Trump-Harris, la volata finale: otto Stati in bilico nei sondaggi
L’America al voto per scegliere l’inquilino della Casa Bianca. Candidati testa a testa. Il tycoon evoca brogli: «I democratici sono corrotti»
Nevada, North Carolina, Wisconsin, Arizona, Michigan, Georgia, Pennsylvania e, a sorpresa, Iowa. Sono gli otto Stati che, secondo i sondaggisti, dovrebbero decidere il presidente degli Stati Uniti. Domani gli Usa vanno al voto – anche se in realtà in 75 milioni hanno già votato per posta – per decidere chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca. Alla vigilia, la corsa tra l’ex presidente repubblicano Donald Trump e l’attuale vice presidente democratica Kamala Harris appare come un testa a testa aperto a qualsiasi soluzione e che, magari, potrebbe prolungarsi nelle settimane successive al 5 novembre tra ricorsi, riconteggi e tumulti nelle piazze, temuti ma considerati, se non probabili, possibili.
Se gli ultimi sondaggi nazionali di Abc News/Ipsos assegnano alla vicepresidente un leggero vantaggio (49% contro il 46%), come da tradizione la gara è serrata nei sette swing states, ossia quelli nel quale nessun candidato o partito ha un sostegno storico tale da assicurare i punti dello Stato nel collegio elettorale. L’ultimo sondaggio del New York Times e Siena College dà ad Harris un vantaggio marginale in Nevada, North Carolina e Wisconsin, a Trump in Arizona. I due sono invece testa a testa in Michigan (dove fino a pochi giorni fa era in vantaggio Harris), Georgia e Pennsylvania dove entrambi i candidati sono nel margine di errore del 3,5%.
I sondaggi del New York Times danno un altro elemento di analisi. Nei sette stati in bilico circa il 40% degli intervistati aveva già votato. Harris era in testa tra quegli elettori di 8 punti percentuali. Trump è in vantaggio con gli elettori che sono propensi a votare ma non l'hanno ancora fatto. Un dato che fa assumere un significato importante agli oltre 75 milioni di americani che hanno già votato: secondo gli ultimi dati sono circa 41 milioni i voti anticipati di persona e più di 34 milioni le schede elettorali inviate per posta.
Un incubo per Trump che ha già accusato il voto anticipato (soprattutto quello per posta) per la sconfitta subita quattro anni fa da Biden. Così – mentre Kamala Harris scherzava in tv con la sua imitatrice Maya Rudolph al Saturday Night Live – ieri il tycoon è andato all’attacco in Pensylvania evocando possibili brogli: «Kamala Harris è un’estremista di sinistra ed è totalmente corrotta, come corrotti sono tutti i democratici: diranno che vogliono 12 giorni per sapere chi ha vinto. Andrebbero messi in galera».
«Anche i loro sondaggi sono corrotti», ha insistito con un chiaro riferimento al sondaggio che, a sorpresa, ha dichiarato in bilico l’Iowa. Nello stato considerato da tempo repubblicano, Harris è avanti (47% contro 44%) stando alla rilevazione del Des Moines Register/Mediacom Iowa. La campagna elettorale di Trump ha bollato il sondaggio come «idiota», ma i repubblicani lo temono. Secondo l’Iowa Poll sarebbero determinanti le preferenze femminili (per altro considerate alla base dei grandi numeri nel voto anticipato). Così Charlie Kirk, attivista conservatore a capo di Turning Point Usa, ha sentenziato: «Se gli uomini restano a casa, vincerà Kamala».
Ma se Trump starebbe consultando giorno e notte i suoi sondaggisti, è anche per un altro motivo: Thomas Miller sta segnalando in questi giorni un crollo del tycoon. Il data scientist della Northwestern University realizza le sue previsioni incrociando le quotazioni delle scommesse con i voti del collegio elettorale. Lo scorso 26 ottobre Trump avrebbe avuto 367 voti elettorali contro i 171 di Harris. Il 28 ottobre la democratica avrebbe guadagnato 18 voti e il 31 ottobre ne avrebbe aggiunti altri 58. Il 1° novembre, Trump arrivava appena a 270 voti, il minimo per vincere, e il giorno dopo Harris sarebbe stata presidente con 273 voti. Il metodo Miller è contestato, ma nel 2020 fu l’unico a prevedere la vittoria di Trump.
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