Il Tirreno

Carrara, Edoardo Bertolini e il progetto spaziale: «Ho passione, non sono un genio»

Carrara, Edoardo Bertolini e il progetto spaziale: «Ho passione, non sono un genio»<br type="_moz" />

Il giovane ingegnere carrarese è nel progetto di difesa del pianeta dagli asteroidi: «Le tecnologie applicate allo spazio danno all’uomo la possibilità di progredire»

09 ottobre 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Carrara Guardare l’universo da diverse angolazioni, esplorarne le risorse e soprattutto viverlo è una scommessa che l’umanità riuscirà a vincere secondo Edoardo Bertolini, ventiseienne carrarese, ingegnere aerospaziale entrato nei progetti delle sonde Hera e Dart dell’Agenzia Spaziale Europea per la difesa spaziale dagli asteroidi. Diplomato al Liceo Scientifico Marconi di Carrara, dove ha iniziato a maturare le sue conoscenze matematiche e fisiche che hanno alimentato la passione per l’ingegneria e poi lo spazio, contemplato continuamente dalla vista privilegiata di Campocecina che frequentava sempre con il suo gruppo di amici storici, sempre al suo fianco in tutto. Una passione quella di esplorare lo spazio ignoto che lo ha portato a laurearsi al Politecnico di Milano in ingegneria aerospaziale e poi essere assunto dalla ditta tedesca Ohb di Brema che si occupa di tecnologia spaziale e sistemi satellitari, come scritto ieri.

Qual è esattamente il tuo ruolo in questo progetto spaziale?

«Sono entrato nel progetto nella fase forse più interessante, l’implementazione del sistema Fdir (fault detection inspection reliability), che si occupa di rilevare particolari errori nei satelliti che devono avere strategie per procedere anche in assenza di manutenzione in orbita. Due anni fa la navicella Dart ha effettuato la prima deflessione di un asteroide schiantandosi intenzionalmente contro una luna dell’asteroide Didymos riducendo la sua orbita. Hera condurrà anche esperimenti tecnologici in condizioni di spazio profondo, tra cui il dispiegamento di due 'CubeSats' delle dimensioni di una scatola da scarpe che voleranno più vicini all'asteroide bersaglio, per eseguire osservazioni ravvicinate di supporto: Milani effettuerà osservazioni multispettrali di superficie, mentre Juventas effettuerà per la prima volta rilevamenti radar dell'interno di un asteroide. Il team è internazionale e molto numeroso, ci sono altri italiani ma è difficile stimarne il numero, della Toscana sono l’unico».

Edoardo, come ti senti ad aver raggiunto questi traguardi così giovane?

«Non mi sento assolutamente un genio, sono sempre stato un bambino normale e uno studente nella media. L’unica cosa che sentivo fortemente è che volevo impegnarmi in qualcosa di difficile e che sarei riuscito a farcela. Se c’era qualcosa che non riuscivo a capire, mi impegnavo il doppio e se non potevo dare il 100% in una cosa, cercavo comunque un altro modo per darlo, perché il mondo ti mette a disposizione risorse infinite e sta a noi saperle cogliere. La chiave di tutto sono la passione e la creatività, il vero motore che fa muovere il mondo. Non sono nato con il pallino dei numeri né costruivo aeroplanini. Amavo le piante, cosa che mi lega al ricordo di mio nonno e trovo che la natura e l’ingegneria siano simili, nelle loro logiche e calcoli. Mi sento orgoglioso e felice di poter fare quello che sto facendo, un lavoro che amo».

Ma le tecnologie satellitari non sono in contrasto con un animo ecologista?

«Le nuove generazioni di satelliti affrontano questo tema. Lo spazio viene spesso visto come ambiente ostico e fine a se stesso, ma una missione spaziale ha molti altri obiettivi, come lo studio delle risorse in situ nei vari pianeti, la trasformazione di elementi e sostanze che consentono di rendere ospitali habitat impossibili. Le tecnologie applicate nello spazio danno la possibilità all’uomo di progredire nella conoscenza in tanti campi, trasferendo tali conoscenze sulla Terra. La mia tesi riguardava, per esempio, come ricavare l’acqua dal gesso su Marte, è rimasta una tesi ma se potesse davvero essere possibile, sarebbe utile anche per combattere la nostra crisi idrica. L’Universo poi è infinito e ci sono tanti pianeti da esplorare in altre galassie e anche i telescopi stanno diventando sempre più potenti».

Come ti vedi fra 30 anni?

«Il mio interesse principale è sempre stato quello di riuscire a portare un contributo allo sviluppo dell’essere umano, essere un tassello, se pur minimo, di questo enorme puzzle che è la conoscenza dell’ignoto. Mi vedo felice di essere riuscito a valicare i limiti di uno spazio sconosciuto e di aver trovato altri orizzonti. Non mi vedo una persona che si mette alla cattedra a insegnare, piuttosto vorrei essere un ispiratore o motivatore per molti altri ragazzi a cercare una propria strada e dare loro esempio che questo è possibile. Sicuramente il mio sogno sarebbe quello di aver realizzato un progetto totalmente mio, dalla prima vite all’ultima».

Cosa vorresti suggerire ai giovani?

«Di non essere attaccati al pezzo di carta, non serve se non hai la passione o una meta da raggiungere. Suggerisco di vedere la costruzione della propria persona come una piramide della quale mettere gradualmente un mattone, senza fissarsi di voler correre per vedere subito la piramide intera. Quando ci arriverai gradualmente ti potrai davvero godere il panorama. Penso che al giorno d’oggi si sia perso un po’ nei giovani il gusto di essere esploratori, fermandosi una volta arrivati a un limite circoscritto».l

Daniela Marzano

Mondo

Aiuti

Bonus Natale da 100 euro, c’è la circolare delle Entrate: a chi spetta e come richiederlo

Sportello legale