Ricette elettroniche in tilt, i dottori: «Stop alla “medicina Amazon”, almeno i Cup accettino le prescrizioni rosse»
Il medico di Medicina generale, Orfeo Fedele, lavora a Livorno: «Con sms o mail si è perso il contatto con il paziente, siamo diventati servi dei server»
LIVORNO. «Un collega, al colmo della disperazione, è arrivato addirittura ad attaccare un post-it alla ricetta rossa con una minaccia: se non verrà presa in carico dal Cup (Centro unico di prenotazione) per dare l’appuntamento al paziente chiamerà i carabinieri. Pare che, purtroppo, siamo arrivati anche a questo». Il dottor Orfeo Fedele, 63 anni, è uno dei medici di medicina generale di Livorno. Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, i pazienti lo trovano nel suo ambulatorio di piazza dei Mille pronto a dare consigli e fare diagnosi. E quando non è lì, eccolo che attraversa la città per le visite a domicilio con in mano la sua inseparabile valigetta. Ma ora – spiega – è stanco. Non del suo lavoro, fedele com’è nei secoli al giuramento di Ippocrate, ma del sistema. «Che zoppica, anzi fa acqua da tutte le parti», sottolinea il medico che racconta come la medicina generale sia profondamente cambiata nell’ultimo quarto di secolo. «Ormai siamo arrivati alla “medicina Amazon” in cui si è perso il contatto tra medico e paziente e tutto, dalla richiesta di prescrizione di farmaci o di visite cardiologiche o di un’ecografia all’addome, transita attraverso sms o mail. E se a questo aggiungiamo la situazione dei continui blocchi di invio delle ricette mediche elettroniche, che durano ormai da molte settimane, le conseguenze consistono in disagi e fastidi per noi, ma soprattutto per i pazienti».
E per il medico, anche se a primo impatto potrebbe sembrare un problema minore rispetto a quelli forse più macroscopici della sanità pubblica, i fastidi sono evidenti. «La verità è che siamo completamente abbandonati a noi stessi, ma in questo caso particolare non è più possibile continuare nei nostri studi a lavorare in questo modo infame, questo lavoro è diventato un inferno – sottolinea Orfeo – . Alla burocrazia, già devastante sulle nostre spalle, si è aggiunta ora non l’incertezza, ma la certezza giornaliera di combattere con goffi sistemi telematici che vanno in tilt di continuo e impediscono di portare avanti l’attività di ambulatorio in maniera decente. Abbiamo più “time out” noi (interruzioni, ndr), sui nostri programmi gestionali di quelle di un finale di partita di pallacanestro della Lega Basket. E non è un’esagerazione».
L’ultimo atto di queste fatiche ha avuto inizio a ottobre con una serie di disservizi (dovuti a problemi tecnici nel sistema centrale di accoglienza delle ricette gestito dal ministero dell’Economia e Finanza attraverso Sogei) che hanno impedito in più occasioni il regolare svolgimento dell’attività di prescrizione (sia di farmaci che di visite specialistiche ed esami diagnostici) da parte dei medici di medicina generale, pediatri, specialisti ospedalieri e l’erogazione negli sportelli Cup delle aziende sanitarie e ospedaliere e sui sistemi online. Per aggirare l’ostacolo, i medici di famiglia hanno rimpiazzato la ricetta dematerializzata con quella rossa. «Si è data tutta la colpa a Sogei – prosegue il medico – . D’accordo, ma perché in alcune regioni questi blocchi sono del tutto sporadici e qui in Toscana sono adesso diventati una costante, una triste realtà quotidiana, che sai che tanto ti viene addosso? A me pare del tutto evidente che qui da noi si paghino gravi ritardi di manutenzione e aggiornamento del software della piattaforma regionale che si interfaccia con Sogei e consente una transazione elettronica regolare e fluida delle ricette dematerializzate».
Da qui la richiesta da parte dei medici di base di un intervento risolutivo di un problema che ora rischia di mettere in grave difficoltà il lavoro dei medici di medicina generale oltre che creare disagi molto pesanti per i pazienti. «Ma almeno, nelle more di una risoluzione del problema alla radice, si potrebbe fare in modo che i Cup aziendali accettino sempre le ricette rosse, da noi fatte al posto di quelle elettroniche, per prenotare appuntamenti per visite ed accertamenti, cosa che invece non accade perché i pazienti ritornano indietro sconsolati in ambulatorio con la ricetta rossa in mano dicendo che al Cup non viene accettata e “deve” invece essere fatta per forza la ricetta elettronica – conclude il dottor Fedele – . Ma se quella non parte mica è colpa mia: il risultato pratico? Una doppia perdita di tempo per il medico e anche per l’assistito. Diversi anni fa, prima del Covid, un autorevole collega, aveva detto che i medici di famiglia, erano purtroppo diventati “servi dei server”. Come ha avuto ragione, visto quanto sta succedendo».
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