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Influenza e pronto soccorso, il primario del Noa: «Mai visto nulla di simile, virus meno aggressivi ma più contagiosi»

Alberto Conti, primario al Noa di Massa e responsabile dell’area Emergenza urgenza dell’Asl Nordovest
Alberto Conti, primario al Noa di Massa e responsabile dell’area Emergenza urgenza dell’Asl Nordovest

Il dottor Alberto Conti: «Abbiamo sofferto di più la mancanza di filtri, lavoriamo con la metà del personale che servirebbe»

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Mai visto nulla di simile in inverno. Una valanga di pazienti, sospinti dai virus stagionali come influenza e Covid, «che ci ha portato a un numero di visite simile all’estate».

Alberto Conti, primario del pronto soccorso del Nuovo ospedale apuano di Massa e responsabile dell’area Emergenza-urgenza dell’Asl Nordovest, è un fiume in piena: lui e i suoi colleghi sono in trincea da giorni per arginare un fenomeno «destinato a peggiorare in futuro, mentre noi lavoriamo con la metà del personale che servirebbe». Ma a breve dovrebbero arrivare sette medici di rinforzo per i nostri ospedali.

Dottor Conti, a dicembre gli ospedali delle province di Lucca e Massa hanno registrato oltre 18mila accessi nei pronto soccorso. Più di quanto avvenuto lo scorso inverno, con percentuali di incremento che a seconda dell’ospedale variano dal 2,5 al 10% in più.

«Un aumento del genere in questo periodo non si era mai registrato. Il flusso di pazienti è pari all’estate».

Perché è successo?

«C’è una tale quantità di virus in giro che è quasi impossibile fare prevenzione, anche con la vaccinazione. Sono in corso mutazioni molto rapide che modificano la natura sia dell’influenza sia del Covid: è accertato scientificamente che sono meno aggressivi, ma più contagiosi. Per il Covid lo abbiamo visto nell’ultimo periodo, con differenze evidenti rispetto allo scoppio della pandemia; ma anche l’influenza non è più cattiva, per intendersi non è la spagnola che faceva stragi. Però è più contagiosa, ci sono più ammalati. E dato che la popolazione invecchia, le conseguenze e le complicazioni sono di più».

Quali sono le complicazioni cliniche che vi si presentano nella cura degli ammalati?

«Intanto il Covid non è ancora considerato una patologia comune, perciò chi è positivo al coronavirus deve rimanere separato dagli altri pazienti. Questo comporta la riduzione di posti letto a disposizione. Per quanto riguarda l’influenza, in un anziano il rischio è l’evolversi in bronchite, broncopolmonite e, purtroppo, morte per scompenso cardiaco».

Dai dati ufficiali Asl emerge, però, che a fronte dell’aumento degli accessi c’è una diminuzione dei ricoveri rispetto all’anno scorso. Perché?

«C’è un forte impegno dei nostri medici a fare filtro. Le persone che non vengono ricoverate, e vengono rimandate a casa, non sono certo mandate via perché siamo irresponsabili, o non intendiamo curarle: ci sono casi, come una bronchite, in cui non è necessario stare in un letto d’ospedale. Basta stare a casa ed essere seguiti dal medico di famiglia».

Quanti sono i cosiddetti accessi impropri, cioè persone che non hanno necessità del pronto soccorso eppure ci vanno?

«Come minimo il 35%, ma è una stima al ribasso: in alcuni ospedali sono molti di più».

A proposito di filtro: si chiama sempre in causa la medicina territoriale, cioè i medici di famiglia e le guardie mediche, che non riuscirebbero ad evitare l’afflusso al pronto soccorso di pazienti poco gravi o non così gravi. Che cosa ne pensa?

«Quest’anno abbiamo sofferto ancora di più la carenza del supporto territoriale. È un dato di fatto, non credo di dire niente di particolarmente sorprendente. Gli utenti, già provati dalla malattia propria o dei loro cari, sono sempre più scontenti e arrabbiati proprio perché fanno fatica a trovare risposte. E se la prendono con l’interlocutore che riescono a intercettare: in 9 casi su 10 è il personale del pronto soccorso o della medicina dell’ospedale».

Ci sono stati disagi e disservizi lamentati dagli utenti. Lunghe attese, anche di giorni, per i ricoveri e pazienti che aspettavano in barella fuori dall’ospedale. Che cosa si sente di dire?

«È possibile che sia successo. Ma faccio presente che lavoriamo con la metà del personale che servirebbe. A Lucca c’è la situazione più complicata, ma anche gli altri sono in difficoltà. Nel turno di notte ci sono medici che vedono 50-60 pazienti a testa. E i carichi di lavoro devono essere gestiti bene, pena perdita di concentrazione ed errori. Per quanto riguarda le attese dei ricoveri, a Lucca la situazione sta migliorando mentre il Versilia continua ad avere grosse difficoltà. Ma non è un problema che mi sento di imputare al pronto soccorso».

Quanti medici mancano in tutto ai pronto soccorso di Lucca, Versilia e Massa?

«Una trentina».

Arriveranno rinforzi?

«Il 20 dicembre si è concluso il bando di concorso per gli specialisti di medicina d’urgenza. La graduatoria ufficiale ci sarà a metà gennaio: da lì in poi contiamo di poter far arrivare sette nuovi professionisti, di cui 4 al Versilia, 2 a Lucca e 1 a Massa. I numeri non corrispondono alle necessità reali, perché i medici non si trovano, le sedi vengono scelte dai candidati e noi non possiamo obbligarli a cambiare; però possiamo destinarli per una settimana al mese negli ospedali più disagiati».

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