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Pontedera

Mister Fiaschi compie 80 anni e allena ancora: eccolo con i suoi "pulcini" - Video

Alessandro Bientinesi
Giuseppe Fiaschi
Giuseppe Fiaschi

La sua vita è da romanzo: la nazionale, la Fiorentina. Tante panchine e oggi i Pulcini a San Miniato Basso

13 marzo 2018
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SAN MINIATO. Una palla fatta di stracci rotola tra le macerie di una San Miniato straziata dalla guerra. Un bambino figlio di quella terra la rincorre, la calcia forte, esulta, sogna. In quella palla c’è la speranza di un futuro migliore e un pensiero fisso: diventare calciatore. Quel bambino, figlio di contadini nato il 13 marzo 1938, ha una luce speciale negli occhi. E il suo sogno lo realizzerà. La Fiorentina prima, Prato e Lucchese poi fino a chiudere la carriera all’Internapoli. Una convocazione in nazionale al fianco di Rivera, Mazzola, Albertosi, Mattrel, Altafini, Losi, Barison.

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E da lì successi a ripetizione nei dilettanti per poi iniziare una lunga carriera da allenatore che lo trasformano in una leggenda vivente nella sua San Miniato (e non solo). Ottant’anni esatti dopo quella luce brilla ancora negli occhi di Giuseppe Fiaschi. Una passione per il calcio che non ne vuol sapere di placarsi. Anzi, Beppe, come lo chiamano tutti da queste parti, la continua mettere a disposizione dei bambini nella scuola calcio Giovanile San Miniato Basso. Lui classe 1938, circondato dai suoi piccoli allievi nati nel 2011.

UN MURO COME AMICO

«Perché continuo a stare in campo con i bambini della scuola calcio? Tutto nasce nel 1955 – ci racconta Fiaschi mentre al campetto vicino al circolo Arci La Catena aspetta i suoi Pulcini -. Andai in prova alla Fiorentina e tecnicamente ero il più scarso di tutti. Con me fece le visite mediche e il provino anche Gigi Simoni, con il quale ci vediamo ancora oggi. Lui era già pronto, alla palla dava del tu. Io no, ero scarso. Ma non appena tornavo a casa avevo la fortuna di potermi esercitare con un muro di trenta metri per venti. E provavo a fare quello che l’allenatore mi aveva insegnato. Ora, quando vedo i bambini che non sanno gestire bene la palla, mi sembra di rivedermi in loro. E cerco di aiutarli a migliorarsi tecnicamente, cerco di essere un po’ quello che il “muro” era per me tanti anni fa».

BICI E NAZIONALE

Beppe Fiaschi, però, è più di questo. Da calciatore era un talento vero. Le prime partite a 11 anni nella squadra dell’oratorio. «Per giocare andavamo tutti quanti in bicicletta alle partite – racconta -. Solo una volta, vista la trasferta lontana in quel di Volterra, il prete ci caricò su due taxi per permetterci di giocare». A 16 anni già in Promozione con il San Miniato. Corsa, determinazione, intelligenza tattica. Caratteristiche che lo fanno ingaggiare dalla Fiorentina. «I tecnici viola mi schieravano sia nella Primavera di allora che tra le riserve dove avevo per compagni Albertosi, Gonfiantini e Dell'Angelo – racconta -. Con i viola ho giocato la finale di Coppa Italia 1959-60, e poi ho vinto la Coppa dell'amicizia Italo-francese. Dalla Fiorentina passai al Prato, e dopo una stagione, alla Lucchese in serie B dove sono esploso grazie a mister Zavatto. Gli anni migliori della mia carriera. Poi ho chiuso la carriera da professionista all'Internapoli, dove ho giocato anche con Giorgio Chinaglia». Nel 1962, poi, anche la convocazione in nazionale da parte del genio Helenio Herrera. «Mio padre Armando gestiva il circolo Cheli e quando la sera andai a trovarlo era emozionato – racconta Fiaschi -. Alla radio aveva sentito della mia convocazione in nazionale. Il giorno dopo partii per Roma con una valigia di ferro, altri tempi».

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LA “BUSTA” DI SOLDI

Gli aneddoti che Fiaschi racconta sono infiniti. Come i due momenti più belli della sua carriera. «Da calciatore sicuramente al San Paolo nel 1962, di fronte a 65mila persone – racconta Beppe -. Loro stavano vincendo il campionato di serie B, perdemmo 1-0 ma giocai molto bene. Quando uscii dal campo mi fermò Achille Lauro. “Guaglione, vieni qua. Tu si ‘na roba buona, quanti anni hai?”. Mi disse. Risposi che ne avevo 23. So che ci fu un interesse del Napoli per me e forse lì la mia carriera poteva cambiare». A Napoli, però, Fiaschi finì molti anni più tardi. «Mi ingaggiò l’Internapoli, squadra appena arrivata in serie C che era molto ambiziosa – racconta -. Quando andai a firmare il contratto mi fu consegnata una busta con diversi milioni dentro. Due giorni dopo avrei giocato a Lucca e non sapendo dove nascondere i soldi consegnai 50mila lire al mio massaggiatore con l’ordine di custodire quel primo ingaggio». Da tecnico, invece, il ricordo più bello a Santa Croce sull’Arno. «Nel 1975-1976, da allenatore giocatore, vinsi il campionato di prima categoria con la Cuoiopelli, segnando anche un gol decisivo. Gente schietta come quella delle concerie non l’ho trovata da nessuna parte». 

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LA FESTA PER GLI 80 ANNI

Con chi spengerà le 80 candeline Beppe Fiaschi? Una festa con le due figlie, i nipoti e i parenti più stretti. Anche se i dirigenti della Giovanile San Miniato e suoi piccoli calciatori potrebbero avere in serbo per lui delle sorprese. «Beppe qui a San Miniato è una vera istituzione, lo era fin da quando è andato alla Fiorentina – racconta il ds Vasco Matteucci -. Essere il suo direttore sportivo oggi a San Miniato è come chiudere un cerchio perché lui ha trasmesso la sua esperienza a tre generazioni di calciatori». Una carriera iniziata grazie a Renzo Ulivieri. «Mi sembra ieri dall’inizio della mia carriera da allenatore, ma sono passati più di 50 anni – ricorda Beppe -. Ulivieri era professore alle medie e mi trovò i ragazzini per fare la mia prima squadra. Ora, alcuni di quelli, sono i nonni che portano i lori nipotini qui al campo. Dove conto di starci fino a che il fisico me lo consentirà, perché il calcio è la mia vita».

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