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Strage del Moby Prince, quei passi di danza di Sara e Ilenia nel salone Delux prima della morte

di Sandro Lulli
Strage del Moby Prince, quei passi di danza di Sara e Ilenia nel salone Delux prima della morte<br type="_moz" />

Il 10 aprile sarà il 33esimo anniversario della tragedia che costò la vita a 140 persone. Il video girato da Angelo Canu alle figlie le vittime più giovani a bordo del traghetto

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Livorno La telecamera è nuova, uno dei modelli che vanno per la maggiore in quegli anni dove non c’erano gli smartphone con i quali fare foto e video. Angelo Canu, 28 anni, agente di polizia carceraria residente a Pisa, l’ha acquistata proprio per filmare la sua famigliola al primo viaggio in nave: è mercoledì 10 aprile del 1991. In una serata tranquilla, con mare calmo e assenza di nebbia, la Moby Prince molla gli ormeggi alle ore 22, diretta a Olbia. Appena sbarcati in Sardegna Angelo, la moglie Alessandra Giglio, 26 anni di Pisa e le bambine Sara di 5, e Ilenia di uno, avrebbero proseguito per Burgos, paesino natale in provincia di Sassari. A bordo del traghetto – che la Navarma aveva acquistato 5 anni prima, la cui costruzione risaliva al 1967 – si trovano 141 persone, di cui 66 marittimi.

Le sorelline ballavano

Nel salone Delux atmosfera serena: gli altoparlanti stanno diffondendo la musica di “Quando, quando, quando”, canzone che aveva portato al successo Tony Renis negli anni Sessanta. Alcuni passeggeri sono dinanzi alla tv per la semifinale di Coppa delle Coppe Juventus-Barcellona. Altri passeggiano per i corridoi e si soffermano alla vetrina della boutique gestita da Liana Rispoli, 29 anni, sorella di Loris, che viene ripresa per un attimo. Sara gioca con la sorellina Ilenia: sono le più piccole a bordo e mentre accennano passi di ballo, incoraggiate dai genitori, sorridono divertite. Sara ha i capelli lunghi raccolti in una coda e Ilenia è fiera di un fiocco rosa sul capo. Ora l’obbiettivo riprende la camera in cui avrebbero trascorso la notte: valigie e bambole ancora sui letti.

22,25: il video si ferma

Ormai siamo alle 22,25: le immagini saltano, il video s’interrompe bruscamente mentre si sente un boato mai identificato. Si sta verificando la più grave tragedia della marineria italiana: la Moby Prince, a due miglia e mezzo dal porto, ostacolata da una nave-pirata, sperona la petroliera Agip Abruzzo alla fonda (lunga 280 metri con 82mila tonnellate di greggio puro Iranian Light nelle cisterne) nonostante il comandante Ugo Chessa (che quella sera era accompagnato dalla moglie Maria Giulia Ghezzani, 57 anni, di Vicopisano) abbia fatto di tutto per evitare la collisione.

Dalla Moby Prince parte il “May-day, may-day, may-day, siamo in collisione!”, che il marconista Giovanbattista Campus grida più volte anche se la trasmissione è disturbata. Ma la Moby sarà abbandonata al proprio destino: tutti i soccorsi concentrati sull’Agip Abruzzo, nessuno che si interessi al traghetto in fiamme a causa del petrolio entrato da prua.

Ritrovati abbracciati

Angelo e Alessandra saranno ritrovati abbracciati e sotto di loro Sara e Ilenia nell’ultimo, vano, tentativo di proteggerle in attesa che arrivassero soccorsi mai attivati. Non erano carbonizzati, la famigliola è morta per asfissia: ore e ore di agonia (altro che “venti minuti e tutti morti” come nel processo senza condanne).

Le nipoti commosse

Monia e sua sorella Costanza, nipoti di Angelo (fratello della loro madre Maria), si commuovono ancora: «Solo pochi giorni fa – ci raccontano – ci hanno fatto vedere la foto dei loro corpi, coperti da un lenzuolo bianco, che per 33 anni ci avevano nascosto per non turbarci. Perché noi siamo rimaste a quel 10 aprile; non abbiamo superato il trauma...». Allora Monia aveva 17 anni, Costanza 8. Monia ci rivela un particolare: «Giovedì 11 aprile alle 7, prima di andare a scuola, accesi la televisione e la prima notizia parlava proprio della Moby. Ebbi un tuffo al cuore – prosegue Monia – perché sapevo che Angelo e la sua famiglia erano a bordo, quindi svegliai i miei di soprassalto... Poi per tutto il giorno continuai a chiamare al telefono casa loro a Pisa nella speranza che mi rispondessero...».

Anni per avere il filmato

Monia prosegue nel racconto: «Dopo diverso tempo ci vennero consegnati gli effetti personali di Angelo, assieme alla videocamera. E mio padre Guerino, essendo nell’Arma, appena si rese conto che c’era il filmato che poteva essere di utilità alle indagini consegnò il tutto alle autorità competenti. Poi il filmato lo vedemmo rilanciato su tutte le trasmissioni tv, ma passarono anni affinché ne potessimo avere una copia». Confida: «Guardo spesso il filmino di Angelo perché mi piace immaginare che siano così felici anche lassù...».

«Non furono soccorsi»

La prima commissione d’inchiesta al senato, presidente Silvio Lai (anno 2018) arrivò a questa conclusione: “Durante le ore cruciali la Capitaneria apparve del tutto incapace di coordinare un’azione di soccorso e non venne dato un ordine né una priorità di azione attraverso i canali radio riservati all’emergenza...”. Sul caso ha indagato anche la seconda Commissione di Andrea Romano e adesso – appena insediata – tocca alla terza, presidente Pietro Pittalis. Angelo, Alessandra, Sara, Ilenia e gli altri 136 aspettano ancora di sapere perché sono morti. 1/ continua

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