L'assessore (pisano) di Firenze: «La mia città ha perso l’anima, è imbruttita»
Duro il giudizio di Dario Danti sulla città della Torre: «Naviga a vista tra mercatini, concerti anni Novanta e rievocazioni improvvisate»
PISA. Pisa osservata “al contrario”. E da un punto di vista particolare: Firenze. Insegnante al liceo scientifico Dini, la scuola dove ha studiato da ragazzo, Dario Danti, 47 anni, da luglio è in aspettativa perché ricopre il ruolo di assessore al lavoro, università e patrimonio non abitativo nella giunta guidata dalla sindaca di Firenze, Sara Funaro. Due lauree, una in filosofia e l’altra in storia, un dottorato di ricerca in filosofia, Danti è stato assessore alla cultura a Pisa e a Volterra, e da due anni è segretario regionale di Sinistra Italiana. Sposato con Linda Vanni, sindaca di Montopoli, vivono insieme con il gatto Leone.
«Dopo i cinque anni dell’esperienza volterrana e questi primi mesi a Firenze – esordisce Danti – vedo la città della Torre pendente ormai da lontano. Ci dormo, ho qui i miei affetti più cari».
Danti, come si trova in questa nuova esperienza?
«È una grande responsabilità e bisogna lavorare sodo. C’è un ottimo collettivo e grande professionalità nella macchina comunale. Sara non solo ha grandi capacità, ma sa valorizzare ogni singola competenza con un’umanità e una generosità rare in politica e nella vita».
Firenze è una città europea con grandi opportunità e problemi da affrontare: quali i più urgenti?
«Tre priorità: sicurezza, overtourism, casa. Riconoscerle è fondamentale e ancor più decisivo è saperli affrontare cercando di risolverli».
Iniziamo dalla questione del turismo: quali misure sta prendendo la giunta fiorentina? Anche a Pisa ci sono riflessioni in corso...
«La sindaca Funaro ha deciso di mettere in campo, fin da subito, azioni concrete: dalla scelta della stretta su nuove locazioni brevi in area Unesco alla rimozione delle keybox a seguito di apposita regolamentazione. La nuova legge regionale sul turismo va nella direzione giusta e accoglie le tante indicazioni venute proprio da Firenze».
E sulle politiche abitative?
«La giunta ha deciso di stanziare 20 milioni di euro per ristrutturazioni e nuove assegnazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in 4 anni e di mettere a bilancio più di 4 milioni per il contributo affitto. C’è poi il grande tema del caro affitti, per gli studenti e per i lavoratori, sul quale è fondamentale intervenire con politiche concrete. Con lo studentato comunale di Lupi di Toscana e quello di San Salvi creeremo 144 posti letto a prezzi calmierati».
Due temi soltanto, però, non bastano a descrivere la prospettiva di una città.
«In politica è sempre necessaria una visione: nel presentare il bilancio previsionale, la sindaca Funaro ha scelto lo slogan “la città delle persone”. Ecco: persone e non personalismi, che poi fa il paio con campanilismi. Firenze vuole essere “una città al plurale” che non emargina nessuno, che non lascia nessuno indietro. È una grande ambizione».
E relativamente alla sua delega, il lavoro, quali le priorità?
«In ogni appalto comunale indicheremo il contratto collettivo nazionale di miglior favore e applicheremo i 9 euro di salario minimo orario: due impegni concreti che vogliamo siano realtà».
Vista da Firenze, che città è oggi Pisa?
«Cosa c’è oggi a Pisa? Qual è la sua cultura? Perché una persona dovrebbe venire a Pisa, vivere Pisa? Queste sono le domande di fondo. Non so darmi una risposta esaustiva, ma è come se Pisa avesse perso l’anima. La città proletaria, la città universitaria aperta al mondo, la città dei movimenti sociali, dei mille stimoli culturali dove sono finite?».
C’è un punto debole nel governo attuale della città?
«Più di uno. Come dicevo, il problema sicurezza riguarda molte città. Rimuovere il problema o dire che lo si sarebbe risolto facilmente, ormai oltre sei anni fa, come ha fatto l’attuale sindaco, è stato quantomeno avventato. Tanto più che è sotto gli occhi di tutti come la situazione sia nettamente peggiorata».
E gli altri punti deboli?
«Delegare la cultura alla società della mobilità, Pisamo, e uscire dalla Società della Salute con la prospettiva di una riduzione drastica dei servizi disegnano “una città al contrario”. Sono scelte autolesioniste e di auto-marginalizzazione: serve un’altra politica, quella attuale sta relegando Pisa in serie B».
Vuole dire che oggi Pisa non ha prospettive di crescita e di futuro?
«Oggi in città vedo separatezza, incomunicabilità, assenza di visione condivisa. Non è nemmeno ricerca di riconoscimento o complesso di inferiorità da superare, perché in entrambi i casi dovresti avere una postura, una voglia di caratterizzarti. Pisa naviga a vista tra mercatini enogastronomici, concerti anni Novanta, rievocazioni medievali improvvisate. In un’espressione: è imbruttita».