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L'intervista

A Livorno Bobo Rondelli tra la gente racconta le sue Storie assurde: «È un disco senza freni per ridere e riflettere»

di Dario Serpan
A Livorno Bobo Rondelli tra la gente racconta le sue Storie assurde: «È un disco senza freni per ridere e riflettere»

Il cantautore da Symphony con le 13 canzoni fatte di personaggi, vita pop e “comunquisti” «Come fumetti brevi liberatori e provocatori per denunciare quello che siamo diventati»

12 giugno 2024
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LIVORNO. Se Napoli è mille colori, Livorno è tante piccole storie assurde? A guardare la copertina del nuovo disco di Bobo Rondelli (sapientemente realizzata dall’illustratore Tommaso Eppesteingher) viene da chiederselo. Se poi ascolti il disco ancor di più: 13 canzoni che sono piccoli racconti di personaggi, squarci di vita popolare, incontri e sguardi, parole senza freni. Se l’immoralità ha un costo, Bobo non passa dalla cassa e va oltre, fischiettando scanzonato con la sua chitarra in spalla e la voglia di divertire ancora.

Il cantautore livornese ha presentato in anteprima da Symphony Storie assurde, il suo nuovo disco che uscirà il 14 giugno per l’etichetta discografica The Saifam Group ed è prodotto dal The Cage, registrato da Davide Fatemi. Un disco suonato e registrato con i maremmani Musica da ripostiglio, che accompagneranno Bobo nel tour estivo, che a Livorno farà tappa sabato 22 giugno, a Montenero in piazza delle Carrozze alle 21, con ingresso gratuito. Tra battute, dichiarazioni e un piccolo assaggio del disco, Bobo ha deliziato i presenti nel negozio di dischi in piazza Cavour.


Storie assurde arriva a 3 anni di distanza da Cuore libero ed è proprio un’altra cosa: ovvero?

«È un disco fatto di getto, semi-live per buona parte delle sue canzoni. Ci sono brani che facevo dal vivo e non avevo mai inciso, più altri che ho voluto arrangiare in modo diverso, e altri di nuovi. È anche grazie agli amici Musica da ripostiglio che le canzoni hanno preso un arrangiamento più interessante; sono legato a questa band, fatta di musicisti molto più bravi di me. Di questi tempi avevo bisogno di un disco un po’divertente, visto come va il mondo. È anche un modo per evadere, canzoni da ascoltare in macchina e farci due risate, come fumetti brevi sotto forma di canzone. E poi è un disco senza freni nell’usare il gergo labronico o di fronte alla moralità».

Si trova un po’ai ferri corti con il politically correct?

«C’è questa paura di dire una cosa che ti saltano addosso, questo mi ha stufato. Su una parola detta si fanno commenti per giorni, quando la gente muore sotto le bombe. Certe parole non andrebbero eliminate, ma riderci sopra, e riflettere che, ad esempio, chi è intollerante o omofobo ha paura della sua parte femminile, che abbiamo tutti».

Da La chiappona (con tanto di citazione che porta dritti ad Andrea Bocelli) a Il gigolò di Rotterdam, passando per Ir budello di tu ma: brani già noti dal vivo e ora finiti su disco. Perché proprio adesso?

«Volevo fare un disco liberatorio, anche un po’provocatorio. La chiappona è un omaggio alla donna che non va in palestra e non sta attenta alla linea, più materna e formosa. Penso che ci stanno mettendo un po’contro tra uomini e donne. Mi pare che stiamo vivendo un periodo molto psichiatrico, da storie assurde. Penso che ci sia anche un po’di effetto post-pandemia, tra disperazione e rabbia accumulata. Non ne siamo usciti bene».

Il pezzo che chiude l’album s’intitola Il comunquista: la contrazione tra comunista e qualunquista è la sua sintesi dell’italiano medio?

«È una provocazione, forse una denuncia a quello che siamo diventati. Non si fanno più discussioni serie, si tende a evitare, ad annoiarsi. C’è un muro di inutilità davanti a noi, di fronte al quale si alzano le braccia. Ci hanno riempito di tv e pubblicità che siamo senza speranza e ci attacchiamo alle cose materiali per riempire questo vuoto».

Cos’è che la fa sentire bene? «Quando faccio incontri con bravi ragazzi. Non credo siano una cerchia ristretta. Sono loro che danno speranza, o anche i vecchi quando escono e giocano a carte, ridono e s’incazzano, parlando di politica a modo loro». l

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