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Don Cristian, il prete eremita della Valle Benedetta scelto come simbolo dalla Cei

Don Cristian, il prete eremita della Valle Benedetta scelto come simbolo dalla Cei

Il parroco di San Giovanni Gualberto nella campagna della Conferenza Episcopale Italiana: «Qui un luogo incantato, con i fedeli condivido le fatiche e siamo vicini»

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LIVORNO. Torna in tv, sul web e sui giornali lo spot Cei sul sostegno alla missione dei 33mila preti diocesani. Negli spot la Conferenza Episcopale Italiana richiama l’attenzione sul ruolo delle offerte deducibili e ricorda ai fedeli che i sacerdoti sono affidati alla loro generosità. E a sostegno di questa campagna, tra i vari preti scelti come simbolo, ce n’è anche uno di Livorno: è don Cristian Leonardelli, prete eremita in mezzo alla gente della comunità parrocchiale di San Giovanni Gualberto, tra le Colline di Livorno, guida spirituale ed esempio di preghiera e di ascolto.

Un impegno costante come quello di don Cristian Leonardelli, che in un luogo dal nome così suggestivo, ha percepito una chiamata speciale per esprimere la sua vocazione come prete eremita. Un cammino sempre in divenire e condotto con i suoi parrocchiani che in lui hanno trovato un riferimento costante di dedizione nel rapporto con Dio e di disponibilità all’ascolto.

Prima dell’attuale destinazione, il don, ordinato sacerdote nel 2008, aveva già esercitato il suo ministero nella Diocesi di Livorno in altre parrocchie. Poi l’arrivo in questo territorio di pace e meditazione che sovrasta un panorama di una bellezza unica, sulla più alta delle colline livornesi, e la possibilità di poter celebrare in un posto dal grande valore simbolico: una chiesa barocca di fine Seicento, costruita originariamente per i monaci benedettini.

«Appena sono arrivato in questo luogo ho sentito una chiamata per tutta la vita, senza riserve – spiega don Cristian Leonardelli nel filmato “Ascoltando Dio, la natura, le persone: la parrocchia-eremo” – come un seme gettato, totalmente consegnato, trasparente a me stesso e all’amore di Dio».

La decisione di Cristian è stata accolta dall’abbraccio collettivo di una comunità sensibile e attenta che apprezza il suo agire dedito alla preghiera e alla meditazione e declinato in una concretezza che si fa quotidianità. «I parrocchiani mi vedono col decespugliatore, sudato e sporco davanti alla chiesa - aggiunge don Cristian -, che condivido le fatiche come tutti e si sentono più vicini».

L’azione del prete eremita nei tempi contemporanei è certamente differente dalle figure isolate e mistiche che hanno popolato la storia del movimento eremitico nel corso dei secoli. «Essere eremiti oggi contempla la condizione del ritiro, della solitudine, della preghiera senza però rinunciare alla presenza nella vita delle persone».

Lo sanno bene i parrocchiani di don Cristian che ne conoscono e apprezzano il ruolo nell’ambito della piccola comunità. Con l’esempio e la pazienza il don ha ricondotto in parrocchia tante persone che si erano allontanate, altre ancora che si erano disilluse, facendo leva proprio sull’essenza delle relazioni e dell’incontro: «Con lui le persone si mettono in gioco nel profondo - confermano a più voci - puntando alla vera semplicità, perché è proprio lì che sta il cuore delle cose». Un procedere che trova la sua dimensione in un territorio d’elezione: Valle Benedetta richiama, per paesaggio, quiete e condizioni climatiche, proprio il senso dell’eremitaggio. Non a caso, nelle vicinanze, immerso tra i boschi delle Colline livornesi, si trova il favoloso eremo di Santa Maria alla Sambuca del XIII secolo.

In questa frazione di qualche centinaio di abitanti il senso della comunità va coltivato e mantenuto soprattutto con l’esempio e la semplicità dei gesti. «Cammino per strada - spiega don Cristian - e vedo la gente che si saluta, la trovo una cosa bellissima». Un’appartenenza che si traduce in una semplice parola: «Famiglia - dice uno dei parrocchiani -, perché in parrocchia siamo sempre di casa, non è un semplice parlarsi, ma è qualcosa di più. E lui è proprio il prete di famiglia».


 

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