti giovani legali. Ma anche grandi assenti, come i rappresentanti del Ministero o del Provveditorato regionale alle opere pubbliche. Insomma, il topo che ha mandato il tilt il palazzo di giustizia ha agitato le acque più di ogni altra visita di politici o sottosegretari. Davanti al perenne dibattito sulle riforme della giustizia, restano le condizioni reali dell’edilizia nella quale si dovrebbe fare giustizia. «Sullo sfondo del dibattito sulle riforme che riguardano la magistratura – ha detto ieri Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati – ci sono i problemi reali della giustizia italiana. Le difficoltà a livello di organici e strutture. Problemi che vengono quotidianamente ignorati per dare spazio a temi che in alcun modo impattano sull’efficienza di un sistema che avrebbe bisogno di risorse per essere più efficiente e dar risposte alle legittime domande dei cittadini. Quello che sta accadendo a Prato è la cartina di tornasole di un problema ampio che riguarda diversi distretti e strutture. Su questo ci aspettiamo risposte immediate ed efficaci». È il caso Prato. Trentasette anni sulle spalle portati malissimo, questa l’età del palazzo di giustizia della città inaugurato a fine anni ottanta. Un edificio che rimarca i paradossi del sistema italiano; nel Tribunale di Prato non sarebbero rispettate neppure le condizioni per la sicurezza sul lavoro. «Mi sembra che il problema sia strutturale fin dalla nascita di questo edificio alla fine degli anni Ottanta – ha detto l’avvocato Marco Barone – Tutti sappiamo in che stato versa e in che stato versa anche la palazzina del giudice di pace». «Come amministrazione comunale rispondiamo all’appello dei magistrati, siamo vicini e disponibili in questa comune battaglia – ha detto l’assessore Marco Sapia, in rappresentanza del Comune – ma vedo grandi assenti: Ministero e Provveditorato».

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